“Sono un rompiscatole nel senso che sono ingombrante, mi sono trovato in mezzo a questa situazione”. Così l’arcivescovo Georg Gänswein, ex segretario di Benedetto XVI e prefetto emerito della Casa Pontificia, commenta al Corriere della Sera l’esilio nella sua arcidiocesi di origine, Friburgo in Brisgovia. Il presule è arrivato da pochi giorni in quella che, “per il momento”, come ha spiegato la sala stampa della Santa Sede, sarà la sua destinazione. Nessuno può prevedere quanto durerà questa collazione teoricamente provvisoria. I fattori in gioco, infatti, sono tanti. A partire proprio dal comportamento che Gänswein assumerà nei prossimi mesi dopo le intemperanze pubbliche, per usare un eufemismo, seguite alla morte di Benedetto XVI, avvenuta il 31 dicembre 2022. In Vaticano nessuno ha dimenticato il libro di memorie intitolato Nient’altro che la verità, scritto a quattro mani con il vaticanista Saverio Gaeta, annunciato appena quattro ore dopo la scomparsa di Ratzinger, in cui prende duramente di mira Papa Francesco, ma anche tanti collaboratori stretti di Benedetto XVI, a iniziare dal suo segretario di Stato, il cardinale salesiano Tarcisio Bertone. Attacchi, soprattutto quelli diretti al Pontefice regnante, ripetuti in numerose e inopportune interviste seguite al lancio del libro. In una di esse, proprio al Corriere della Sera, il presule arrivò perfino a dichiarare: “Credo non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice”, spiegando che per un porporato vivere bene in un pontificato “significa sentirsi in sintonia non soltanto esteriormente, ma anche interiormente”.

Gänswein non ha alcun progetto all’orizzonte: “È presto per dire come sarà questa nuova vita. Devo ancora capire cosa farò. Nei prossimi giorni vedrò l’arcivescovo Burger, ne discuteremo”. Impensabile, almeno per il momento, qualsiasi incarico pastorale affidatogli dall’arcivescovo di Friburgo in Brisgovia, monsignor Stephan Burger, che ovviamente ha ricevuto precise istruzioni dalla Santa Sede. L’ex segretario di Benedetto XVI attualmente vive in un appartamento nel Collegio Borromeo. Il trasloco è durato numerosi giorni. Il presule ha dovuto lasciare l’appartamento di circa 300 metri quadrati al quarto piano di Santa Marta Vecchia, dove si era trasferito pochi mesi dopo la morte del Papa emerito con il quale aveva vissuto per quasi dieci anni nel Monastero Mater Ecclesiae, all’interno dei Giardini Vaticani, residenza scelta da Ratzinger per il tempo successivo alle dimissioni. Ma la coabitazione tra i due risaliva a otto anni prima quando, il 19 aprile 2005, l’allora cardinale decano era stato eletto successore di san Giovanni Paolo II. Gänswein, segretario di Ratzinger da appena due anni, aveva seguito il Papa nell’appartamento pontificio alla terza loggia del Palazzo Apostolico. Quell’appartamento che, otto anni dopo, nel 2013, Francesco ha rifiutato, scegliendo di vivere in un bilocale di 70 metri quadrati al secondo piano di Casa Santa Marta, la stanza 201 riservata, fino ad allora, agli ospiti illustri di passaggio in Vaticano, come il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo.

In Germania ovviamente non è passato inosservato il rientro di Gänswein a casa,comunicatogli dal Papa nell’udienza del 19 maggio 2023, la terza e ultima delle tre svoltesi dopo la morte di Benedetto XVI. “Il George Clooney vaticano torna in Germania”, ha titolato la Bild. Il presule, che il 30 luglio prossimo festeggerà 67 anni, non si sente per nulla smarrito: “Friburgo è bellissima, ho studiato qui 40 anni fa, si vive bene. Ha visto i canali d’acqua? Sommandoli sono lunghi 60 chilometri. E poi c’è un ottimo vino, migliore di quello italiano. Intendo il vino di qui, non tutto quello tedesco”. E aggiunge: “I cittadini di qui mi conoscono meglio di come io conosca loro, vediamo”. E poi l’immancabile commento al provvedimento papale: “Avevo un’alternativa?”. Il presule, infatti, si è limitato a obbedire. Del resto, non avrebbe potuto fare altrimenti. “Certamente – aveva affermato Gänswein poco tempo dopo la morte di Ratzinger – adesso aspetto un altro incarico, ciò che Papa Francesco vuole darmi, qualsiasi cosa certamente accetterò. Lui è il Papa. Io sono un suo figlio vescovo che accetterà ciò che lui vuole darmi. Io lo vedo e lo prendo come la volontà della provvidenza tramite il vescovo di Roma, tramite Papa Francesco. Anch’io sono curioso. Non nascondo che sono curioso quando e che cosa mi dirà. Non mi resta che aspettare”. E aveva aggiunto: “Io spero che Papa Francesco si fidi di me, spero di non aver dato un motivo di non fidarsi più”. Ma Bergoglio, evidentemente, non la pensa così.

Il Papa era stato subito chiarissimo: “Credo che la morte di Benedetto sia stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E la gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa, quella gente non ha etica, è gente di partito, non di Chiesa. Si vede in ogni parte la tendenza di fare con le posizioni teologiche dei partiti e poi portare a questo… Lasciar perdere… Queste cose cadranno da sole, o alcune non cadranno e andranno avanti, come nella storia della Chiesa è successo. Ma ho voluto dire chiaramente chi era Papa Benedetto, non era un amareggiato”. La tensione con Bergoglio era già emersa quando, nel gennaio 2020, lo aveva di fatto congedato dal ruolo di prefetto della Casa Pontificia, rendendolo, come lo stesso Gänswein si è definito, “un prefetto dimezzato”.

“Per essere preciso, – ha spiegato il presule – sono rimasto prefetto della Casa Pontificia perché nominato da Papa Benedetto in vista della rinuncia. Tutti gli incarichi in Vaticano sono per cinque anni. Allora dal 2012 al 2017. Papa Francesco mi ha prolungato altri cinque anni. Poi, sarebbe un po’ lungo spiegare. Nel gennaio 2020 mi ha detto: ‘Senta, adesso lei rimane a piena disposizione di Papa Benedetto. Non torni più a fare lavori, rimanendo formalmente prefetto della Casa Pontificia, ma si dedichi totalmente a Papa Benedetto’. Io gli ho detto: ‘Sì, ma questo l’ho fatto già anche gli altri anni’. ‘Sì, ma adesso solo per Papa Benedetto’. ‘Fare questo per me non è comprensibile, ma, se lei vuole, certamente obbedisco’. ‘Sì, questa è la mia volontà’. ‘Allora, in obbedienza, accetto’. E questo è rimasto fino al 31 dicembre 2022”. Ora il nuovo capitolo dello scontro, ormai a distanza, tra Francesco e Gänswein. Ma c’è chi scommette, soprattutto in Vaticano, che non sia l’epilogo.

Twitter: @FrancescoGrana

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