Georg Trakl (Salisburgo 1887 – Cracovia 1914), legato a personalità decisive per la cultura europea tra Ottocento e Novecento quali Karl Kraus e Ludwig Wittgenstein, affrontando i temi ricorrenti della sera e dell’autunno, si fa voce della finis Austriae, che è anche tramonto dell’intera civiltà europea; legato da un rapporto di amore profondissimo (e probabilmente incestuoso) con la sorella Grete, soggetto a forti crisi depressive e dedito all’uso di droghe, Trakl si toglie la vita nell’ospedale di Cracovia dov’è in osservazione per aver manifestato propositi suicidi dopo aver sperimentato come infermiere militare gli orrori del fronte di guerra galiziano.

Ho scelto quei testi che potessero suggerire la complessità, dietro la loro apparente trasparenza, di una poesia capace di giocare su pressoché impercettibili variazioni (Rondò), d’intessere paesaggi nei quali i colori e i suoni (insieme con la presenza del “viso animale”) si caricano d’inusitata pregnanza, di trasfigurare nel verso le visioni suscitate dalle droghe e dall’alcol.

A. D.

Rondò

Trascorso è l’oro dei giorni,
i colori bruni e blu della sera:
morti i tenui flauti del pastore
i colori blu e bruni della sera
trascorso è l’oro dei giorni.

Trasfigurazione dell’autunno

Maestoso termina così l’anno:
col vino dorato e i frutti dei giardini.
All’intorno i boschi tacciono: splendidi
(sono essi compagni del solitario).

Dice allora il contadino: bene,
voi campane serali, lente e sommesse,
date ancora sereno coraggio a quanto va finendo.
Una fila di uccelli migrando si congeda.

È il tempo dolce dell’amore.
Nella barca (e sotto va il fiume azzurro)
com’è bello si disponga immagine su immagine:
tutto tramonta nella pace e nel silenzio.

Canto notturno

Il soffio dell’immobilità. Un volto animale
fissa l’azzurro, la sua santità.
Maestoso è il silenzio nella pietra;

la maschera di un uccello notturno. Lieve triplice suono
rintocca in uno. Elai! il tuo viso
si china muto su acque azzurrine.

O voi quieti specchi della verità!
Alla tempia d’avorio del solitario
appare il riverbero di angeli caduti.

Il canto di Kaspar Hauser

per Bessie Loos

Amava davvero il sole che purpureo discendeva la collina,
i sentieri del bosco, il nero uccello che cantava
e la gioia del verde.

Serio era il suo abitare nell’ombra dell’albero
e puro il suo sguardo.
Dio insufflò una quieta fiamma nel suo cuore:
oh uomo!

Quieta il suo passo incontrò la città alla sera;
il buio lamento della sua bocca:
voglio diventare un cavaliere.

Ma lo seguivano cespugli e animali,
case e giardini crepuscolari di bianchi uomini
e il suo assassino lo cercava.

Primavera ed estate e bello l’autunno
di chi è giusto, il suo passo silenzioso
per le buie stanze dei sognanti.
Di notte restava da solo con la sua stella;

vide che la neve cadeva tra i rami spogli
e nel corridoio di casa al crepuscolo l’ombra dell’assassino.

Argenteo s’abbatté il capo del non nato.

Crepuscolo spirituale

Un oscuro animale selvatico
trova pace al margine del bosco;
va a terminare sulla collina silenzioso il vento della sera,

si zittisce il lamento dei merli
e i tenui flauti dell’autunno
tacciono nel canneto.

Su una nera nube
ebbro di papavero tu navighi
lo stagno notturno,

il cielo stellato.
Sempre risuona la voce lunare della sorella
attraverso la notte spirituale.

Karl Kraus

Bianco gran sacerdote della verità.
Voce cristallina nella quale abita il gelido alito di Dio,
mago che incendia,
sotto il cui mantello fiammeggiante tintinna l’azzurra corazza del guerriero.

La chiesa

Angeli dipinti custodiscono gli altari;
e pace e ombra; un raggio dai loro occhi celesti.
Tra i fumi d’incenso nuotano sporche liscivie.
Forme vacillano misere nel vuoto.

Sull’inginocchiatoio rassomiglia alla Madonna
una piccola puttana dalle guance pallide.
Figure di cera pendono dai raggi d’oro;
la luna e il sole circondano Dio dalla barba bianca.

Luce di morbide colonne e scheletri.
Nel coro dei fanciulli morirono dolci voci.
Silenziosissimi si muovono sommersi colori,
un rosso che scorre dalle labbra della Maddalena.

Una donna incinta si aggira, folle, tra pesanti sogni,
attraversa questo crepuscolo colmo di maschere, bandiere.
La sua ombra incrocia le calme traiettorie dei santi,
la pace degli angeli negli spazi intonacati a calce.

Delirium

La neve nera che cola dai tetti;
un rosso dito ti affonda nella fronte –
nella stanza spoglia s’abbassano azzurri nevai,
gli specchi morti degli amanti.
La testa si frantuma in pesanti cocci e riflette
le ombre nello specchio degli azzurri nevai,
il freddo riso di una prostituta morta.
Nei profumi del garofano piange il vento serale.

Epoche

Un viso animale tra il verde-marrone
mi guarda timido con occhi di fuoco, i cespugli ardono.
Lontanissima canta con voce infantile
una vecchia fonte. Ascolto.

Le taccole selvatiche mi deridono
e intorno si velano le betulle.
Me ne sto tranquillo innanzi ai fuochi di erbacce
e silenziose vi si disegnano immagini,

su fondo dorato vecchissimi racconti d’amore.
Le nubi diffondono il loro silenzio sulla collina.
Dallo specchio spettrale dello stagno
fanno cenno i frutti, brillano pesanti.

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