Il Belgio è puro surrealismo, come un quadro di René Magritte. Un paese definito da alcuni storici non bilingue ma “doppiamente monolingue”, con i suoi cinque parlamenti che hanno consentito a un governo provvisorio di restare in carica per 589 giorni. Un paese allo stesso tempo disordinato e iperburocratizzato, dove per tirare avanti serve quella che l’Economist ha definito la Belgitudine, ovvero la mentalità zen declinata in forma belga che “permette agli abitanti di sopravvivere al proprio paese senza crearsi troppi problemi”. Surreale anche nel calcio, sport che il Belgio è riuscito a rivoluzionare in maniera enorme senza nemmeno passare dal campo, ma solo dalle aule dei tribunali grazie a (o causa di) Jean-Marc Bosman. Non poteva quindi che andare in scena qui la paradossale storia della squadra campione nazionale di proprietà di un magnate dell’edilizia che non può ricostruire, né ristrutturare, il proprio stadio, in pieno sfacelo, a causa di una lite di vicinato.

A inizio giugno l’Anversa ha vinto il titolo belga per la prima volta dal 1957. Lo ha fatto al sesto minuto del tempo di recupero dell’ultimo partita dei play-off, rendendo ancora più epico un successo già di per sé destinato in Belgio a essere ricordato per molto tempo. Ci sono voluti 8 anni e circa 200 milioni di euro al proprietario Paul Gheysens, 37esimo uomo più ricco del paese, per riportare ai vecchi fasti la più antica società calcistica belga, finita talmente in rovina nel nuovo millennio da aver giocato per 13 anni consecutivi in seconda divisione. C’è voluto l’ingaggio dell’elemento giusto in cabina di comando, Marc Overmars, messo sotto contratto un mese dopo il licenziamento dall’Ajax per lo scandalo delle molestie sessuali, al quale è stata concessa carta bianca in tema di acquisti e di ingaggi. Con il tecnico Mark van Bommel e un calibrato mix tra esperienza (Alderwiereld, Janssen) e intuizioni di mercato, il colpo grosso è stato centrato al primo colpo.

Lo stadio dell’Anversa si chiama Bosuil ed è quanto di più lontano si possa immaginare dai moderni impianti multifunzionali da serate di Champions League, competizione che a settembre vedrà prendere parte il club belga. Per un nostalgico potrebbe rappresentare un museo a cielo aperto del calcio di una volta, e pazienza per la ruggine sulle cancellate, le erbacce che serpeggiano tra le staccionate, la vernice che si stacca sulle gradinate delle tribune, la muffa nei locali interni. Per non parlare della Tribuna 2, chiusa da ormai due anni in quanto talmente fatiscente da non possedere i requisiti minimi di sicurezza per accogliere degli spettatori. Esiste una linea sottile che separa il tesoro vintage dal vecchiume da rigattiere, e il Bosuil con i suoi cento anni di attività (è stato aperto il primo novembre 1923) l’ha già varcata abbondantemente.

Oltre a essere un personaggio mondano e decisamente sopra le righe, Gheysens – il cui viso deformato dalla plastica facciale gli è valso il soprannome, usato tranquillamente anche dalla stampa, di Paulleke Botox, traducibile come Paolino Botulino, è un imprenditore di successo in ambito immobiliare. La sua Ghelamco è una società attiva anche fuori dai confini nazionali, specialmente nell’Est Europa, dove un paio di anni fa ha venduto a Google un grattacielo edificato a Varsavia per 583 milioni di euro. In ambito calcistico, invece, ha progettato e costruito lo stadio del Gent, la Ghelamco Arena, uno degli impianti più moderni del paese. Quello che nelle sue intenzioni dovrebbe diventare anche il Bosuil. Ma il terreno su cui sorge lo stadio non appartiene né a lui, né al club, né al Comune, ma a un privato che non ne vuol sapere di cederlo.

Tania Mijntens è una milionaria la cui fortuna deriva da una fiorente fabbrica di arredamenti in legno e mobili in rovere avuta in eredità dal padre. Nel 2008 ha salvato l’Anversa, prestando 500mila euro a un club all’epoca sull’orlo della bancarotta. La società non è riuscita a rimborsare il prestito entro i termini pattuiti, e la signora ha ottenuto come compensazione la proprietà dei terreni sui quali sorge il Bosuil per una cifra irrisoria. Terreni sui quali l’Anversa vanta un diritto di superficie fino al 2052, con un affitto di 51mila euro l’anno da versare alla società della Mijnans, la KTM Beheer. Ma è un vincolo che un imprenditore come Gheysens, non originario di Anversa e che ha rilevato il club anche per ragioni commerciali e di espansione della propria attività, non può tollerare. Il problema è che non si può convincere con i soldi una persona che di soldi ne ha già tanti, e infatti la Mijnans ha respinto al mittente qualsiasi offerta di vendita dei citati terreni, così come una proroga di altri cinquant’anni dei diritti di superficie. Motivo? Vuole evitare qualsiasi speculazione attorno al club, di cui è sempre stata tifosa. Nemmeno l’intervento del Sindaco e una petizione dei supporter locali sono riusciti a smuoverla. Il risultato è che la squadra campione di Belgio gioca su un campo di proprietà di un vicino di casa arrabbiato e, con la Champions alle porte, si presenterà – come scritto dal settimanale Voetbal International – come una profumeria costruita in mezzo a una discarica. Ancora una volta, surrealismo puro.

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