Le dichiarazioni contraddittorie sulla controffensiva ucraina si rincorrono da settimane. Kiev, Washington e Londra in particolar modo hanno più volte sottolineato come l’operazione per la riconquista dei territori occupati da Mosca dal 24 febbraio 2022 sia “solo all’inizio”, stia facendo “progressi”, si appresti a “entrare nella sua fase più calda” e che “presto riprenderemo anche la Crimea”. Lasciando perdere le dichiarazioni russe, è da questi stessi attori che sono arrivati anche segnali diametralmente opposti: “La controffensiva procede più lenta del previsto“, è arrivato ad ammettere il presidente Volodymyr Zelensky, “l’operazione non sta avanzando come da programma“, dicevano negli Stati Uniti. Ma a testimoniare come i dubbi sulla riuscita della riconquista militare ucraina si siano insinuati anche tra gli alti vertici della Nato, nonostante le garanzie di “sostegno fino a quando sarà necessario”, sono arrivate nella serata di martedì le parole del capo di gabinetto del segretario generale Jens Stoltenberg, Stian Jenssen, che per giustificare la sua proposta riguardo a possibili concessioni territoriali di Kiev in cambio della pace e dell’entrata nell’Alleanza ha dichiarato: “La Russia sta lottando enormemente militarmente e sembra irrealistico che possa conquistare nuovi territori. Ora la questione è soprattutto legata a cosa l’Ucraina riuscirà a riprendersi“.

È questo il quesito alla base della riflessione sulle possibilità di successo della controffensiva, dato che Kiev ha più volte ribadito di non essere disposta a cedere anche un solo villaggio a Mosca: quanto questo suo piano può essere ritenuto realizzabile dagli alleati europei e americani? Una domanda che, evidentemente, si stanno ponendo anche ai vertici della Nato e tra i Paesi membri. Il tutto nonostante le ultime dichiarazioni ottimistiche di Stati che nel Patto Atlantico ricoprono il ruolo di leader indiscussi.

Il 26 luglio scorso, nemmeno un mese fa, funzionari del Pentagono, parlando in anonimato al New York Times, hanno dichiarato che la massima spinta della controffensiva ucraina era in corso nel sud-est del Paese, parlando di “migliaia di rinforzi, molti dei quali addestrati ed equipaggiati dall’Occidente”. Il giorno dopo, il viceministro britannico James Heappey negò che la controffensiva stesse fallendo, rispondendo così ai dubbi emersi dopo la diffusione di in un rapporto militare tedesco secondo cui l’operazione non starebbe andando bene a causa delle scelte tattiche adottate da Kiev. “L’Ucraina sta soddisfacendo le nostre aspettative al momento. Stanno ampiamente realizzando il piano che hanno elaborato con noi, gli americani e gli altri alleati durante lo scorso inverno”, ha detto Heappey in un’intervista. Questo nonostante, appena tre giorni prima, fosse stata addirittura Kiev ad ammettere che non tutto stava procedendo come previsto.

Le parole di Jenssen, che l’Alleanza si è affrettata a ridimensionare dopo il putiferio diplomatico scatenato con i vertici del governo ucraino, non fanno altro che confermare un dubbio che circola da tempo tra gli osservatori: gli alleati credono davvero nella vittoria finale di Kiev? L’immobilismo sul campo al quale si assiste da mesi, con conquiste territoriali irrisorie da una parte e perdite sempre di poco conto su altri punti della linea del fronte, raccontano la realtà di una controffensiva che stenta ad accelerare. Ed è forse anche questo il motivo dell’intensificarsi degli attacchi ucraini oltre il confine russo e in Crimea, con la collaborazione anche di gruppi formalmente indipendenti come quello dei partigiani russi filo-Kiev. I raid su Belgorod, gli attacchi al ponte di Crimea, le esplosioni nei depositi e nelle basi militari russi nella penisola e nel territorio della Federazione, oltre a indebolire l’impianto logistico dell’armata di Mosca, rappresentano dei risultati da poter sbandierare per Kiev. Questo può fare presa sull’opinione pubblica internazionale, ma evidentemente non tra i vertici della Nato che continuano a chiedersi quanti territori è realisticamente in grado di riconquistare l’Ucraina.

Twitter: @GianniRosini

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