Un punto di mediazione sull’aumento delle spese militari esiste e ruota intorno al concetto di “gradualità”. Ventiquattro ore dopo lo scontro tra Giuseppe Conte e Mario Draghi, le tensioni sembrano rientrare gradualmente. Il leader M5s anche oggi ha difeso la posizione del M5s e denunciato chi “vuole schiacciare nell’angolo” il Movimento solo per aver “posto un problema”. Ma al tempo stesso, non ha messo in discussione il sostegno all’esecutivo e ha chiesto solo che gli investimenti siano spalmati “da qui al 2030“. Un orizzonte sul quale si può discutere: nel pomeriggio infatti il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, intervistato dall’Ansa, ha parlato di una “crescita graduale entro il 2028“. Quindi oltre la data prevista dall’accordo Nato (2024) e molto vicino a quanto richiesto dai 5 stelle. Tanto che fonti M5s hanno subito accolto con entusiasmo le dichiarazioni del ministro: “Un buon passo verso le nostre posizioni”, è stato il commento diffuso. “Fino a ieri ci davano degli irresponsabili perché chiedevamo di far slittare il termine per il raggiungimento del 2 per cento nel 2024. E’ un buon passo verso quella sostenibilità e gradualità, da noi sempre richiesta”. Segnali di distensione che il segretario Pd Enrico Letta su Twitter ha accompagnato invocando una mediazione: “L’Italia lascerebbe sbigottito il mondo intero se si aprisse ora una crisi di governo”.

Intanto il decreto Ucraina è arrivato in Senato, ma senza il mandato al relatore perché il parere della commissione Bilancio non è stato inviato in tempo per far sì che le commissioni Esteri e Difesa terminassero i lavori sul testo. Cosa significa? L’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che chiede l’aumento delle spese al 2% del Pil, accolto ieri in commissione creando lo strappo nella maggioranza, decade. L’Aula si trova così a votare il testo già approvato a Montecitorio e per i 5 stelle diventa più facile sostenerlo. Esulta la capogruppo M5s Mariolina Castellone: “Ottimo risultato che sgombra il campo da dubbi che non avevamo né creato né voluto noi. La fiducia del Movimento a questo provvedimento non è mai stata in dubbio e l’esito odierno ci soddisfa appieno”. L’unico ad aver annunciato il voto contrario è il presidente M5s della commissione Esteri Vito Petrocelli. In serata il governo ha messo la fiducia: il voto finale al testo sarà giovedì 31 marzo alle 11.

“Nella Nato solo 10 Paesi hanno rispettato gli accordi” – In mattinata Conte è tornato sui temi dello scontro di ieri col capo del governo. “Il M5s ha posto un problema“, ha dichiarato, “il mainstream dice che quando il Movimento pone un problema, vuole la crisi di governo. Questo è l’angolo in cui vogliono schiacciarci“. Sul rispetto degli accordi Nato che prevedono l’aumento per le spese militari fino al 2% del Pil, Conte ha ribadito la sua posizione: “Bisogna definire una curva di investimenti militari al 2030 che assicuri una sostenibilità. Questo si può definire con gli alleati. Il nostro Paese ha il diritto di chiederlo. A meno che non si faccia uno scostamento di bilancio per gli armamenti, ma dicono che non si possono fare scostamenti”. E ancora: “A chi dice che usiamo una posizione strumentale rispondo: i membri della Nato sono 30. Hanno rispettato gli accordi in 10. Quindi nessuno dice di non rispettare gli impegni presi, ma di allungare la curva al 2030“. E siccome ieri Palazzo Chigi aveva legato le richieste dei 5 stelle sulle armi a una crisi della maggioranza, l’ex premier ha ripetuto che “il M5s continuerà a lavorare non per crisi di governo ma nell’interesse dei cittadini per offrire soluzioni di buonsenso”.

La posizione M5s per un aumento graduale al 2030 – I 5 stelle poi, poco dopo il nuovo intervento di Conte, hanno pubblicato su Facebook un post che illustra gli investimenti sulle armi degli ultimi anni e i fondi destinati dai governi Conte. Proprio per rispondere alle accuse degli ultimi giorni, arrivate anche dallo stesso presidente del Consiglio. “È impensabile una corsa al riarmo ora“, si legge. “È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi l’anno nelle prossime due leggi di bilancio. Il grafico parla chiaro: quell’impennata non è sostenibile. L’impegno del 2% può essere centrato solo con una crescita di spesa progressiva, spalmata nei prossimi anni, ad esempio da qui a quantomeno il 2030”. Il post è stato rilanciato anche dallo stesso Giuseppe Conte. “Da giorni si ripete il mantra ‘i governi Conte hanno aumentato gli investimenti militari’ per screditare e sminuire la nostra posizione. A chi fa finta o non vuole capire, consigliamo di guardare il semplice grafico, basato su dati ufficiali del Ministero della Difesa che ogni anno definisce il cosiddetto ‘bilancio integrato Difesa in chiave Nato'”. Quindi il post continua: “Quello che non si dice è che si è trattato di aumenti fisiologici per l’adeguamento – soprattutto tecnologico – della nostra Difesa con incrementi annui nell’ordine di 1,6/1,8 miliardi l’anno (ovvero meno dello 0,1% del Pil) comprensivi, non dimentichiamolo, degli stanziamenti straordinari per il potenziamento della sanità militare legati all’emergenza Covid che incidono per circa il 7/8% sugli incrementi annui”. E si conclude: “Non mettiamo in discussione gli impegni internazionali, ma la tempistica stabilita in via indicativa nel 2014, cioè in un’altra era politica, sociale ed economica”. Quel “target” non può essere considerato “un dogma indiscutibile”.

L’ordine del giorno Fdi che ha fatto scoppiare lo scontro (e poi è saltato) – È al Senato che ieri è deflagrato lo scontro tra Conte e Draghi. Durante la seduta congiunta delle commissioni Esteri e Difesa, il governo ha deciso di accogliere l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia sull’aumento al 2% delle spese militari. Ma senza passare dal voto. Quindi, in un primo momento, sembrava che i 5 stelle avrebbero dovuto votare un provvedimento con un odg in contraddizione con la posizione di Conte. Poco dopo, sempre ieri pomeriggio, Conte è stato ricevuto da Draghi: un faccia a faccia molto teso, tanto che al termine del colloquio il presidente del Consiglio è salito al Colle per riferire a Mattarella. “Il governo”, hanno fatto sapere da Chigi, “intende rispettare e ribadire con decisione gli impegni Nato sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil. Non possono essere messi in discussione gli impegni assunti, in un momento così delicato alle porte dell’Europa. Se ciò avvenisse verrebbe meno il patto che tiene in piedi la maggioranza“. Conte ha controreplicato in tv: “Come si può parlare di crisi di governo?. Draghi avrà pure il diritto di informare il Presidente ma io non ho sollevato alcuna crisi di governo: dico solo che se dobbiamo programmare una spesa militare un partito di maggioranza può discutere i termini anche temporali per rispettare questo impegno”.

Patuanelli: “La Lega ha votato per 3 volte contro il governo, mai aperta la crisi” – Intanto in mattinata chi si è schierato con Conte è stato il ministro M5s per l’Agricoltura Stefano Patuanelli: “Sono totalmente d’accordo con Conte. Io credo che non si debba retrocedere dagli impegni presi nel 2014 in ambito Nato ma oggi abbiamo imprese costrette a chiudere e cittadini in gravi difficoltà per i costi dell’energia, se la curva di crescita delle spese militari è compatibile con la vita del nostro paese lo si fa, ma penso che ora ci siano altre priorità”, ha detto a Radio Capital. “Nel decreto Ucraina c’è un impegno a rispettare gli impegni della Nato che non è mai stato messo in discussione dal Movimento”, ha ripetuto il titolare della Politiche agricole. Che sulla crisi di governo evocata da Palazzo Chigi ha aggiunto: “Perché ogni volta che il Movimento 5 stelle pone un tema politico si deve parlare di crisi di governo, mentre ci sono forze politiche che hanno votato in modo difforme alla maggioranza dentro il consiglio dei ministri e non è successo mai niente. Ricordo che per tre volte la Lega in consiglio dei ministri non ha votato i provvedimenti del governo, non si è mai paventata nessuna crisi”.

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