Un altro interrogatorio per Matteo Messina Denaro. Il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e i pm della Dda Piero Padova e Gianluca De Leo sono volati a L’Aquila, nel carcere dove l’ex superlatitante è recluso dal 16 gennaio scorso, il giorno in cui è finita la sua trentennale latitanza. L’interrogatorio è durato tre ore. Come nei precedenti “incontri” con i magistrati, il boss era assistito dall’avvocato Lorenza Guttadauro.

Per il padrino, che finora non si è mai avvalso della facoltà di non rispondere, è il terzo interrogatorio dall’arresto. Nei mesi scorsi erano andati a sentirlo il procuratore Maurizio de Lucia e l’aggiunto Guido. Mentre un secondo interrogatorio si era svolto davanti al gip Alfredo Montalto e al pm De Leo, nell’ambito di un procedimento penale in cui Messina Denaro è imputato di estorsione aggravata. È in quell’occasione che il boss di Cosa nostra ha cercato di “sminuire la gravità” di alcuni delitti commessi. Come l’uccisione di Antonella Bonomo, la fidanzata del boss di Alcamo, Vincenzo Milazzo. Venne assassinata pochi giorni dopo il compagno nel luglio del 1992: era incinta di tre mesi. Davanti al gip, però, Messina Denaro ha sostenuto di “avere svolto ex post un’indagine, che, a suo dire, avrebbe accertato che la ragazza non era incinta”, come ha scritto Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare di Laura Bonafede. Nella stessa occasione Il boss delle stragi ha cercato di minimizzare le sue resposabilità anche per il caso del rapimento e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, ammazzato quando aveva solo 12 anni. “Non ho dato l’ordine di uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo”, ha detto il boss, scaricando le colpe su Giovanni Brusca, il boia della strage di Capaci con il quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale. Resta top secret, al momento, il contenuto dell’interrogatorio di oggi.

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