Nel 2022 il canone Rai ha portato nelle casse dell’azienda pubblica 1,85 miliardi. Una cifra cruciale per tenere in piedi i bilanci della tv pubblica. Così l’uscita del canone dalla bolletta, annunciata a febbraio dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che l’anno scorso aveva rinviato la decisione, si allontana. Rendendo assai improbabile che la Lega mantenga la promessa di Matteo Salvini sulla “progressiva riduzione e poi l’azzeramento” del balzello entro l’orizzonte di legislatura.

In audizione davanti alla commissione di Vigilanza, il titolare del Tesoro ha detto che c’è una “pluralità di ipotesi di riforma del canone allo studio” di “uno specifico tavolo presso il Mef”. Per ora insomma non c’è alcuna certezza e nessuna decisione verrà presa a breve. “L’ipotesi potrebbe essere scorporare dal pagamento del canone una quota relativa agli investimenti sostenuti dalla Rai, a sostegno per esempio della capacità trasmissiva”, ha detto il ministro. Attualmente si tratta di “circa 300 milioni annui che verrebbero posti a carico della fiscalità generale, riducendo il canone di abbonamento”.

“Nel medio periodo – ha aggiunto il ministro – va aperta una riflessione sul pagamento del canone, attualmente legato al presunto possesso di un apparecchio televisivo. Ma le nuove modalità di sviluppo e di fruizione, come dimostra RaiPlay, consentono di fruire dei contenuti Rai usando vari device. Qualora il presupposto diventasse il possesso di un’utenza telefonica mobile, si avrebbe un aumento della platea e quindi una riduzione del costo pro capite del canone. Oggi sono 21 milioni i cittadini che lo pagano, mentre le utenze telefoniche attiva sono 107 milioni”. Questo meccanismo comporterebbe però “problemi di applicazione, relativi al calcolo di utenze per nucleo familiare: andrebbe individuato un tetto massimo per evitare il pagamento di una somma più elevata”.

“Prendendo come orizzonte il rinnovo della concessione (in scadenza nel 2027, ndr), si potrebbero individuare altri meccanismi. In ogni caso – ha sottolineato Giorgetti – ogni ipotesi di revisione deve prendere le mosse da una chiara definizione degli oneri del servizio pubblico, dalla garanzia della sostenibilità degli investimenti, da un’attenta revisione delle dinamiche di spesa dell’azienda“. Che deve “essere gestita con principi manageriali e questo è quello che continuerà a chiedere il Mef come azionista, quindi lo dico senza offese per nessuno: è chiaro che se non hai i soldi per comprare la Ferrari, è chiaro che non devi comprare la Ferrari. Non dico che devi comprare la Panda ma qualcos’altro. Qua non è né una Ferrari, né una Panda, ma un’auto elettrica? O meglio a idrogeno, che preferisco. Vogliamo fare della Rai una macchina a idrogeno e quindi, invece di rifornirla con la benzina come fatto finora, la dobbiamo rifornire in altro modo”.

Articolo Precedente

L’Fmi boccia flat tax, condoni e aumento del tetto al contante. Il Superbonus? “Ha spinto gli investimenti e la ripresa ma è inefficiente”

next
Articolo Successivo

Pnrr, il governo rivede al ribasso l’obiettivo di riduzione dell’evasione: “Le imprese sono in crisi di liquidità e verseranno meno”

next