L’amministrazione Biden si accoda alla scia lasciata dal suo predecessore, Donald Trump, e dai suoi Accordi di Abramo e mette le basi per la firma, secondo un’indiscrezione pubblicata dal Wall Street Journal, di un accordo con l’Arabia Saudita per il riconoscimento dello Stato d’Israele che rispecchi alcune condizioni esplicitate già in passato dal principe ereditario Mohammad bin Salman. Il tutto avviene in un momento storico, almeno sulla carta, totalmente sfavorevole: i rapporti non idilliaci tra il presidente e lo “Stato paria” del Golfo, come lui stesso lo definì, le promesse mai rispettate di Washington sulla ricerca di verità e giustizia per il giornalista Jamal Khashoggi, il ‘blitz’ cinese nel Golfo che ha permesso uno storico primo riavvicinamento tra Riyad e Teheran e, infine, il governo più a destra della storia di Israele che sta usando il pugno duro contro la popolazione palestinese. Ma la realpolitik ha evidentemente trionfato sulla debolezza dei principi espressi anche pubblicamente dalle potenze mondiali.

Stando a quanto scrive il quotidiano economico americano, che cita funzionari Usa, l’Arabia Saudita ha accettato le “linee generali” di un accordo con gli Stati Uniti che prevede il riconoscimento di Israele in cambio di concessioni da parte dello Stato ebraico ai palestinesi, garanzie di sicurezza statunitensi e aiuto per lo sviluppo del nucleare di Riyad per scopi civili. Niente di dettagliato al momento, ma le fonti sostengono che a Washington si spera di arrivare a una firma su un piano ben delineato entro il prossimo anno. “Ci sono discussioni in corso”, ma “c’è ancora lavoro da fare prima di arrivare ad una cornice per la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele”, ha puntualizzato il portavoce per il Consiglio della sicurezza nazionale americana, John Kirby, in un briefing telefonico con un ristretto gruppo di giornalisti.

Il primo deal è però già arrivato dopo l’incontro del mese scorso a Jeddah tra l’erede al trono saudita e il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, e a pochi giorni dalle parole del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che si è detto disponibile ad alcune concessioni in nome di più stretti legami tra lo Stato ebraico e il regno del Golfo. E quella che maggiormente interessa gli al-Saud riguarda lo sviluppo del nucleare a scopi civili, oltre a ulteriori garanzie di sicurezza. L’Arabia Saudita sta anche cercando difficili concessioni da parte di Israele per la creazione di uno Stato palestinese. Questo, però, costerà loro un passo indietro nei rapporti con Pechino, inseritosi prepotentemente in un’area storicamente contesa tra Stati Uniti e Russia.

Si ricrea così lo schema pensato da Donald Trump e da suo genero, Jared Kushner, che prevedeva un graduale riavvicinamento delle monarchie del Golfo e del Nord Africa, tra cui Emirati Arabi, Bahrain e Marocco, a Israele. Tutto nell’intento di isolare il più possibile quello che è percepito da Riyad, da Tel Aviv e, a questo punto e nonostante i proclami di inizio mandato, anche da Washington, come il principale avversario nell’area: l’Iran, alleato di Russia e Siria. Soprattutto dopo il tentativo di Pechino di inserirsi nella disputa regionale, stimolando il dialogo tra i due principali competitor nell’area e, di conseguenza, dando una spallata agli Usa, sempre più fuori dalla partita dopo il disimpegno avviato già nell’era Trump.

Resta da capire se questo accordo possa piacere anche a un soggetto tutt’altro che marginale: il popolo palestinese. Non è chiaro quali siano le concessioni richieste da Riyad a Tel Aviv, ma resta il fatto che queste arriveranno in uno dei periodi più bui nella storia recente dei rapporti tra Israele e Palestina, con le violenze nate dopo l’instaurazione dell’attuale esecutivo che hanno causato già più di 100 palestinesi morti. Situazione che ha spinto più volte il governo saudita a condannare pubblicamente le azioni israeliane. In questo senso, un accordo del genere mostrerebbe anche un passo indietro da parte di Riyad che ha sempre escluso la possibilità di arrivare a un’intesa con Israele prima della costituzione di uno Stato palestinese riconosciuto.

Twitter: @GianiRosini

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