La maglia di miglior scalatore è di un italiano. Nel Tour de France degli extraterrestri, dominato da Jonas Vingegaard, l’unico barlume per il ciclismo tricolore arriva da Giulio Ciccone. Il 28enne abruzzese riesce a conquistare la maglia a pois, che torna in Italia dopo 31 anni di digiuno: l’ultimo fu El Diablo, Claudio Chiappucci, che nel 1992 sul Sestriere vinse una delle tappe più epiche del ciclismo moderno. Epica, a modo suo, è anche l’impresa di Ciccone. Più che altro per il valore simbolico che ha per il movimento italiano: questo Tour ha segnato il punto più basso in termini di presenze, mentre una vittoria di tappa manca da sabato 27 luglio 2019, fu firmata da Vincenzo Nibali. E allora, visto il livello altissimo di questa Grande Boucle in tutti i terreni e contesti, avere un italiano tra i premiati sugli Champs-Élysées rappresenta in questo momento quanto meno un segnale. Una speranza.

La maglia a pois di Ciccone vale un po’ di più perché è stata “dichiarata”. L’abruzzese – costretto a reinventare una stagione dopo che il Covid lo ha estromesso dal Giro d’Italia – non ha mai nascosto che sulle strade francesi quello sarebbe stato il suo obiettivo. Insomma, i pois non sono arrivati per caso grazie a una fuga azzeccata. Ciccone e il suo team, la Lidl-Trek, hanno curato la classifica dei Gpm fin dalle prime tappe. L’abruzzese ha saputo anche pazientare, aspettare che arrivassero le frazioni giuste per mettere a frutto la sua classe in salita e fare incetta di punti. Quando sul finire della seconda settimana il gruppo ha iniziato a inerpicarsi sulle Alpi, è cominciata definitivamente la sua rimonta: in due giorni ha conquistato Col de Cou, Col du Feu e Col de la Croix Fry.

Così è arrivato a indossare la maglia a pois nella cronometro che ha inaugurato la terza settimana (dove ha vinto un altro Gpm). E poi ancora altre tre vette conquistate nella 17esima tappa, 166 chilometri dal Monte Bianco fino a Courchevel. Oggi, nell’ultima frazione prima della volata di Parigi, sui monti Vosgi l’ennesima fuga di questo Tour de France per cucirsi definitivamente addosso la maglia di miglior scalatore. Ciccone davanti a tutti nelle prime quattro salite, con tanto di esultanza sul Col de la Schlucht per l’obiettivo ormai raggiunto matematicamente.

Rispetto a quel Tour 1992 di Chiappucci, a Ciccone è mancata solamente la vittoria di tappa. L’abruzzese ha vinto in carriere tre volte al Giro d’Italia e ha pure indossando la maglia gialla quattro anni fa. El Diablo però, oltre ai successi di tappa prestigiosi, ha sfiorato più volte la vittoria del Giro (due secondi e un terzo posto) e perfino del Tour, dove è stata secondo nel 1990 e nel 1992. In più, tanti altri piazzamenti nella prima metà degli Anni 90. Insomma, Chiappucci ha fatto sognare per davvero i tifosi italiani, anche senza ottenere successi prestigiosi, esclusa la Milano-Sanremo. La capacità di curare la classifica generale è quello che invece è sempre mancato a Ciccone, rimasto ormai l’unico baluardo dell’Italia per sperare quanto meno in un piazzamento in un Grande Giro. La Corsa Rosa 2023 doveva essere la sua grande occasione, ma i piani sono saltati per via del Covid. Il fato ha portato l’abruzzese a vincere questa maglia a pois: che sia un punto di partenza, a 28 anni c’è ancora tempo per provare a seguire le orme del mitico Chiappucci.

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