La famiglia di Luca Attanasio non si costituirà parte civile nel processo italiano sul triplice omicidio dell’ambasciatore italiano in Repubblica Democratica del Congo, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma Alimentare Mondiale, Mustapha Milambo, freddati nel corso di un’imboscata lungo la route nationale 2 tra Goma e Rutshuru, il 22 febbraio 2021. I genitori di Attanasio, come fatto già dalla moglie Zakia Seddiki, hanno infatti concluso la trattativa per il risarcimento che, fanno sapere, sarà interamente devoluto alle figlie del diplomatico.

Una decisione che di fatto li esclude dal processo come parte offesa, ma che non deve assolutamente essere letta come un ‘disimpegno’ nella ricerca di verità e giustizia per le tre vittime, spiega a Ilfattoquotidiano.it il padre, Salvatore Attanasio. Rinunciare alla costituzione di parte civile ha infatti l’obiettivo di “favorire l’azione risarcitoria in favore delle tre figlie piccole di Luca. Questa rimane, ad oggi, la priorità per la famiglia, perché sarebbe ingiusto non dare alle bambine un futuro con le possibilità che certamente il padre avrebbe garantito loro se fosse ancora in vita”. Ma nessuna marcia indietro: “Non ci accontenteremo di alcuna somma o verità di comodo. Pretendiamo che il processo faccia emergere tutte le responsabilità che sono dietro all’uccisione di mio figlio”.

Salvatore Attanasio vuole anche chiarire un punto: la posizione della famiglia è ben diversa da quella dello Stato che il 7 luglio, in occasione della nuova udienza preliminare, potrebbe avere l’ultima occasione per costituirsi parte civile. “Per quanto ci riguarda, le finalità risarcitorie sono state chiarite – continua – Ma le stesse motivazioni non possono essere valide per lo Stato. Le istituzioni italiane non dovrebbero costituirsi parte civile a scopo risarcitorio, almeno economicamente parlando, ma come atto di forza, di dignità, di rispetto per due suoi servitori caduti nell’esercizio delle loro funzioni e anche di vicinanza alla famiglia e alla Procura di Roma che ha svolto le indagini e richiesto il rinvio a giudizio per i due imputati (i due funzionari del Pam Rocco Leone e Mansour Rwagaza accusati di omicidio colposo e omesse cautele, ndr). Il messaggio che passa, invece, è che mentre la Procura chiede di andare a processo, lo Stato si tira indietro. Perché lo fa? Nel processo in Congo, dove imputate erano sei persone qualunque, non ha esitato a costituirsi parte civile, mentre in quello italiano, con le accuse rivolte a due funzionari del Pam, non lo fanno”. E cita come esempio la decisione presa dal Comune di Limbiate, anch’esso amministrato dal centrodestra: “Il Comune ha fatto la scelta opposta rispetto al governo. Non certo per ottenerne un guadagno, ma per mostrare vicinanza, come atto dovuto. Quei soldi, non importa quale sia la somma, verranno devoluti in beneficenza”.

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