Da alcuni giorni mi trovo in Ucraina per condurre una ricerca autonoma sui gruppi progressisti che nel paese sostengono la resistenza, pur non essendo allineati con il governo e la figura del presidente Zelensky.

Allo stato attuale la descrizione delle società dell’est Europa è pericolosamente semplificata. Che si parli di Russia, Ucraina, Polonia o Bielorussia sembra che tanto i governi quanto i movimenti di piazza debbano essere identificati con una contrapposizione netta e priva di ambiguità tra supporto per la destra neo-liberista o per la versione nazionalista e fascista della destra.

Poiché le cose non stanno così, la mia attenzione è stata attirata mesi fa dal diario di viaggio di alcuni attivisti dei Municipi sociali di Bologna (legati ai centri sociali Tpo e Làbas) che avevano visitato l’Ucraina e instaurato relazioni con gruppi politici femministi, ecologisti e socialisti nelle diverse città. La mia decisione di partire assieme a loro per un nuovo viaggio è stata determinata infine dalla scomparsa di un amico, Finbar Cafferkey, irlandese, caduto sul fronte di Bakhmut assieme a due combattenti socialisti, un russo (Dmitry Petrov) e uno statunitense (Cooper “Harris” Andrews).

Avevo conosciuto Finbar, sotto il nome di Heval Ciya, in Siria, nella regione curda del Rojava, sei anni fa. Si trovava laggiù per combattere assieme alle Forze siriane democratiche e alle Ypg contro Daesh, il cosiddetto “Stato islamico”. Da allora siamo rimasti amici, anche se ho avuto poche occasioni di vederlo. L’ultima è stata tragica: lo scorso gennaio l’ho visto ai funerali di Riccardo Nicodano, un combattente italiano Ypg e persona davvero eccezionale, che aveva condiviso con Finbar le stesse battaglie per la libertà in Siria. Fu in quell’occasione che Finbar mi disse della sua attivazione umanitaria e politica in Ucraina con i Solidarity Collectives, un network anti-autoritario che supporta la popolazione civile e la resistenza al fronte.

Neanche quattro mesi dopo ho ricevuto la notizia del suo martirio. Il fatto che sia caduto assieme a un russo e a uno statunitense mi è sembrato una sorta di segno del destino, come se queste tre persone, con la loro azione, ci avessero consegnato un messaggio circa la possibile unità di Europa, Russia e America in un futuro da costruire. Questo futuro è possibile solo in un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo.

Finbar adorava il proprio paese e la sua causa per l’indipendenza. Per questo non poteva non capire l’amore per il proprio paese delle ucraine e degli ucraini, tanto più determinati a difendere la propria indipendenza da quando Putin ha dichiarato al mondo, prima di invaderla, che la loro nazione non è mai esistita. È lo stesso che i regimi turchi e arabi hanno sempre detto del Kurdistan, o Israele della Palestina. La visione politica di sinistra, anti-autoritaria e autenticamente democratica di Finbar lo aveva portato a stringere relazioni con i gruppi libertari e socialisti ucraini. (Lo aveva fatto anche Riccardo Nicodano pochi mesi prima della sua scomparsa, quando aveva pianificato a sua volta di supportare la causa democratica in Ucraina).

In un’Europa orientale pervasa di nazionalismo anti-comunista, i gruppi di sinistra sono spesso deboli e isolati. L’Ucraina non fa eccezione, ma è piena di attivisti determinati a imporre la loro voce nel futuro del paese. Per contendere ai neo-liberisti, alle strutture clericali e all’estrema destra il consenso e il radicamento nella società, stanno dando un grande contributo nella resistenza umanitaria, militare e sociale. Combattono, assistono le popolazioni colpite e creano network sindacali e femministi.

Si contrappongono alla mentalità patriarcale presente nella politica e nello stesso esercito, difendono con i lavoratori degli ospedali e delle ferrovie le leggi di derivazione sovietica sui diritti dei lavoratori che Zelensky sta cercando senza successo di smantellare.

Oltre ai Solidarity Collectives di Finbar sono nate FemSolution, Social Movement, Feminist Workshop, Azione Diretta, Eco Platform, Fridays for Future, Feminist Lodge e tanti altri. In un paese dove il governo Poroshenko ha bandito per legge il diritto d’opinione in favore del comunismo e, come Zelensky, ha imposto una criminale rimozione delle tracce urbane e artistiche legate al passato antifascista dell’Ucraina, allargare l’agibilità democratica del pensiero critico (anche legato a riflessioni sulle eredità del comunismo o dell’anarchismo) è imprescindibile. Per questo muoversi per la città sul van dove viaggiava Finbar aiuta a cogliere la profondità della sua intuizione.

Opporsi al neo-liberismo e al neo-fascismo, ucraini come italiani, non significa oggi millantare un pacifismo poco credibile perché frutto del privilegio, e spesso non distante da pose simpatetiche con il regime russo (e quindi con la guerra). Significa piantare la bandiera di una modernità democratica da costruire là dove è più difficile e per questo più urgente. Per questo altrettanto importante sarà costruire questa ricerca e queste relazioni con le forze democratiche della società russa.

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