Il colonnello Lanny J. Acosta Jr, giudice militare statunitense di stanza a Guantanamo, ha stabilito che la confessione di Abd al-Rahim al-Nashiri, sospettato di essere un terrorista di Al Qaeda, non può essere ritenuta valida, perché ottenuta grazie alla tortura. È la prima volta che accade negli Stati Uniti. La decisione priva i pubblici ministeri di una prova chiave contro al-Nashiri. Il 58enne saudita è accusato di essere la mente dell’attentato del 12 ottobre 2000, contro la nave da guerra USS Cole, nel porto yemenita di Aden: un motoscafo carico di esplosivo si schiantò contro l’incrociatore statunitense, causando la morte di 17 militari statunitensi e il ferimento di altri 37.

Il cittadino dell’Arabia Saudita, ritenuto il capo delle operazioni di al Qaeda nell’area del Golfo Persico, è stato catturato a Dubai nell’ottobre del 2002. Ha trascorso quattro anni sotto la custodia della Cia nei suoi “siti neri” in Afghanistan, Thailandia, Polonia, Marocco, Lituania e Romania, e infine è stato traferito a Guantanamo. In questi anni è stato sottoposto a waterboarding , nudità forzata, isolamento estremo, privazione del sonno e altre forme di abuso. Nel 2004 è stato condannato a morte in contumacia per l’attentato alla USS Cole.

“L’esclusione di tali prove non è priva di costi sociali”, ha scritto il giudice, citato dal New York Times. “Tuttavia – continua il colonnello – consentire l’ammissione di prove ottenute o derivate dalla tortura da parte dello stesso governo che cerca di perseguire e giustiziare l’accusato può avere costi sociali ancora maggiori”. La decisione di Acosta potrebbe diventare un precedente importante per altri processi in corso nei confronti di sospetti terroristi. Gli avvocati di al-Nashiri, infatti, insieme ai difensori di altri cinque membri di al Qaeda accusati degli attacchi dell’ 11 settembre 2001, chiedono da oltre dieci anni di non ammettere prove simili, ottenute attraverso la tortura.

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