di Alessandra Carletti

In questa settimana in cui tutti dichiarano di essere in vacanza, in cui si elogia il riposo e il sereno calcolo del bilancio della realtà personale e sociale estiva, anche le regole della buona educazione e del rispetto altrui sembrano riposte in valigia, ma senza essere poi indossate come invece avviene per il corredo delle ferie.

Sicuramente, sul tema di cui vi racconterò, qualcuno o molti arrossiranno considerandolo non rilevante. Certamente di fronte alla serietà della guerra, alla preoccupazione per il cambiamento climatico, alle efferatezze che leggiamo sui giornali, alla crisi finanziaria di molte famiglie, l’ombrellone lasciato per giorni sulla spiaggia libera per opzionare il proprio spazio in prima fila procura solo un brivido di fastidio o un cenno di approvazione.

Eppure nasce un gemito di rabbia, da riporre in bocca, nell’arrivare presto sulla battigia e trovarsi un cimitero di ombrelloni chiusi, come le lapidi dei caduti ignoti, che attendono, fedeli, i loro padroni. Gli avventori che invece portano con sé i propri asciugamani e ombrelloni sono costretti a ritagliarsi uno spazio tra i vessilli apparentemente abbandonati.

Più tardi, appaiono solerti gli autoeletti concessionari, con un buon esercito familiare, che dall’ombrellone, trattato da loro come se fosse un compasso, amplificano lo spazio opzionato guardando i poveri educati villeggianti come appestati. Farfugliano e borbottano sul fatto che qualcuno ha osato pensar male di loro. Alcuni arrivano come illustri maestri di bastone siciliano che, nella stupita sorpresa di ritrovare amici con cui avevano in realtà un preciso appuntamento, pretendono di infilarsi al posto di sconosciuti sdraiati sul proprio asciugamano, scacciati utilizzando la strategia della zanzara.

A questo punto qualcuno si sarà annoiato, qualcuno domani sfilerà dalla sabbia l’ombrellone orfano e qualcuno coglierà l’occasione per lasciare il proprio ombrellone.

“Gli uomini si dividono in uomini d’amore e uomini di libertà, a secondo se preferiscono vivere abbracciati gli uni con gli altri, oppure preferiscono vivere da soli e non essere scocciati.” – Luciano De Crescenzo, in Così parlò Bellavista, 1984.

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