Alla fine è arrivata un’ammissione piena dopo lunghi e imbarazzati silenzi. Del resto si possono non fare i tweet perché non ci sono ministri di altri partiti contro i quali strillare, ma i numeri sono chiari e incontrovertibili. E soprattutto nelle scorse settimane si è manifestata pubblicamente l’insofferenza di presidenti di regione e sindaci, anche del centrodestra, di fronte ai numeri crescenti legati all’accoglienza. Il numero di migranti arrivato in Italia è cresciuto del 103% rispetto agli stessi mesi del 2022, ha detto in maniera chiara il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano dopo l’ultimo Consiglio dei ministri. Durante il quale era arrivata una presa d’atto da parte della stessa premier Giorgia Meloni della “quantità di arrivi imponenti”.

E parole simili le ha usate anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, lesto a ingraziarsi quei territori che si sono a lungo lamentati negli ultimi giorni per le difficoltà legate ai ricollocamenti: “Ci stanno dando una mano non senza difficoltà”, ha detto il capo del Viminale che finora aveva affidato a generiche fonti del ministero le piccate risposte alle proteste degli enti locali. Scompaiono invece dalla narrazione – né se ne è parlato nel corso della riunione a Palazzo Chigi – i blocchi navali e nuovi decreti restrittivi sugli arrivi. Dopo dieci mesi al governo, insomma, il centrodestra sembra prendere atto della difficoltà nel risolvere una questione complessa come le migrazioni, accantonando le soluzioni facili vaticinate per anni all’opposizione e nei mesi della campagna elettorale.

La realtà è tutta nelle parole di Mantovano: “È un dato innegabile l’incremento degli arrivi: dal primo gennaio al 28 agosto siamo al +103% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, ha ammesso il potente sottosegretario. Si tratta di un dato che dipende da “vari fattori che sono sotto gli occhi di tutti”, ha aggiunto, ma questi numeri, “oggettivamente preoccupanti”, vanno letti e “sottolineano che il lavoro comincia a ottenere i primi risultati”. La lente utilizzata dal governo per provare a trovare una notizia positiva di fronte all’ammissione è quella di una crescita che è percentualmente rallentata, seppur in maniera flebile, negli ultimi mesi: “La dinamica degli arrivi ha conosciuto un picco a maggio e poi un abbassamento”. In particolare, secondo i dati ricordati da Mantovano, gli arrivi dalla Tunisia al primo maggio registravano un aumento di circa il 1000%, a oggi siamo al +386%, quelli dalla Libia +176% a maggio, oggi +113%. “A queste cifre, che possono essere fredde corrispondono tragedie delle singole persone. Sottolineano che il lavoro comincia a ottenere i primi risultati”.

Parole che provano a salvare l’accordo raggiunto con il Paese guidato da Kaïs Saïed, chiamato a evitare le partenze in cambio di soldi dall’Unione Europea. È la linea del governo in blocco: “La Tunisia ha bloccato a terra 43mila persone +171% rispetto all’anno scorso: il lavoro che ha fatto la Tunisia è importante”, ha sottolineato Piantedosi prima di valorizzare la “collaborazione che i territori ci stanno dando non senza difficoltà” nell’accoglienza. Parole che suonano come una mano avvicinata in segno di pace dopo quindici giorni di scontro totale con i sindaci di centrosinistra e di critiche piovute anche da amministratori locali degli stessi partiti che compongono la maggioranza di governo.

Di fronte a una “pressione migratoria come non si vedeva da molti anni” e di “quantità di arrivi imponenti”, ha dovuto perfino ammettere Meloni durante il Consiglio dei ministri, è “difficile spiegare all’opinione pubblica quello a cui assiste e lo capisco bene”. E ha elencato gli elementi che costituiranno le armi del governo per proseguire in una direzione definita “giusta”: “Accordi con i Paesi del Nord Africa, di partenza e transito dei flussi, ma è necessario aggiungere a questa direzione di marcia un più, stringere le maglie, dare segnali chiari ai trafficanti e serve un coordinamento maggiore tra noi nell’attività di contrasto ai flussi illegali di migranti”. Nessun riferimento al blocco navale che era un mentre appena dieci mesi fa durante la campagna elettorale: scomparso, come a lungo sono stati silenziati i numeri degli arrivi. Alla presidente del Consiglio non è rimasto che spingere i ministri a “continuare a lavorare per dare piena attuazione al decreto Cutro, in particolare per quello che riguarda i rimpatri degli immigrati clandestini e bisogna stabilire quali sono ulteriori provvedimenti normativi per contrastare l’immigrazione illegale e la tratta di esseri umani, e le conseguenze in termini di sicurezza pubblica dell’immigrazione irregolare”.

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