Una delle maggiori conseguenze del “tradimento” di PMC Wagner e delle smisurate ambizioni del suo fondatore, come affermato tra gli altri dal colonnello generale Andrei Kartapolov, presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, cioè il Parlamento russo, è che i mercenari di Yevgeny Prigozhin non potranno più combattere nella guerra in Ucraina. Da un paio di settimane i “wagneriani” si erano comunque già messi fuori gioco rifiutando di sottoscrivere il contratto – reso obbligatorio – col ministero della Difesa russo: per combattere la guerra di Vladimir Putin bisogna rendersi docili agli ordini del ministro che da più tempo serve nel governo russo, Sergei Shoigu appunto.

Pochi mesi fa la stessa Duma di Stato aveva sostenuto che dovessero essere punibili con una pena detentiva fino a 15 anni coloro che avessero criticato o screditato i “volontari” che combattevano al fianco dell’esercito russo e aveva approvato la grazia per tutti i sospettati e i condannati per quasi tutti i reati, anche quelli più spregevoli e orribili – salvo pedofilia e terrorismo -, che si fossero offerti di unirsi come “volontari”, vale a dire mercenari.

L’uscita di PMC Wagner dall’Ucraina – che sia legata alla questione dei contratti o alla ribellione del 24 giugno – comporta la definitiva scomparsa di uno degli attori protagonisti della guerra, appunto la compagnia mercenaria fondata e diretta dall’ex “cuoco di Putin”. È innegabile che nelle due battaglie più importanti combattute sul fronte orientale, quella di Soledar e soprattutto quella ferocissima di Bakhmut, è stato a dir poco decisivo il ruolo di PMC Wagner: rispetto alle forze del ministero della Difesa, che hanno raccolto tante brutte figure sul fronte meridionale durante l’abortita “grande offensiva” di gennaio-febbraio, in Donbass i mercenari di Prigozhin hanno sì trattato molti ex criminali coscritti in giro per la Russia come carne da cannone per operazioni suicide, ma hanno anche spesso dimostrato un livello di addestramento e una disciplina sconosciute alle truppe regolari russe. Insomma, per allontanare dai propri confini dei combattenti a cui non può più permettersi il lusso di dare fiducia, il Cremlino deve privarsi delle forze che più di altre possono fare la differenza. Putin lo fa sapendo che le truppe migliori sono state distrutte tra febbraio e marzo 2022 durante il fallimento della battaglia di Kiev, a opera dello stesso generale Oleksandr Syrskyi che a Bakhmut ha con tanta fatica tenuto testa ai terribili mercenari del “cuoco”.

Dall’inizio di giugno, una volta completata la conquista dell’area urbana di Bakhmut, era già cominciato – ed era stato completato poco prima di sabato scorso – il ritiro delle truppe di Prigozhin. È sembrato subito evidente che il passaggio delle consegne non fosse avvenuto proprio tra forze equivalenti: gli ucraini hanno impiegato meno di una settimana dalla partenza dell’ultimo “wagneriano” per rimettere piede nel territorio della cittadina del Donbass, dopo aver quasi completato la conquista dei suoi fianchi e quindi avvicinandosi all’accerchiamento. Tutto questo è successo senza che la compagnia di mercenari fosse più un combattente attivo, ma restando nelle retrovie fino al 24 e poi fuori dall’Ucraina dalla data del fallito colpo di Stato. Ora non esiste più nemmeno la prospettiva di un futuro impiego collettivo dei mercenari sul territorio del Donbass o in qualsiasi altro luogo in Ucraina: per la Difesa russa questa è una perdita di dimensioni strategiche, dato che può influire non solo su singoli teatri o operazioni ma sul risultato stesso della guerra.

Ora il ministero della Difesa, che già prima era impegnato a “tenere i fianchi” mentre PMC Wagner “lavorava” il centro urbano di Bakhmut, dovrà spostare risorse da altri fronti per evitare di perdere quello che è stato l’unico territorio conquistato negli ultimi dodici mesi. Al prezzo di 80mila perdite, secondo alcune fonti. Dovrà farlo avendo nel frattempo perso i fianchi e trovandosi impegnato anche a contenere la controffensiva ucraina nel Sud. E pensare che vari oligarchi russi, oltre allo stesso Shoigu, si sono fatti la loro compagnia di mercenari: tuttavia, una volta spinte vicino al fronte, tutte quante si sono tirate indietro, adducendo come spiegazione il non essere adeguatamente preparate per scontri di quella portata. Insomma, PMC Wagner era di un altro pianeta rispetto a loro.

Quanto fossero temibili i “wagneriani” se ne sono accorti bene gli stessi russi il 24 giugno durante la ribellione poi sfumata, quando gli uomini di Prigozhin hanno agevolmente abbattuto sette tra elicotteri e aerei russi nel giro di poche ore, un risultato mai raggiunto dagli ucraini nel corso dell’intera guerra. Insomma, quelli che si sono ritirati dall’Ucraina – per la ribellione ma anche per i continui contrasti sulle forniture – sono 20-30mila tra i migliori combattenti disponibili in Russia, merce preziosa per il Cremlino.

E pensare che, rimasti senza compiti dopo la conquista di Bakhmut e ritiratisi a “riparare i danni” in Donbass, i mercenari del “cuoco” avrebbero potuto essere schierati a protezione del confine russo-ucraino dalle parti di Belgorod, un colabrodo che costringe Mosca a togliere risorse dagli altri fronti della guerra per non rischiare, prima o poi, di trovarsi i ribelli russi filoucraini nel capoluogo dell’oblast e magari applauditi dalla popolazione come le truppe di Prigozhin. Bisogna considerare che il 95% delle forze armate russe sono schierate al momento in Ucraina.

Ex mercenari potranno essere impiegati individualmente se accetteranno di sottoscrivere un contratto con Shoigu e Gerasimov? Dal punto di vista operativo, sì. Tuttavia, l’arrivo di singoli professionisti della guerra in battaglioni privi di adeguato addestramento e col morale sotto i piedi sarà probabilmente causa di confusione e di contrasto, senza benefici in combattimento. All’indomani dell’allontanamento definitivo dei “wagneriani”, Ryan O’Leary, un americano che presta servizio come sottufficiale nell’esercito ucraino, ha affermato di aspettarsi che questo fatto gioverà alla sua unità nei giorni e nelle settimane a venire. Dopo tutto, la Russia conserva tutti i suoi terribili problemi di logistica e di morale delle truppe: insomma, rimane la stessa, ma senza PMC Wagner.

Articolo Precedente

Dopo il colpo di mano di Prigozhin, quanto è seria la crisi interna russa?

next
Articolo Successivo

La salute al primo posto: Cuba un modello da seguire

next