“Un grande partito non annuncia di preferirne il rinvio al mantenimento della parola data“. A intervenire dalle pagine de la Repubblica è l’ex senatore del Partito democratico Luigi Zanda, con un un articolo a sua firma in cui critica duramente la segretaria del Pd: “L’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari è un impegno internazionale formale dell’Italia”. Il riferimento di partenza è alla risposta affermativa di Elly Schlein alla domanda se fosse d’accordo sul rinvio di cinque anni dell’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari, sul modello della decisione del cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Quel “Sì” – venerdì scorso durante un’intervista pubblica all’iniziativa Fornaci Rosse a Vicenza – viene però contestato dall’ex senatore che apre il processo alla nuova gestione del partito a guida Schlein: “Sei mesi sono un tempo sufficiente per una prima valutazione del lavoro di Elly Schlein e per chiedersi se sinora abbia mostrato quella personalità e quella visione che servono al Pd”. Per Zanda “per ritrovare l‘identità al Pd non bastano salario e diritti” ma serve soprattutto “respingere la tentazione di trasformarsi in un movimento e tornare ad essere un partito vero, ben organizzato” e “ritrovare la propria identità, fatta dalla sua linea politica e dalla sua storia“. Un commento chiuso anche da un postscriptum: “Schlein è diventata segretaria dopo essersi iscritta al partito pochi giorni prima di candidarsi. Ha potuto farlo grazie a una modifica dello Statuto approvata contemporaneamente. La sua elezione ha rispettato le regole, ma cambiare lo Statuto alla vigilia del voto non va bene. Pensando al futuro, va posto rimedio”.

Quella dell’ex senatore Zanda non è l’unica voce di critica all’affermazione della segretaria Pd sulle spese militari. Proprio da dentro il partito è già intervenuto, con una fredda reazione, l’ex ministro della Difesa, oggi presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, che ha parlato di “diverse sensibilità” su “un tema delicato”. Il deputato del Pd ha così ricordato alla segretaria del suo partito che “per quanto riguarda l’Italia, con il governo Draghi, è stato fissato al 2028 il raggiungimento del 2%. Perché – ha aggiunto – stante la mancata crescita degli anni immediatamente successivi agli accordi assunti in sede Nato, il raggiungimento al 2024 non sarebbe stato possibile”. Guerini fa riferimento al dibattito sullo scontro che scaturì dalla richiesta nel 2022 di Giuseppe Conte al presidente Draghi di ridiscutere i tempi dell’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari e alla stessa sua mediazione (era ministro della Difesa) con la proposta di una crescita graduale della spesa. Contrario anche Carlo Calenda: “Un grande Paese, un Paese serio, mantiene gli impegni internazionali che ha preso. Il 2% di spese militari è necessario per contribuire alla difesa comune con gli altri Paesi Nato e per avere un esercito operativo e moderno”, ha scritto sui social il leader di Azione. Critiche alla Schlein sono arrivate anche dai renziani: “Così si accoda a Conte“, le contestano da Italia Viva.

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