Entro la fine della legislatura il regolamento sul Ripristino della natura potrà essere approvato, ma per la versione finale della Nature restoration law si va verso un testo meno ambizioso rispetto a quello presentato dalla Commissione Ue a giugno 2021. Per Bruxelles l’obiettivo era avere una legge che vincoli per la prima volta gli Stati a fare la loro parte per proteggere almeno il 20% delle aree terrestri e marine degradate dell’Ue entro il 2030, per poi estendere le misure di ripristino a tutti gli ecosistemi che lo necessitano entro il 2050. Il nuovo testo concede diverse flessibilità e si avvicina alla posizione adottata a giugno scorso dal Consiglio Ue. L’alternativa? Sarebbe stata mandare tutto all’aria per questa legislatura e ritornare al punto di partenza. Senza alcuna certezza. Pericolo scampato: anche l’Europarlamento, alla fine e nonostante tutto (soprattutto nonostante il Partito popolare europeo e le destre), ha adottato quella che sarà la sua posizione ufficiale nel corso dei prossimi negoziati con Commissione europea e Consiglio Ue. Il testo andrà in commissione Ambiente per un passaggio formale e poi sarà la volta dei triloghi, alla fine dei quali si tornerà all’Eurocamera per l’approvazione definitiva del regolamento europeo. “È stato un testa a testa ma cosi è la democrazia, ora torniamo a negoziare e andiamo avanti a convincere anche chi non è ancora convito”, ha commentato il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans a margine del voto. Ma all’uscita dell’aula dell’Eurocamera, Greta Thunberg ha fornito un’altra lettura: “È scandaloso che si debba lottare per le briciole, questi problemi non dovrebbero neanche esistere”.

Bocciato il rigetto della legge presentato dal Ppe – In realtà è stato un via libera in due fasi. Prima la proposta, sostenuta dal Ppe e dalle destre, di respingere tout court il testo simbolo della Commissione Ue e del Green Deal della stessa Ursula von der Leyen (che del Ppe fa parte). Proposta bocciata dalla plenaria del Parlamento europeo con 324 voti contrari, 312 favorevoli e 12 astenuti. L’attivista Greta Thunberg ha seguito le operazioni di voto, affacciata sull’emiciclo dalla tribuna. Subito dopo l’annuncio del voto dagli scranni dell’ala sinistra dell’emiciclo è partito un lungo applauso liberatorio. In esultanza Socialisti, Verdi e sinistre. A favore della proposta di rigetto, come era stato annunciato, si sono espressi gran parte del Ppe (15 i contrari) e, compatti, i Conservatori e il gruppo Id. La maggioranza degli eurodeputati di Renew ha votato contro il rigetto della legge sulla natura. Senza sorprese i partiti della maggioranza italiana, che hanno votato contro il testo.

L’approvazione, con qualche voto (e astensione) dei Popolari – A quel punto, è iniziato l’esame di circa 140 emendamenti, tra cui quelli dei liberali di Renew che puntano al compromesso. E riportano, di fatto, il testo a una posizione più vicina a quella assunta a giugno scorso dal Consiglio Ue. E così il via libera è passato con 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astenuti. In questo caso, sono stati 21 i Popolari che hanno votato in dissenso alla linea Manfred Weber e hanno detto sì alla legge sul ripristino della natura. Tra loro non c’è nessun esponente di Forza Italia. Due, invece, gli eurodeputati del Ppe che si sono astenuti. Astenuto anche un membro della destra radicale di Ecr, (Conservatori e Riformisti, di cui fa parte anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni). Sul fronte opposto, compatto il gruppo S&D, a favore della legge. Anche questo risultato è stato accolto da un lungo applauso dei gruppi favorevoli. Non è detto che la strada sia in discesa: basti pensare che proprio la versione meno ambiziosa del Consiglio europeo è stata sì adottata a giugno, ma con il voto contrario di Italia, Polonia, Belgio, Paesi Bassi, Austria e Svezia. “Non si commettano errori: la legge Nature Restauration Law è stata approvata perché Renew Europe ha proposto un testo che va bene per una maggioranza che comprende diverse delegazioni del Ppe” ha scritto, in un tweet, il capogruppo di Renew, Stephane Sejourné, lanciando un monito ai Popolari europei (“Possiamo smettere di giocare ora e lavorare di nuovo insieme per l’interesse generale?”).

Le reazioni – Parlano di “vittoria” i copresidenti del Partito dei Verdi europei, Thomas Waitz e Mélanie Vogel. “Il thriller politico delle ultime settimane, con uno stallo in Commissione Ambiente – notano – è anche un segnale d’allarme che nel Partito popolare europeo ci sono forze politiche che collaborano con l’estremo oriente, diritto alla distruzione della natura e politica climatica, sia a livello nazionale che europeo”. E ricordano che la legge è stata approvata dal Consiglio europeo con un margine ristretto, anche se “fortunatamente la maggioranza dei Paesi era favorevole”. Il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, commenta in un tweet: “I ladri di futuro sono stati fermati. La proposta della destra di rigettare la legge sul ripristino della natura è stata bocciata dal Pe. La destra di Meloni e i suoi alleati, che difendono gli interessi degli inquinatori, è stata fermata”. Tiziana Beghin, europarlamentare e capodelegazione del Movimento 5 Stelle attacca Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega: “Sono unite e compatte soltanto quando si tratta di prendere decisioni dannose per l’ambiente e i cittadini, ma per fortuna il Parlamento europeo non ha consentito questo vergognoso schiaffo al Green Deal”. “Il Ppe, spalleggiato dalle altre forze di destra del Parlamento europeo – dichiara Maria Angela Danzì, europarlamentare del Movimento 5 Stelle – ha provato prima in sede di commissione, poi in plenaria, ad assestare un calcio alla transizione ecologica e a rigettare questa legge essenziale per il ripristino degli habitat naturali: tentativo per fortuna fallito, anche grazie ai voti della delegazione del Movimento 5 Stelle, che hanno consentito una maggioranza più chiara”.

Posizioni difficili da conciliare – Ma se Greenpeace, subito dopo il voto, ricorda che la legge sul ripristino della natura diventerà uno dei due pilastri fondamentali della Strategia dell’Ue per la Biodiversità 2030 “e la prima normativa esplicitamente finalizzata al ripristino della natura in Europa” e che “nel 2021, l’Agenzia europea dell’ambiente ha rilevato che l’81% degli ecosistemi Ue è in cattive condizioni”, gli interessi in gioco sono molti. “Altro che ‘ripristino della natura’, a farne le spese, ancora una volta, sono i cittadini europei. E a dispetto delle belle parole, il provvedimento per cui le sinistre festeggiano è uno schiaffo ad agricoltori e pescatori”, affermano dalla Lega Marco Zanni (presidente gruppo Id), Marco Campomenosi (capo delegazione) e Silvia Sardone (coordinatrice Id in commissione Ambiente). E ancora: “Incredibile che anche i deputati italiani del Pd possano aver condiviso questo scempio”. Infine la stoccata al Partito popolare europeo, vero protagonista di una battaglia (anche interna durata mesi). E, dal punto di vista della Lega, colpevole di un “ravvedimento tardivo”. “Dopo aver condiviso per quattro anni l’agenda di Von der Leyen, Timmermans, sinistre e Verdi – commentano gli esponenti del Carroccio – si è accorto dei pessimi contenuti delle loro proposte, ha evidenziato tutte le spaccature e contraddizioni di una coalizione che non esiste più e non ha mai avuto senso di esistere”. La partita è aperta e su che tavolo si gioca lo si capisce dalle parole del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti: “Occorre imboccare una strada diversa da quella proposta dalla Commissione per una maggiore sostenibilità ambientale e una più rigorosa protezione delle risorse naturali”. E gli obiettivi? “Sono fuori discussione, ma non possono essere perseguiti secondo le indicazioni della Commissione basate su vincoli e divieti, senza considerare inoltre le differenze degli assetti produttivi a livello nazionale”.

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