Cosa è possibile dire su Mick Jagger che non sia già stato detto su Mick Jagger? Sicuramente poco, molto poco. Certo che il solo fatto che oggi compia 80 anni è di per sé una notizia, specie pensando agli eccessi e alle esagerazioni di una rockstar consumata nelle rughe ma non nel resto: che sia merito della sua dieta altamente proteica, dell’alimentazione biologica, del padre insegnante di educazione fisica o (direbbe qualcuno) delle droghe non è dato saperlo.

Ciò che forse rende speciale Mick Jagger, oltre alla sua età, è probabilmente il fatto di aver legato il proprio nome indissolubilmente, nel tempo, a un unico progetto musicale: i Rolling Stones. Complice una carriera solista episodica e mai all’altezza di quanto fatto ‘in band’, Sir Michael vanta infatti un solo vero allontanamento, a cavallo tra gli ottanta e i novanta, sull’onda dei buoni risultati raggiunti all’epoca coi primi due “She’s The Boss” (1985) e “Primitive Cool” (1987).

Contrariamente a quanto avvenuto nella storia del rock tra Axl Rose e Slash, Ozzy Osbourne e Tony Iommi, Roger Daltrey e Pete Townshend, il rapporto tra Jagger e il compagno d’avventure negli Stones, Keith Richards, ha sempre marcato una differenza al contrario: col secondo pronto a riportare all’occorrenza, all’ovile, il primo. Non è infatti un mistero che il rapporto in questione, ancor prima che musicale, risalga ai tempi in cui entrambi frequentavano la Wentworth Primary School, e da lì sia proseguito fino ai giorni nostri passando per tutte le fasi, artistiche, di una formazione che rappresenta – Jagger in primis – l’ultimo vero esempio di band, rock, archetipica.

Mick Jagger e le sue movenze costituiscono infatti non solo un marchio di fabbrica ma anche il paradigma sul quale chiunque, dopo di lui, ha costruito carriera e fortuna senza però minimamente toccare le vette raggiunte dall’originale. Andando sul lato esclusivamente economico, solo Paul McCartney e Bono Vox hanno raccolto, nel genere, risultati più lusinghieri del frontman dei Rolling Stones, non dimostrando però sempre la medesima lungimiranza: è infatti il suo il primo brano messo in vendita, nel 2001, su uno store digitale (“God Gave Me Everything”), così come a lui appartiene l’unica autobiografia (75000 parole già battute) mai edita di un grande della musica. “Detesto rivivere il mio passato a discapito del presente”, disse a tal proposito, giustificando la mancata pubblicazione, “Quando mi ci sono messo, ho capito che non faceva per me”.

Il qui e ora, l’hic et nunc, il futuro: forse è questa la formula. La stessa che, a due anni dalla scomparsa dell’indimenticato Charlie Watts, potrebbe segnare da qui ai prossimi mesi il ritorno sugli scaffali dei negozi di dischi dei Rolling Stones, con un nuovo album, e un altro giro di giostra pronto a segnare l’ennesimo capitolo delle nostre vite. Oltremanica sono sicuri: saranno della partita il già citato McCartney, Elton John e, forse, lo storico ex Bill Wyman. Nell’attesa di poter rispondere a questa e altre domande, riteniamoci una volta di più fortunati della conoscenza di un uomo e un musicista la cui presenza, tra noi, è un dono di cui tener conto e ringraziare ogni giorno. Buon compleanno, Mick!

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