Il neo-sindaco, il suo predecessore, l’ex assessore che fino a un mese fa era in corsa per la fascia di primo cittadino. Ma anche funzionari pubblici e professionisti tra cui l’attuale presidente provinciale dell’Ordine degli architetti, oltre a comuni cittadini. C’è un po’ di tutto nelle carte dell’indagine aperta dalla Procura di Catania sull’attività amministrativa di Aci Sant’Antonio, Comune che dista una quindicina di chilometri dal capoluogo etneo. L’attenzione degli inquirenti si è concentrata in particolar modo sull’utilizzo dei fondi stanziati dallo Stato per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal violento terremoto che la notte del 26 dicembre 2018 colpì diversi centri alle pendici dell’Etna. I reati contestati vanno dal falso alla corruzione, dalla truffa per ottenere erogazioni pubbliche alla distruzione di atti pubblici. Il sospetto è che le pratiche siano state gestite in modo da favorire alcune richieste che altrimenti non avrebbero avuto accesso ai fondi stanziati.

Gli illeciti sarebbero diversi: false dichiarazioni in cui si indicavano gli immobili come prima abitazione, mancata segnalazione di abusi edilizi, omissione dei controlli per verificare lo stato dei luoghi, fino all’occultamento e alla sostituzione delle planimetrie allegate alle domande. Principali protagonisti di questo modus operandi sarebbero la funzionaria Rosa Mammino e il geometra Angelo Patanè. I due, ritenuti soci di fatto nello studio professionale di Patanè, avrebbero gestito di comune accordo diverse pratiche: la funzionaria nelle vesti di responsabile unico del procedimento; il geometra in quelle di tecnico di parte incaricato dai richiedenti su suggerimento della stessa funzionaria. L’ipotesi è che, in cambio di favori, Mammino avrebbe spartito con Patanè la parcella per la prestazione professionale incassata da quest’ultimo. Non solo: la donna, a sua volta, è una delle persone che avrebbero beneficiato illegittimamente dei fondi. Grazie alla complicità del titolare di una ditta di costruzioni che avrebbe emesso fatture gonfiate, secondo gli inquirenti Mammino avrebbe ottenuto somme maggiori rispetto ai lavori che necessari a rimuovere lo stato di inagibilità di un immobile.

Proprio in quest’ultima vicenda viene tirato in ballo anche Santo Caruso, che negli ultimi dieci anni ha guidato l’amministrazione comunale. A Caruso viene contestato il mancato intervento per interrompere il conflitto d’interesse che avrebbe visto Mammino nella duplice veste di richiedente e responsabile del procedimento. Il nome dell’ex sindaco, però, ricorre anche in altre circostanze. Si suppone che abbia consentito ad alcuni cittadini di chiedere i contributi anche oltre la scadenza dei termini, e di avere predisposto atti contenenti falsità nell’ambito di una selezione pubblica per l’affidamento di un incarico all’interno del Comune. Da sindaco, poi, sarebbe riuscito a ottenere oltre un milione di euro da destinare a un immobile di proprietà comunale. Ma, dice la Procura, l’edifico non sarebbe stato danneggiato dal terremoto.

Da ultimo, secondo le indagini Caruso avrebbe avuto un ruolo nella falsificazione di alcune delibere di giunta. L’accusa, dove gli addebiti fanno riferimento al periodo in cui le sedute si sono svolte, chiama in causa anche Maria Cristina Orfina, Antonio Scuderi, Giuseppe Santamaria e Quintino Rocca, all’epoca assessori comunali. Il mese scorso gli ultimi i due si sono sfidati al ballottaggio per le amministrative. A spuntarla è stato Rocca, che nelle ultime ore ha pubblicato un video in cui specifica di non essere “minimamente coinvolto nella vicenda della ricostruzione” post-sisma e di avere ricevuto contestazioni in merito “all’attendibilità di alcuni verbali di giunta”. Anzi, il nuovo sindaco ha assicurato di poter smontare ogni cosa, spiegando di voler fare chiarezza per senso di responsabilità istituzionale. Nei mesi scorsi, la procura di Catania ha chiesto l’emissione di 16 misure cautelari e interdittive – tra cui il carcere per la funzionaria Mammino e il geometra Patanè, e i domiciliari per l’ex sindaco Caruso – ma il giudice per le indagini preliminari ha rigettato la proposta, non riscontrando l’attualità delle contestazioni. Per i magistrati etnei, però, le condizioni per l’applicazione delle stesse ci sono tutte e per questo hanno presentato appello. Il Riesame farà le proprie valutazioni il prossimo 13 settembre.

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