Uno strappo in Senato, tra i banchi della maggioranza si trasforma in un botta e risposta tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Oggetto del contendere: l’aumento delle spese militari al 2% del Pil. “Ho portato a Draghi la preoccupazione del M5s e di tutti italiani. Ho chiesto al premier di lavorare per maggiori risorse per la salute italiani. Abbiamo discusso del caro bollette, che sono anche triplicate, dell’aumento del prezzo dei generi alimentari. Questioni prioritarie rispetto all’incremento spesa militare al 2% del Pil”, dice Conte dopo aver incontrato il capo del governo a Palazzo Chigi. Non passa neanche un’ora e per la prima volta il premier reagisce. Dalla presidenza del consiglio filtrano toni perentori, chiaramente indirizzati contro il capo dei 5 stelle. “Il Governo – fanno sapere – intende rispettare e ribadire con decisione gli impegni Nato sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil. Non possono essere messi in discussione gli impegni assunti, in un momento così delicato alle porte dell’Europa. Se ciò avvenisse verrebbe meno il patto che tiene in piedi la maggioranza“.

Lo scontro Draghi-Conte – Mai Draghi aveva reagito così alle legittime richieste di una forza di maggioranza. Neanche quando a pressare il governo era Matteo Salvini, contrario alle restrizioni anti Covid: in quel caso al leader della Lega era stata riservata qualche risposta dal sapore ironico in conferenza stampa. Stavolta, invece, sul tavolo c’è un tema molto più delicato. Dopo le esclusione delle scorse settimane, Draghi ha partecipato ai vertici a cinque: proprio oggi ha avuto una conversazione telefonica con Joe Biden, Boris Johnson, Emmanuel Macron e Olaf Scholz. Una “riammissione” che arriva dopo aver annunciato di voler mantenere gli impegni Nato e dopo aver garantito che il nostro Paese è “in grado di assorbire la nostra quota” di gas che ci viene offerta dagli Usa. Una posizione che rischia di essere indebolita dalla linea di Conte. Sarà per questo che il capo del governo usa toni duri contro il leader del M5s e arriva a mettere in dubbio il futuro della maggioranza. E questo nonostante poco prima il capo dei 5 stelle avesse escluso totalmente l’ipotesi di una crisi. Posizione ribadita in serata a Dimartedì su La7: “Come si può parlare di crisi di governo? – dice Conte – Draghi avrà pure il diritto di informare il Presidente ma io non ho sollevato alcuna crisi di governo: dico solo che se dobbiamo programmare una spesa militare un partito di maggioranza può discutere i termini anche temporali per rispettare questo impegno”. Da Palazzo Chigi, infatti, hanno fatto sapere che dopo l’incontro con Conte il premier “si è recato dal Capo dello Stato per un aggiornamento sul tema degli investimenti militari”. Un modo per blindare la sua posizione. Nello scontro s’inserisce il Pd: dal Nazareno fanno sapere che Enrico Letta segue “con preoccupazione questi momenti”. Ma andiamo con ordine.

Il voto in commissione – Lo scontro scoppia nel pomeriggio, quando durante la seduta congiunta delle commissioni Esteri e Difesa, il governo ha deciso di accogliere l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia sull’aumento al 2% delle spese militari. Ma senza passare dal voto. Il provvedimento sarà in Aula giovedì prossimo e molto probabilmente sarà chiesta la fiducia. La decisione apre un problema tra i partiti che sostengono l’esecutivo: poco prima infatti, Conte in conferenza stampa aveva annunciato il voto a favore del provvedimento, ma al tempo stesso aveva ribadito il no all’odg di Fratelli d’Italia per l’aumento della spesa militare. L’odg, però, è stato accolto senza voto. E’ anche di questo che hanno parlato Conte e Draghi, durante l’incontro a Palazzo Chigi nel pomeriggio. “Ho portato a Draghi la preoccupazione del M5s e di tutti italiani. Ho chiesto al premier di lavorare per maggiori risorse per la salute italiani. Abbiamo discusso del caro bollette, che sono anche triplicate, dell’aumento del prezzo dei generi alimentari. Questioni prioritarie rispetto all’incremento spesa militare al 2% del Pil”, ha spiegato l’ex premier al termine del faccia afaccia. “Siamo rimasti che ci aggiorneremo”, ha aggiunto.

L’incontro a Palazzo Chigi – Sulle armi Conte ha ripetuto quanto anticipato nei giorni scorsi: “Non metto in discussione l’accordo con la Nato e non voglio che Draghi lo metta in discussione, anche perché sono stati presi nel 2014. Ma affrettarsi a rispettare la soglia del 2% significherebe produrre un picco di spese militari in un momento di grande difficoltà”. Poi ha rassicurato sulla tenuta della maggioranza: “Aprire una crisi di governo non è un tema. Noi sosteniamo il governo e abbiamo diritto a essere ascoltati”. Sull’odg di Fratelli d’Italia, Conte ha detto di aver “saputo che i senatori M5S avevano chiesto di votare in commissione al Senato l’odg che evocava l’impegno all’aumento sulla spese militari al 2%, perché erano pronti a respingerlo, ma si è deciso di non porlo in votazione. Adesso i lavori si sono aggiornati. Su questo con Draghi abbiamo discusso. Abbiamo valutazioni diverse“. A chi gli domanda se il M5S si appresti a presentare un odg dal segno opposto, “adesso parleremo con i senatori – replica – Le nostre priorità sono chiare, faremo tutti gli atti conseguenti“. Secondo il capo dei 5 stelle “nel Def ragionevolmente non ci sarà scritto qualcosa del genere, ma questo non toglie che è una prospettiva che dobbiamo affrontare. Il problema può essere procrastinato ma dobbiamo affrontarlo dal punto di vista politico”. Draghi, però, evidentemente la pensa diversamente. Da Palazzo Chigi, infatti, arrivano a evocare la crisi, legando il dibattito sulle armi al “patto che tiene in piedi la maggioranza”. E si sottolinea anche quanto fatto dai governi precedenti, quelli guidati da Conte: “I piani concordati nel 2014, e seguiti dai vari governi che si sono succeduti, prevedono entro il 2024 un continuo progressivo aumento degli investimenti. Il bilancio della difesa nel 2018 era sostanzialmente uguale al 2008. Nel 2018 si registravano circa 21 miliardi, nel 2021 24,6 miliardi (un aumento del 17 per cento): questi sono i dati del Ministero della difesa nei governi Conte. Tra il 2021 e il 2022 il bilancio della difesa sale invece a 26 miliardi: un aumento del 5,6 per cento”.

Conte: “Voteremo il dl Ucraina al Senato” – Un attacco alle quali Conte replica in serata su La7: “Non si può ragionare di unità del governo ed euroatlantica che non viene messa in discussione: per quanto riguarda questi adempimenti con la Nato siamo in buona compagnia storica. Altri premier non li hanno rispettati e neppure io. E ci sono anche altri paesi che non riescono a rispettarli”. Poi ha spiegato il contenuto del colloquio col premier: “Draghi ha tenuto a dire che è importante rispettare gli impegni Nato, io ho spiegato che non ho mai messo in discussione il tendenziale al 2% come non è stato messo in discussione dai premier precedenti. Però se noi ci diciamo questo orizzonte del 2024, avremo un picco notevole: si tratta di 15 miliardi e, francamente, credo che i cittadini e il Paese adesso abbiano altre priorità. Questo non significa dire che l’Italia non rispetta gli accordi. Questo non verrà detto e io stesso non l’ho detto”. E ancora: “Un conto è la spesa che si intende sostenere un altro conto è se questo impegno va rispettato nel 2024, un altro entro il il 2028, un altro ancora è rispettarlo entro il 2030. Con Draghi ci siamo lasciati dicendoci che ne discuteremo e che approfondiremo”. L’ex premier, insomma, rivendica il diritto a discutere almeno sul fronte dei termini temporali, visto che comunque ha assicurato il sostegno al provvedimento: “Il decreto Ucraina lo abbiamo votato alla Camera e lo voteremo al Senato, siamo a sostengo di questa linea. Noi non stiamo parlando degli aiuti all’Ucraina. Il M5s sostiene il governo. Sì agli aiuti finanziari, umanitari e addirittura il M5s ha detto sì anche agli aiuti militari”. Prima del voto di giovedì, però, è probabile che arriva qualche novità. Per esempio un nuovo ordine del giorno che accolga le riflessioni di Conte.

Le tensioni in Senato – A criticare la decisione del governo sono stati i senatori M5s che hanno partecipato alla seduta congiunta: “È inaccettabile che il governo abbia deciso di accogliere l’ordine del giorno di FdI malgrado la forte contrarietà della principale forza di maggioranza”, si legge in una nota. “Un ordine del giorno che inizia con ‘Il Senato impegna il governo’ non può essere accolto senza un voto di verifica”. E ancora: “Malgrado la nostra insistente richiesta, la presidente della commissione Difesa Roberta Pinotti non ha voluto metterlo ai voti”. A presiedere i lavori oggi è stata infatti Pinotti perché il senatore Vito Petrocelli, capo della Esteri e contrario al provvedimento, non era presente. Quindi la nota si conclude: “Insisteremo quindi sulla richiesta di mettere al voto questo ordine del giorno”. La presa di posizione 5 stelle sta creando numerosi malumori nella maggioranza, soprattutto dopo che ieri i 5 stelle hanno bocciato l’ipotesi di presentare un odg della maggioranza che potesse favorire la mediazione. Oggi a parlare è stato il senatore dem Alessandro Alfieri: “Noi comprendiamo l’esigenza dei partiti di marcare alcuni punti”, ha detto dopo la seduta, “ma questo non può essere fatto mettendo in difficoltà il governo. Noi ieri nella riunione di maggioranza con D’Incà abbiamo proposto come Pd di presentare un odg di maggioranza proprio per dire che c’era la disponibilità a discutere di gradualità nell’aumento delle spese della difesa e farle nell’ambito della costruzione della difesa comune europea. I 5 stelle hanno detto no e hanno perso un’occasione ma noi siamo disponibili a riaprire la discussione su un percorso graduale” in prossimi provvedimenti. Intanto qualche cedimento si registra anche sul fronte 5 stelle: “Il discorso è questo”, ha dichiarato all’Adnkronos la senatrice M5s Antonella Campagna, che siede in Commissione difesa di Palazzo Madama. “E’ fuori discussione, lo sappiamo, che nel 2014 si è sottoscritto in ambito Nato l’impegno per portare al 2% del Pil le spese per la difesa. In ogni caso, questo impegno il nostro Paese l’ha preso. Un impegno riconfermato – ciò è agli atti – nel 2019. L’aumento delle spese va oggi preso in considerazione anche nell’ottica della creazione dell’esercito comune europeo”.

Da dove nasce lo strappo e il voto alla Camera – Nei giorni scorsi il decreto Ucraina aveva ottenuto il via libera di Montecitorio. In quell’occasione era stato approvato anche l’ordine del giorno della Lega sull’aumento delle spese militari (fotocopia dell’odg di Fdi accolto ora dal governo) e anche i 5 stelle avevano votato a favore. Poco dopo il leader M5s Conte aveva annunciato che i suoi non avrebbero mai più votato a favore dell’aumento delle spese militari. Una linea che oggi ha ribadito in conferenza stampa, pur dicendo di “non voler mettere in difficoltà nessuno” e soprattutto non voler discutere gli accordi Nato pregressi”. Secondo il leader M5s è necessario però valutare i tempi e gli impegni alla luce delle nuove emergenze che vive l’Italia ed è necessario capire dove verranno presi i fondi.

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