Pietro e Paolo, di Mario Sobrero (prefazione di Gaia Giovagnoli; Readerforblind), è un romanzo scomodo, che ebbe notevole successo al tempo della sua prima pubblicazione e che per decenni è finito nel dimenticatoio della narrativa contemporanea, per essere oggi ripubblicato e poter svelare ai lettori una delle grandi opere letterarie del Novecento italiano. Pietro e Paolo è una delle migliori storie che cercano di raccontare la speranza, la rabbia e il senso di rivalsa che ebbe il Biennio Rosso.

Pietro e Paolo sono due cugini, proletario il primo, borghese il secondo, che vivono su sponde opposte le vicende dell’immediato primo dopoguerra. La cornice della narrazione è Torino, città operaia per eccellenza, nella quale i due cugini si ritrovano immischiati nelle occupazioni delle fabbriche, da una parte, e nell’esaltazione dell’impresa di Fiume e della violenza del neonato fascismo dall’altra. Rappresentazione riuscita dello scontro tra ideologie e di un mondo lacerato in piena trasformazione, il secondo romanzo di Sobrero possiede una grande carica vitale e di profonda umanità che, senza falsi moralismi, si colloca tra le migliori opere di Émile Zola e Ottiero Ottieri.

Terra dei grandi numeri (traduzione di Milena Sanfilippo; Racconti Edizioni), è il riuscito esordio letterario, di Te-Ping Chen, ex corrispondente per il Wall Street Journal dalla Cina, che nei dieci racconti che compongono il volume svela i nuovi modelli culturali che si stanno imponendo tra le nuove generazioni cinesi (sia in patria, sia tra quelli della diaspora). Ragazzi svegli che diventano contestatori online del governo, contadini con la vocazione di inventare robot e aeroplani, figli che abbandonano la vita rurale per gettarsi anima e corpo nei misteri della borsa e della finanza, frutti ibridi che se mangiati portano prima la felicità e poi il riassopirsi di ricordi ingombranti, immigrati senza forza di volontà per tornare in Cina e che relegano la moglie (americana) a una gita intercontinentale, sola, nell’ex Celeste Impero.

Ambizione, stare al passo con una società in continua evoluzione, la mancanza di connessione emotiva con il passato e con un Paese lasciato alle spalle: questi i temi di una riuscita, originale raccolta.

Musica è storia, di Questlove (traduzione di Alessandro Besselva Averame; Jimenez Edizioni), è un volume che nasce dalla sinergia tra musica e storia, appunto. Ahmir “Questlove” Thompson, batterista e fondatore dei The Roots, nonché produttore, DJ, regista e critico musicale, ha redatto delle playlist e scelto un brano essenziale per ogni anno dal 1971 a oggi, concentrandosi, insomma, sull’ultimo mezzo secolo, durante il quale la cultura pop e la storia si sono mischiate, divenendo una cosa unica e originale nell’analisi, sia dal punto di vista creativo che da quello storiografico.

Curiosità, sviluppi di accadimenti reali, giudizi personali e soggettivazione di simboli comuni nazionali e internazionali, Musica è storia è un puzzle (ordinato) di un inedito punto di vista, perché, come scrive l’autore: “Quando penso alla storia ogni cosa è sempre legata alla musica. Non è un’esagerazione dire che concepisco l’America in cui viviamo come una serie di canzoni, in parte perché si tratta del parametro che utilizzo per qualsiasi cosa. Se ripenso alla mia infanzia, quasi ogni avvenimento è legato a una canzone“.

Come noi?, di Norbert Sachser (traduzione di Francesco Vitellini; Espress Edizioni), analizza i pensieri, i sentimenti e il comportamento degli animali. Il professore di Zoologia e direttore del Dipartimento di Biologia Comportamentale dell’Università di Münster, redige oltre duecentocinquanta pagine nelle quali svela aneddoti, racconti, spiegazioni emotive delle specie animali.

Anni di studi e di ricerche hanno permesso all’autore di scrivere questo godibile saggio, ci sono capitoli che affrontano il rapporto uomo-animale, lo stress dell’ambiente circostante la formazione di una personalità, l’essere egoisti per la salvaguardia della loro specie. Un testo per carpire meglio gli animali e scendere, come umani, dal piedistallo della specie eletta.

Stile (89books) e Non andare troppo lontano (Editrice Quinlan) di Federico Pacini, sono due agili volumi di immagini. Fotografie dell’abbandono, die margini e della quotidianità dimenticata. Galline, ragazzini che giovano in un campo da tennis fatiscente, cocomeri spaccati in un parcheggio, pezzi di carne dietro al bancone, bipedi annoiati, muri imbrattati di macchie: gli scatti di Federico Pancini hanno qualcosa di famigliare, qualcosa che rappresenta un luogo della mente che va dalla campagna italiana a un immaginario profondo ovest da romanzo americano, ma che richiama, al contempo, Peppone e Don Camillo da un lato e documentari sull’immensità dell’Asia centrale.

Si tratta, in fondo, di due libri capaci di risvegliare il ricordo di un mondo che fu e di far viaggiare l’immaginazione verso mondi altri. Personali e non interscambiabili.

Articolo Precedente

Brunello Cucinelli, il progetto per la rinascita di Castelluccio di Norcia dopo il terremoto: “Una piazza e un teatro, per una visione a cinque secoli”

next
Articolo Successivo

Memorie della rosa: l’emozionante autobiografia di Consuelo de Saint-Exupéry, la moglie dell’autore de “Il Piccolo Principe” – L’estratto in esclusiva

next