Se l’inizio della ribellione di Prigozhin ha creato confusione tra i russi, il suo sbalorditivo dietrofront li ha gettati nello sgomento totale, dando origine più a domande che risposte. I blogger pro Putin e i giornalisti dei media federali (asserviti alla propaganda dello Stato centrale) si sono trovati ieri nella situazione più difficile, non avendo ricevuto istruzioni su come reagire. All’inizio hanno assunto un atteggiamento attendista (“a Mosca risolveranno tutto senza di noi”) e non si sono schierati, riconoscendo che Prigozhin aveva ragione e c’erano problemi nell’esercito, ma la cosa principale era di prevenire spargimenti di sangue e l’inizio di una guerra civile. Dopo che Lukashenko ha “sistemato” il conflitto, giornalisti e politologi filogovernativi hanno cercato sui media ufficiali controllati di vendere un tale finale nelle seguenti tesi: meno male, eravamo sull’orlo di una catastrofe, ma ci siamo riusciti con poco sangue, diciamo grazie a Putin e Lukashenko che hanno avuto la saggezza di fermare tutto questo. Anche l’ideologo di estrema destra russo e grande sostenitore dell’invasione dell’Ucraina, Alexander Dugin ha lodato “il sovrano Lukashenko e il sovrano Putin” e la loro forte amicizia, mentre il politologo pro-Cremlino Sergei Markov ha affermato che “Putin e Prigozhin si sono comportati come europei” perché invece di entrare in conflitto si sono spesi in un ragionevole compromesso, ecco perché non sembrano eroi.

Ma a formulare analisi più realistiche che non idealizzano gli attori coinvolti sono numerosi politologi e analisti russi (quasi tutti residenti lontani dalla Russia) che sui loro canali Telegram ragionano sull’indebolimento dello zar e dell’apparato che avrebbe dovuto fermare il capo della Wagner. “Quasi tutti sono riusciti a mantenere la sanità mentale e il buon senso, ma quasi nessuno è riuscito a salvare la faccia”, ha detto il politologo Mikhail Vinogradov, lontano dalla propaganda e presidente della St. Petersburg Politics Foundation. La ribellione di Prigozhin ha messo in luce la debolezza e la disorganizzazione della difesa russa: i mercenari sono riusciti ad attraversare il confine russo, marciare per 700 chilometri e prendere il controllo di due centri federali. “Tutti hanno visto che il sistema era bucato e non poteva offrire alcuna resistenza a Prigozhin“, nota Abbas Gallyamov, ex stratega politico del Cremlino, ora in Israele. Il politologo Vladimir Pastukhov dall’University College di Londra ritiene che sia stato un giorno di vergogna per le autorità e per lo stesso Putin: “L’impotenza della polizia e della Guardia Nazionale; prima il sordo silenzio di Putin durante la notte e poi il dubbio discorso sulla ribellione; […] città che si arrendono senza combattere; aerei con l’élite che vola via; la confusione dei propagandisti rimasti senza manuali. Queste 24 ore sono state micidiali per la reputazione di Putin e del regime, e rimarranno per sempre impresse nell’inconscio pubblico”.

In effetti, gli eventi hanno inferto un duro colpo all’autorità di Vladimir Putin. Non ha aiutato neanche il fatto che i governatori e le istituzioni statali come scuole, asili e biblioteche pubblicassero nei loro social dei messaggi (tutti uguali) a sostegno del presidente. Putin, che ha sempre rifiutato di negoziare con i terroristi, fa un patto con coloro che ha appena definito traditori e garantisce personalmente la loro sicurezza. “Putin è finito ieri”, concludono molti commentatori. La politologa e professoressa di relazioni internazionali alla New School di New York, Nina Khrushcheva, nipote di Nikita Khrushchev che vive in Usa, sottolinea che dopo tutto quello che è successo, non si è nemmeno rivolto ai russi: “Non ritiene necessario parlare con la gente, e questa è la sua debolezza principale”. Khrushcheva definisce gli eventi di ieri come l’inizio della fine di questo potere.

Per quanto riguarda Yevgeny Prigozhin, la maggior parte dei commentatori concorda sul fatto che si sia venduto. “Alla fine non ne è nato un progetto politico. Il capo della Wagner pare sia stato semplicemente pagato”, dice Abbas Gallyamov. Pastukhov è d’accordo con lui: “Sembra che gli sia stata fatta un’offerta che non poteva rifiutare”. Tuttavia, indipendentemente dalle garanzie che Prigozhin ha ricevuto, una volta che la sua formazione verrà disarmata, la stessa sorte potrebbe toccare anche a lui. “Non crederò mai che Putin dimenticherà e perdonerà il tradimento di Prigozhin, non importa dove e per quanto tempo stia”, è sicuro l’ex capo di Ekho Moskvy, il giornalista di opposizione e amico personale del portavoce del Cremlino Peskov Alexei Venediktov. I commentatori filogovernativi ritengono che la Wagner non abbia futuro in Russia dopo l’incidente. “Questi accordi rimuovono Prigozhin dall’elenco dei principali partecipanti alle prossime elezioni parlamentari”, scrive il blogger pro Putin Yuriy Podolyaka. “Anche se in un anno poteva diventare un avversario molto pericoloso”. Gallyamov, però, ritiene che la questione di Prigozhin non sia ancora chiusa e “l’ex cuoco rimane un attore chiave nella politica russa”.

Per gli oppositori del Cremlino è stata una giornata “piena di significato e gioioso presentimento” della guerra civile. Tutti hanno applaudito che il sistema di potere di Putin stava andando in rovina, mentre singoli leader dell’opposizione russa (Mikhail Khodorkovsky, Garry Kasparov e alcuni sostenitori di Navalny) hanno persino invitato ad aiutare Prigozhin in ogni modo possibile. Quando si è scoperto che non c’era nessuno da aiutare, hanno proposto di nascondere le armi fino a tempi migliori. “Ne avremo bisogno presto”, ha scritto Khodorkovsky. “Questa scappatella ha notevolmente indebolito il regime. Tali situazioni si verificheranno ancora. Dobbiamo essere più preparati. Questo è solo l’inizio…”. A Khodorkovsky fa eco l’ex ministro della Difesa della Repubblica popolare di Donetsk e il turbopatriota numero uno in Russia Igor Girkin (Strelkov): “Penso che nulla sia ancora finito.” Anche i “patrioti arrabbiati”, convinti che una guerra civile fosse inevitabile, erano quasi pronti a unirsi alla lotta per il potere, ma la sera erano già sopraffatti dalla delusione e dalla rabbia. Sono insoddisfatti del fatto che presumibilmente non ci sia più un’autorità centrale nel paese: “In epoche passate, non c’è mai stata una pagliacciata così infame”, scrive Strelkov. “I bastardi erano chiamati bastardi, e banditi e traditori non furono amnistiati, ma impiccati”.

In termini di illegalità e logica capovolta, è difficile non essere d’accordo, indipendentemente dal campo politico a cui si appartiene. Al mattino Putin chiede di punire i ribelli che conquistano le città e abbattono gli elicotteri dell’esercito russo, e la sera stringe loro la mano e interrompe il procedimento penale. “Questo è il film porno più lampante che avete mai visto chiamato ‘stupro collettivo della statualità’. La Russia ha visto molto, ma ammettiamo che questa è la prima volta che si verifica una vergogna di questo livello”, afferma il blogger dell’opposizione StalinGulag. Durante l’offensiva di Prigozhin, 15 piloti dell’esercito russo sono stati uccisi. “Ecco il vero test per il patriottismo“, scrive StalinGulag. “Quanti degli Z-stronzi (riferendosi ai patrioti, ndr) domani ricorderanno la morte di questi ufficiali e chiederanno un processo? La risposta è: zero”. In effetti, propagandisti e Z-blogger si rallegrano che le vittime non siano state più di 15 e non chiedono la testa di nessuno.

Alexander Dugin ricorda la “vile” diserzione delle élite e, come al solito, chiede di “ideologizzare patriotticamente la classe dirigente, […] altrimenti tutto si ripeterà”. Avverte che quello che è successo deve ancora essere compreso: “Le conseguenze di quanto accaduto saranno colossali. È una tappa fondamentale. La prova più seria. Lo stato e la società sono già cambiati nel processo di questo orrore. Irreversibile”. Vladimir Pastukhov prevede lo stesso: “Ci saranno conseguenze, e gravi. Questo è un ennesimo colpo di stato ritardato, con una completa riformattazione del sistema. Dovremmo aspettarci sia disposizioni comportamentali che un aumento del livello di repressione. Ci sarà la vendetta per questa paura, come no. Putin appare uno sciocco e non si può fare nulla al riguardo”. La tragedia si è trasformata in una commedia, dice il politologo: “Ora tutti sanno che il re è nudo e ridicolo. Prigozhin, essendo lui stesso un buffone, è riuscito a far sembrare l’intero regime di Putin una buffonata”.

Finora, la ribellione di Prigozhin è più simile non a una commedia, ma a un circo, lo stesso circo di Rostov, alle cui porte ieri era così simbolicamente incastrato un carro armato Wagner. A proposito, il post su Telegram in cui Prigozhin annuncia che la ribellione è finita, ha ottenuto quasi 8 milioni di visualizzazioni e più di centomila pollici in giù, ma l’emoji “pagliaccio” rimane al primo posto in termini di numero di reazioni: ce ne sono quasi 400mila. Scherzi a parte, come dice Pastukhov, “verrà l’ora in cui qualcuno vorrà replicare. Non più per scherzo, ma sul serio”.

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