L’esempio di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone come un invito “a combattere” le “zone grigie” della “complicità” con la mafia “con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sceglie il giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio, il secondo attentato di Cosa Nostra ai due giudici antimafia nel 1992, per ricordare l’importanza di perseguire le connivenze con le organizzazioni mafiose.

Un messaggio che cade in giorni di grande dibattito attorno alle ipotesi di rimodulare il reato di concorso esterno con le associazioni mafiose, ispirato dai due giudici nell’ordinanza-sentenza per il maxi-processo a Cosa nostra e che mira proprio a colpire le “zone grigie della complicità”. Ad aprire la breccia era stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, stoppato prima dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e poi dalla premier Giorgia Meloni che hanno parlato di “altre priorità”.

“Il nome di Paolo Borsellino, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l’organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie”, ricorda il Quirinale nel suo messaggio per il trentunesimo anniversario dell’attentato a Borsellino. Loro “avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta”, aggiunge.

E quindi sottolinea: “Il loro esempio ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità”. Nell’anniversario della strage di via D’Amelio, ha aggiunto Mattarella, “la Repubblica si inchina alla memoria” di un “magistrato di straordinario valore e coraggio e degli agenti della sua scorta” – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina – che “con lui morirono nel servizio alle istituzioni democratiche”.

Fu un “barbaro eccidio, compiuto con disumana ferocia”, che “colpì l’intero popolo italiano e resta incancellabile nella coscienza civile”. L’esempio dei due magistrati antimafia, conclude Mattarella nel suo messaggio, è anche un invito a “costruire solidarietà e cultura dove invece le mafie puntano a instillare paura”.

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