Da quando il conflitto a “bassa intensità” tra Russia e Ucraina nel Donbass, iniziato circa dieci anni fa, con l’invasione dell’esercito russa il 24 febbraio 2022 è diventato una guerra a tutto campo, il mondo occidentale rappresentato da Usa, Nato ed Europa si è schierato univocamente a sostegno delle ragioni dell’Ucraina, fornendo al paese occupato armi e ogni genere di aiuto per poter resistere e contrattaccare il nemico. Milioni di profughi ucraini sono stati accolti in tutt’Europa in un’ondata di solidarietà. L’identificazione della Russia di Putin come unico responsabile della guerra non ha conosciuto tentennamenti, così la guerra è entrata di forza nel cuore dell’Europa, aprendo nuove profonde divisioni e riaprendo vecchie ferite che sembravano superate dalla storia.

Una guerra dura, violenta, senza esclusione di colpi, fatta di bombardamenti, di confronto sanguinoso sul terreno e anche di attentati ad infrastrutture e militari e civili, migliaia di morti, una guerra che sembra non poter vedere la fine. A nulla finora sono valsi i tentativi di aprire i negoziati, non c’è stato finora un giorno di tregua. In questo contesto è stata fin da subito estremamente difficile l’azione del movimento pacifista che pure in Europa e in Italia ha solide tradizioni e una rete estesa di organizzazioni, associazioni che abbracciano il mondo religioso e laico.

Si sono svolte tante manifestazioni contro la guerra, ispirate non certo dal rifiuto di individuare nella Russia di Putin il responsabile del conflitto, ma dalla volontà di aprire un negoziato, di far prevalere i valori umanitari, di rifiutare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, di tener fede a quell’articolo 11 della nostra Costituzione che consideriamo ancora fondamentale per l’identità del Paese in politica estera.

In realtà nel dibattito pubblico ha dominato, mai come in questa occasione, la necessità di affermare la più netta differenziazione: chi difende l’Ucraina e chi, chiedendo la pace, fa comunque un favore a Putin. L’unilateralismo è diventato la cifra di ogni analisi, il termometro della “fedeltà” ai valori occidentali e democratici in contrapposizione ad ogni altra argomentazione. Questa posizione è stata fin da subito di tutte le forze politiche in campo, senza quasi alcuna esclusione, in primo luogo dei tanti, soprattutto a destra ma non solo, che fino a prima della guerra con Putin andavano a nozze e l’avevano ripetutamente eletto a stratega e modello di gestione del potere, ignorando le nefandezze di cui si era già ripetutamente macchiato.

In questo senso anche le forze della socialdemocrazia europea, tradizionalmente vicine al movimento pacifista e tendenzialmente favorevoli alla distensione nei rapporti est-ovest, hanno assunto in questa terribile circostanza una posizione totalmente allineata alla Nato che, non dimentichiamolo, ha condotto ben prima della guerra una strategia di espansione dell’alleanza militare che non poteva non entrare in collisione con la Federazione russa e i suoi alleati. Il Pd in Italia ha assunto fin da subito la medesima posizione di allineamento e la sostiene con determinazione, nonostante la nuova segretaria Elly Schlein sia molto sensibile e vicina alla cultura e alle ragioni del pacifismo.

Ciononostante in tutto il popolo progressista le aspettative di una fase nuova di negoziati, di pace, almeno di una tregua si fanno sempre più forti, alimentate anche dalle speranze accese dalla missione del cardinale Zuppi, fortemente voluta da Papa Francesco.

Si è tenuto a Bologna, martedì 27 giugno, un incontro organizzato da due circoli del Pd, il Passpartout e il Pratello, del centro storico, sul tema della guerra con la partecipazione di esponenti di diverso orientamento: Don Stefano Ottani, vicario generale per Sinodalità Arcidiocesi di Bologna, Daniele Ara assessore al comune, Alberto Zucchero del Portico della pace, Francesco Vignarca della rete italiana disarmo, Andrea Braschayko, giornalista ucraino free lance per il Foglio, Valigia blu e altre testate e il sottoscritto per il Manifesto in rete, moderati da Antonella Peloso – circolo del Pratello – e da Marzia Mancuso del circolo Passpartout. Un pubblico molto numeroso di iscritti e simpatizzanti, giovani e meno, ha assistito ed è intervenuto in un dibattito vivace ricco di passione civile e politica con punti di vista diversi, ma nel pieno rispetto reciproco.

Oltre agli interventi molto qualificati soprattutto di chi opera attivamente per la pace e il disarmo, ma anche di chi ha difeso con dignità le ragioni del popolo ucraino vittima di una brutale invasione che nessuno potrà mai disconoscere, si è avvertita soprattutto negli interventi del pubblico la grande soddisfazione per il fatto di ritrovarsi in tanti a discutere apertamente di una vicenda così tragicamente importante. Quasi un sospiro di sollievo, sottolineando che da lungo tempo nel partito non si teneva una discussione così dialettica e pluralistica! La giovane Maria Agnese Bellei con i suoi amici del movimento ambientalista, il professore di latino e greco Roberto Ciucciovè, il vecchio militante del partito Omer Pignatti, l’ucraino da molto tempo a Bologna Victor Stolyarchur e Rosanna Benassi del Portico della Pace hanno alimentato la discussione con riflessioni e domande che hanno ancor di più fatto comprendere come la discussione, il confronto, la comprensione dei punti di vista “altri” siano molto più utili e proficui dell’unilateralismo e del silenzio. Un’iniziativa che farebbe molto bene replicare.

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