A lavorare con il caldo si muore. Nell’ultima settimane due tragici episodi ci hanno ricordato quella che è o dovrebbe essere una constatazione piuttosto ovvia. Martedì scorso un uomo, di 44 anni, ha accusato un malore mentre si stava occupando di tracciare la segnaletica stradale a Lodi dove si sfioravano i 40 gradi gradi “percepiti” ed è poi deceduto in ospedale. Venerdì a Firenze le alte temperature hanno stroncato un addetto delle pulizie di 61 anni che si è sentito male in un magazzino. All’ospedale i medici gli hanno riscontrato una temperatura corporea di 43 gradi. Non che sia una novità, purtroppo. Di questi giorni, nel 2015, moriva nelle campagne pugliesi la bracciante Paola Clemente. Ma ora, con le temperature medie in aumento e le ondate di calore sempre più frequenti, il problema rischia di diventare drammaticamente più pressante e crescono le sollecitazioni per appositi interventi normativi.

Come ha ricordato dopo i due decessi il segretario generale della Uil PierPaolo Bombardieri, citando uno studio europeo “Quando le temperature superano i 30°C, il rischio di incidenti sul lavoro aumenta del 5-7% e, quando le temperature superano i 38°C, gli incidenti sono tra il 10% e il 15% più probabili”. Il sindacato chiede quindi nuovi interventi normativi per disciplinare questa nuova condizione che da emergenziale rischia di diventare normalità oltre a maggiori controlli sul rispetto delle disposizioni che già esistono. “Le temperature elevate – ha spiegato Simona Riccio della Cisl – aumentano i rischi di infortuni anche gravi. In questi periodi sarebbe opportuno contrattare una riduzione dell’orario di lavoro, da recuperare nei periodi più freschi. E non dimentichiamo che una circolare dell’Inps prevede il ricorso alla cassa integrazione quando la temperatura supera i 35 gradi, anche solo percepiti, e non c’è la possibilità di operare in luoghi protetti dal sole”.

Dopo il decesso di venerdì il segretario generale della Fillea-Cgil di Firenze, Marco Carletti, ha lamentato le mancate precauzioni contro i colpi di calore in cantieri e opifici. “Siamo molto arrabbiati della situazione che quotidianamente troviamo nei cantieri e nelle fabbriche del settore delle costruzioni a Firenze. Le temperature atmosferiche all’aperto superano i 38 gradi centigradi e nei capannoni industriali superano i 40 gradi, e quasi nessuna azienda ha provveduto ad organizzare zone di raffreddamento, pause di 10 minuti ogni ora, punti di distribuzione di acqua fresca. Sono sempre più disattese le norme sulle precauzioni contro il colpo di calore. Possibile che di questa situazione ce ne accorgiamo solo noi?”, si chiede Carletti.

Come spiega Alessandro Genovesi della Fillea Cgil (il sindacato dei lavoratori edili) in Italia le norme ci sono ma ne andrebbe semplificata l’applicazione. “La normativa sugli eventi metereologici estremi nasce principalmente per far fronte a pioggia e neve ma, con la circolare ministeriale a Inps e Inail, è stato ben chiarita la sua estensioni a situazioni di caldo eccessivo“, spiega Genovesi che sottolinea come negli ultimi 3 anni si stia registrando un aumento esponenziale delle segnalazioni per questo tipo di disagio. “Non è un problema di condizioni di lavoro diventate più dure per decisione dei datori, ma la conseguenza dei cambiamenti climatici. Spesso, per paura, il lavoratore non chiama il 118 ma si rivolge ai rappresentanti sindacali e queste chiamate sono in fortissimo aumento”. Alcune procedure, ricorda il sindacalista, sono farraginose. L’imprenditore che rileva temperature troppo alte può ad esempio fare richiesta di cig all’Inps ma il via libera può arrivare solo dopo che l’Istituto riceve la comunicazione ufficiale sulle temperature da parte del servizio meteo dell’Aeronautica. Un modo molto più rapido ci sarebbe, visto che grazie ad un’app dell’Inail vengono rilevate le temperature sul posto di lavoro in tempo reale. Basterebbe “ufficializzare” la loro validità per eliminare le incertezze. Questo anche per quanto riguarda l’attivazione di clausole contrattuali “di forza maggiore” che escludono penali a carico di un’impresa appaltatrice per eventuali ritardi. “Nei grossi appalti, dove le controparti sono grandi aziende, di solito sono previste disposizioni ad hoc. Il problema riguarda soprattutto le piccole imprese che, anche per paura di penali e perdita di commesse, sono più timorose nell’adottare queste regole di sicurezza. In tal senso serve anche una forte azione si sensibilizzazione”, conclude Genovesi.

Provvedimenti specifici sono stati invece adottati ieri nel settore agricolo, tra quelli dove il pericolo è maggiore. Le associazioni datoriali e sindacali Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Cgil, Cisl e Uil di Verona hanno condiviso un protocollo per affrontare queste settimane da bollino rosso vista la frequenza con cui si stanno registrando malori, svenimenti, colpi di calore, disidratazione. L’accordo prevede turni anticipati a prima delle sei del mattino o spostati di notte dopo le 22 e un kit per i braccianti agricoli con cappello di paglia a tesa larga e borraccia. L’ente bilaterale Agribi sta perciò spiegando ad aziende e braccianti cosa fare per limitare i rischi. Lo Spisal (Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavor) ha stilato un vademecum che prevede anche di garantire zone ombreggiate, aree di ristoro, pause, e l’assunzione costante di acqua fresca.

Oltre a quelli dell’agricoltura, gli addetti più a rischio sono quelli delle consegne e delle costruzioni. Per Eurofound, il 23% dei i lavoratori è esposto a temperature elevate per almeno un quarto del tempo, percentuale che sale al 36% nell’agricoltura e nell’industria e al 38% nell’edilizia. Il problema, naturalmente, non è solo italiano. Claes-Mikael Stahl, vice segretario della Confederazione europea dei sindacati ha ricordato come “Ogni estate in Europa le persone perdono la vita perché sono costrette a lavorare senza protezione a temperature pericolosamente alte. Il cambiamento climatico sta rendendo le ondate di caldo più frequenti ed estreme e dobbiamo garantire che le pratiche di lavoro siano adattate per tenerne conto”. Solo pochi paesi europei hanno una legislazione per proteggere i lavoratori durante le ondate di caldo, con un’ampia variazione nei limiti che vanno da 28 a 36 gradi. Così la Commissione Ue ha presentato delle linee guida sulla responsabilità dei datori di lavoro nei confronti delle persone che lavorano a temperature elevate. Tra queste la valutazione dei rischi sul posto di lavoro e l’adeguamento dell’orario con la possibilità per i lavoratori di decidere quando fare delle pause.

La lotta dei lavoratori per ottenere disposizioni ad hoc è particolarmente accesa negli Stati Uniti dove, secondo un rapporto di Public Citizen, il calore ambientale è probabilmente responsabile di oltre 170mila infortuni sul lavoro ogni anno e da seicento a duemila decessi, rendendolo una delle principali cause di morte sul lavoro. Solo il Texas ha registrato 42 decessi legati al caldo sul lavoro dal 2011, più di qualsiasi altro stato, secondo i dati del Bureau of Labor. Eppure lo stato del Sud del paese invece che aumentare le tutele le riduce. Con un disegno di legge dello scorso 6 giugno ribattezzato dai critici “Morte Nera”, il governo federale ha annullato le ordinanze locali che prevedevano di concedere ai lavoratori pause per l’acqua. Una mossa che fa parte del più ampio assalto degli stati conservatori alle tutele sul lavoro ma che stride particolarmente con le ultime evidenze relative al surriscaldamento globale.

Sull’altro lato della barricata i lavoratori si mobilitano. Un anno fa a Los Angeles un fattorino di 24 anni di Ups, Esteban Chavez Jr è crollato sul retro del suo camion ed è morto. Nonostante il caldo e il malessere non poteva fermarsi. Se lo scanner usato da chi consegna le merci segnala una stazionarietà, dall’azienda arrivano immediatamente sollecitazioni per riprendere le consegne. Anche una semplice sosta per bere dell’acqua o riposarsi all’ombra viene interpretate come interruzione indebita della consegna. Dopo l’incidente i colleghi si sono mobilitati per chiedere ventilatori e aria condizionata invece di telecamere di sorveglianza sui loro camion. Nella contrattazione di questa estate, in vista della scadenza dello sciopero del 1 agosto, hanno ottenuto l’aria condizionata nei nuovi camion e l’installazione di ventole e schermi termici in quelli esistenti. Il 13 luglio di un anno fa, nei giorni del Prime Day (le offerte promozionali di Amazon che aumentano il lavoro dei magazzinieri) il 42enne è morto di attacco cardiaco sul posto di lavoro dove, a detta di molti colleghi, le temperature erano se non insopportabili quantomeno molto pericolose.

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