È scaduto oggi, 6 agosto, l’ultimatum alla giunta golpista nigerina imposto dalla Comunità economica degli Stati africani occidentali (Ecowas) per ripristinare l’ordine costituzionale nel Paese e reintegrare il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, destituito con il colpo di Stato annunciato lo scorso 26 luglio. A poche ore dalla scadenza, migliaia di sostenitori dei militari si sono radunati in uno stadio della capitale Niamey. All’arrivo di una delegazione del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (Cnsp), l’organo della giunta militare golpista, la folla ha risposto con applausi e grida di incoraggiamento. Il generale del Cnsp Mohamed Toumba ha denunciato coloro che “si nascondono nell’ombra” e che “tramano la sovversione” contro “la marcia in avanti del Niger”. “Siamo al corrente del loro machiavellico piano”, ha detto, incitando le quasi 30mila persone radunate nello stadio. In città si respira una calma tesa, con le “unità di vigilanza”, formate dai giovani, impegnate a fare controlli e ispezioni nei veicoli. Pronti ad allertare i militari su possibili “atti sospetti”.

I delegati dell’Ecowas avrebbero dovuto incontrare i ribelli negli scorsi giorni, allo scopo di mettere sul tavolo una risoluzione pacifica ed evitare l’uso della forza. Ma il vertice è saltato, in un panorama di generale peggioramento dei rapporti diplomatici tra militari nigerini e comunità internazionale. Così, i capi della difesa del blocco africano occidentale hanno paventato l’ipotesi di un intervento militare. Nella giornata del 5 agosto, a ridosso della scadenza dell’ultimatum, i vertici della sicurezza dei Paesi Ecowas si sono infatti riuniti ad Abuha, in Nigeria, e in quest’occasione il Commissario per gli affari politici, la pace e la sicurezza dell’Ecowas, Abdel-Fatau Musah, ha dichiarato che: “Tutti gli elementi” riguardanti un “eventuale intervento sono stati messi in evidenza e sono stati perfezionati, compresi i tempi, le risorse necessarie e il come, dove e quando dispiegheremo una tale forza”.

Il blocco Ecowas si trova però a fare i conti con la richiesta di alcuni Paesi africani di ricorrere ad interventi pacifici. Algeria e Ciad – non appartenenti all’Ecowas – si sono opposti all’ipotesi di un uso della forza, mentre Mali e Burkina Faso – entrambi gestiti da giunte – un intervento armato in Niger rappresenterebbe una dichiarazione di guerra anche nei loro confronti. Nel frattempo, secondo quanto riportato dal New York Times il presidente deposto Bazoum “resta bloccato con la sua famiglia nella loro residenza privata senza elettricità acqua“. Ieri “le guardie gli hanno confiscato le schede Sim dei suoi cellulari, impedendogli di comunicare con il mondo esterno, come aveva fatto nei primi giorni di prigionia”, aggiunge il quotidiano statunitense.

“È responsabilità del popolo del Niger misurare la gravità della situazione e prendere una decisione”, ha affermato il ministro della Difesa del Ciad, Daoud Brahim Yaya, chiarendo che “per questo il Ciad non interverrà mai militarmente”. Anche la vicina Algeria ha esortato i vertici dell’Ecowas a trovare soluzioni più pacifiche, rigettando il piano di intervento militare, che secondo il ministro degli Esteri Ahmed Attaf “aggreverebbe la situazione, rendendola più complicata e più pericolosa per il Paese e per l’intera regione”. Attaf ha dichiarato di aver interloquito sulla questione anche con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Sicurezza, Josep Borrell, il quale dice di condividere con Algeri “la preoccupazione e la volontà di evitare un’escalation che avrebbe gravi conseguenze per una regione già fragile”. “L’Ue” tuttavia, chiarisce Borrell, “sostiene Ecowas” e chiede “un ritorno immediato all’ordine costituzionale”.

Sul punto, la ministra degli Esteri francese Catherine Colonna ha dichiarato che “i capi di stato maggiore” dell’Ecowas “si sono incontrati, hanno svolto preparativi”, quindi “è tempo che i golpisti rinuncino alla loro avventura”. Colonna ha poi affermato che il ritiro dei 1.500 soldati francesi presenti in Niger “non è nemmeno all’ordine del giorno”, nonostante la richiesta della giunta nigerina. In Italia intanto, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha fatto sapere che 65 militari italiani sono rientrati in patria e che sono previsti ulteriori voli per il trasferimento di altri 250 uomini ancora presenti in Niger. “Il personale italiano evacuato dal Niger appartiene al contingente militare attualmente impiegato nella missione di addestramento ‘MISIN’ in corso nel Paese africano”, ha spiegato Crosetto. Il volo militare è decollato dalla capitale Niamey alle ore 19,30 locali circa ed è atterrato in Italia alle 23,50 della notte tra il 5 e il 6 agosto.

Sul fronte delle pressioni internazionali, dopo lo stop statunitense ad “alcuni programmi di assistenza” annunciato dal segretario di Stato americano Antony Blinken, è arrivato anche dal Canada il blocco del programma di sostegno allo sviluppo. La sospensione è stata annunciata congiuntamente dai ministri canadesi degli Esteri, Mélanie Joly, e dello Sviluppo internazionale, Ahmed Hussen, che in una dichiarazione hanno definito il golpe in Niger “una seria minaccia per la democrazia e la stabilità del Niger e del Sahel, allo stato di diritto e al percorso del governo democraticamente eletto verso la pace, la stabilità e lo sviluppo in Niger”.

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