L’avvocato Antonio Piccolo del foro di Bologna, legale dei Grande Aracri e di altri imputati nei processi di mafia in Emilia-Romagna, è stato condannato dal Tribunale di Reggio Emilia a due anni di reclusione e interdetto per due anni dall’esercizio della professione. La sentenza di martedì 18 luglio è firmata dal giudice per l’udienza preliminare, Andrea Rat, chiamato a valutare le accuse formulate dalla Procura di Reggio Emilia a seguito di una infuocata udienza del processo Grimilde nell’estate 2022. Processo in Corte d’Assise nel quale deponeva il collaboratore di giustizia Antonio Valerio, spina nel fianco della ‘ndrangheta dei Grande Aracri/Sarcone di cui aveva fatto parte, prima di iniziare la sua collaborazione con la Direzione Antimafia durante il processo Aemilia.

Nel controesame di quella udienza del 4 luglio il dialogo tra l’avvocato Piccolo e Valerio, che si conoscevano dagli anni Novanta quanto il collaboratore era latitante in Romagna, degenerò presto in una serie di insulti e battute taglienti:

Avv. Piccolo: “Lei ha ucciso delle persone, non le ho uccise io. Lei è un omicida”

Valerio: “Le sto pagando. Lei è stato in galera uguale a me, che siamo ex colleghi. Non che io sia un avvocato…”

Avv. Piccolo: “Ma sei un finocchio, sei”

Valerio (rivolto a un imputato): “Cambia avvocato che ti conviene”

Avv. Piccolo: “Pezzo di caramella, che vuoi?

Ilfattoquotidiano.it raccontò i dettagli di quella udienza e la Procura di Reggio Emilia chiese in seguito il rinvio a giudizio per l’avvocato, soprattutto per “le sue affermazioni sulla conoscenza delle generalità di copertura del collaboratore di giustizia… che avevano anche l’effetto di intimidire il collaboratore inducendolo a temere per la sua sicurezza e per quella dei suoi familiari”.

Il momento nevralgico fu quando l’avv. Piccolo rivolse a Valerio domande sulle sue condizioni di vita:

Avv. Piccolo: “Senta, lei è pagato dallo Stato? Quanto prende?”

E poi: “Senta, lei oggi come si chiama? Ha cambiato cognome?”

Il pubblico ministero Beatrice Ronchi presentò una immediata opposizione alla domanda e la presidente del Collegio Donatella Bove richiamò l’avvocato che continuò pronunciando una affermazione pesante: “Non sappiamo come si chiama oggi (Valerio). Io penso però di saperlo…”. Valerio aveva commentato: “Minchia, che sicurezza che abbiamo qua. Allora, io sono terrorizzato. Mi viene la pelle d’oca, perché è chiaro i messaggi che mi state mandando. Penso a mia figlia minorenne, e sono terrorizzato”. In seguito a questi fatti il servizio centrale di protezione ha dovuto modificare il dispositivo di protezione di Antonio Valerio, per tutelare l’incolumità del collaboratore e della sua famiglia.

Il Procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci, che ha sostenuto l’accusa contro l’avvocato Piccolo assieme alla Sostituta Procuratrice Maria Rita Pantani, ritiene che quanto accaduto in quella udienza non abbia precedenti nella storia giudiziaria. Un collaboratore attaccato sul sistema di protezione che tutela lui e i suoi famigliari. Attaccato da un avvocato strettamente legato per ragioni parentali e relazionali con una famiglia orbitante nella cosca Grande Aracri. Che lo incalza per sapere quanto percepisce dal servizio Centrale di Protezione, se e con quali familiari è in contatto, sino ad arrivare a chiedergli quale è il suo nome di copertura, facendo intendere di saperlo. Il collaboratore è a quel punto terrorizzato, aggiunge il procuratore Paci, sapendo che a fargli queste domande è un soggetto molto legato agli esponenti mafiosi con i quali lo stesso Valerio aveva commesso reati anche di sangue. Ne comprende in pieno l’enorme carica intimidatoria. Non è di conseguenza un caso che il giudice Rat, nello stabilire la condanna, abbia riqualificato l’accusa in riferimento all’art. 377 bis del Codice penale, che punisce chi, con violenze o minacce, induce a non rendere dichiarazioni, o a renderle false, davanti all’autorità giudiziaria. L’avvocato Piccolo dovrà ora decidere se presentare appello. Nel caso non lo facesse la sua pena sarà ridotta di un sesto. Intanto però dovrà risarcire con una provvisionale di 10mila euro Antonio Valerio, che si era costituito parte civile al processo. Pochi giorni dopo l’udienza la Procuratrice Generale di Bologna Lucia Musti presentò un esposto sulla vicenda al Consiglio di disciplina dell’Ordine degli Avvocati, di cui ad oggi non si conoscono le decisioni. Questa volta la giustizia penale é arrivata prima.

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