“Un’umiliazione davanti al mondo”. Così l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto emerito della Casa Pontificia e soprattutto ex segretario di Benedetto XVI, ha ribattuto a Papa Francesco quando, nell’udienza privata del 19 maggio 2023, gli ha comunicato la sua decisione di rispedirlo senza alcun incarico nella sua arcidiocesi di origine, ovvero Friburgo in Brisgovia. Il presule ha già lasciato il Vaticano e ha preso un appartamento nel Collegio Borromeo. Impensabile, almeno per il momento, qualsiasi incarico pastorale affidatogli dall’arcivescovo di Friburgo in Brisgovia, monsignor Stephan Burger, che ovviamente ha ricevuto precise istruzioni dalla Santa Sede. Bergoglio è stato irremovibile davanti alle argomentazioni di Gänswein che, subito dopo la scomparsa del Papa emerito, lo ha attaccato duramente più volte nel suo libro di memorie Nient’altro che la verità, scritto a quattro mani con il vaticanista Saverio Gaeta, e in numerose interviste. Francesco ha spiegato all’ex prefetto della Casa Pontificia che le umiliazioni, soprattutto nella vita di un sacerdote, fanno molto bene perché aiutano a crescere spiritualmente.

Del resto, Bergoglio era stato subito chiarissimo: “Credo che la morte di Benedetto è stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E la gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa, quella gente non ha etica, è gente di partito, non di Chiesa. Si vede in ogni parte la tendenza di fare con le posizioni teologiche dei partiti e poi portare a questo… Lasciar perdere… Queste cose cadranno da sole, o alcune non cadranno e andranno avanti, come nella storia della Chiesa è successo. Ma ho voluto dire chiaramente chi era Papa Benedetto, non era un amareggiato”. Uno scontro a distanza che ha avuto, però, anche tre faccia a faccia abbastanza burrascosi nelle altrettante udienze private concesse dal Papa a Gänswein: il 9 gennaio, appena quattro giorni dopo il funerale di Benedetto XVI, il 4 marzo e, infine, il 19 maggio per la comunicazione della decisione finale. Decisione che è stata, poi, resa pubblica dalla Sala Stampa della Santa Sede: “In data 28 febbraio 2023 S.E. Mons. Georg Gänswein ha concluso l’incarico di prefetto della Casa Pontificia. Il Santo Padre ha disposto che Mons. Gänswein dal 1 luglio rientri, per il momento, nella sua diocesi di origine”.

Inutile è stata anche un’altra argomentazione usata con Bergoglio dal presule che avrebbe voluto un incarico nella Curia romana. Ovvero che aveva appena traslocato dal monastero Mater Ecclesiae, la residenza scelta da Benedetto XVI per il suo emeritato, nell’appartamento di circa 300 metri quadrati al quarto piano di Santa Marta Vecchia, sempre in Vaticano, portando con sé mobili e altri oggetti, molti dei quali appartenuti a Ratzinger. Un trasloco che, ha ribattuto l’ex segretario del Papa emerito a Francesco, non avrebbe fatto se avesse saputo che, subito dopo, avrebbe dovuto lasciare lo Stato più piccolo del mondo per rientrare in Germania. Ma Gänswein è andato oltre, dicendo al Pontefice che difficilmente avrebbe trovato un appartamento nell’arcidiocesi di Friburgo in Brisgovia capace di contenere tutti gli arredi in suo possesso. Argomentazione che ha amplificato l’irritazione di Francesco che, come è noto, appena eletto Papa, ha scelto di vivere in un bilocale di appena 70 metri quadrati al secondo piano di Casa Santa Marta, come un semplice avventore di passaggio in Vaticano, rifiutando il grande appartamento pontificio che si trova nella terza loggia del Palazzo Apostolico. Da qui, l’invito di Bergoglio a Gänswein a liberarsi quanto prima di tutti questi beni materiali.

Dopo la morte del Papa emerito, il presule, che per diciannove anni è stato segretario di Ratzinger, dal 2003 quando era ancora cardinale prefetto dell’allora Congregazione per la dottrina della fede, oggi Dicastero, fino alla morte, avvenuta il 31 dicembre 2022, non ha mai nascosto la sua delusione e il suo risentimento per il modo in cui è stato congedato da Francesco nel gennaio 2020. “Per essere preciso, – ha spiegato Gänswein – sono rimasto prefetto della Casa Pontificia perché nominato da Papa Benedetto in vista della rinuncia. Tutti gli incarichi in Vaticano sono per cinque anni. Allora dal 2012 al 2017. Papa Francesco mi ha prolungato altri cinque anni. Poi, sarebbe un po’ lungo spiegare. Nel gennaio 2020 mi ha detto: ‘Senta, adesso lei rimane a piena disposizione di Papa Benedetto. Non torni più a fare lavori, rimanendo formalmente prefetto della Casa Pontificia, ma si dedichi totalmente a Papa Benedetto’. Io gli ho detto: ‘Sì, ma questo l’ho fatto già anche gli altri anni’. ‘Sì, ma adesso solo per Papa Benedetto’. ‘Fare questo per me non è comprensibile, ma, se lei vuole, certamente obbedisco’. ‘Sì, questa è la mia volontà’. ‘Allora, in obbedienza, accetto’. E questo è rimasto fino al 31 dicembre 2022”.

Gänswein, dopo la morte di Benedetto XVI, era convinto che Francesco gli avrebbe dato la responsabilità di un nuovo ufficio, nonostante gli attacchi verso il Papa contenuti nel suo libro di memorie e nelle numerose interviste rilasciate in questi mesi. In una di esse, il presule arrivò perfino a dichiarare: “Credo non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice”, spiegando che per un porporato vivere bene in un pontificato “significa sentirsi in sintonia non soltanto esteriormente, ma anche interiormente”. “Certamente – aveva affermato Gänswein poco tempo dopo la morte di Ratzinger – adesso aspetto un altro incarico, ciò che Papa Francesco vuole darmi, qualsiasi cosa certamente accetterò. Lui è il Papa. Io sono un suo figlio vescovo che accetterà ciò che lui vuole darmi. Io lo vedo e lo prendo come la volontà della provvidenza tramite il vescovo di Roma, tramite Papa Francesco. Anch’io sono curioso. Non nascondo che sono curioso quando e che cosa mi dirà. Non mi resta che aspettare”. E aveva aggiunto: “Io spero che Papa Francesco si fidi di me, spero di non aver dato un motivo di non fidarsi più”. Ma Bergoglio, evidentemente, non la pensa così.

Davanti alle ripetute accuse dell’ex segretario di Ratzinger, il Pontefice aveva voluto anche chiarire il suo rapporto con il suo diretto predecessore: “Vorrei dire che ho potuto parlare di tutto con Papa Benedetto, e scambiare opinioni, e lui sempre era al mio fianco, appoggiando; e se aveva qualche difficoltà me la diceva e parlavamo e non c’erano problemi. Una volta io ho parlato del matrimonio delle persone omosessuali, del fatto che il matrimonio è un sacramento e noi non possiamo fare un sacramento, ma c’è la possibilità di assicurare i beni con la legge civile – è incominciata in Francia, non ricordo come si chiama –; qualsiasi persona può fare una unione civile, non necessariamente di coppia, le vecchiette in pensione fanno un’unione civile… e così via. Allora una persona, che si crede un grande teologo, tramite un amico di Papa Benedetto, è andato da lui e ha fatto la denuncia contro di me. Benedetto non si è spaventato, ha chiamato quattro cardinali teologi di primo livello e ha detto: ‘Spiegatemi questo fatto’, e loro lo hanno spiegato. E così è finita la storia. È un aneddoto per far vedere come si muoveva Benedetto quando c’era una denuncia. Alcune storie che si dicono, che Benedetto era amareggiato per questo o quell’altro che ha fatto il nuovo Papa… sono ‘storie cinesi’. Anzi, Benedetto, – aveva concluso Bergoglio – io l’ho consultato per alcune decisioni da prendere e lui era d’accordo”. Nei sacri palazzi ora c’è chi crede che Gänswein nemmeno in futuro resterà in silenzio e che lo scontro con Francesco sia solo all’inizio.

Twitter: @FrancescoGrana

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