di Kevin De Sabbata*

Nel suo ultimo blog qui su ilfattoquotidiano.it, Sara Gandini solleva una serie di importanti questioni e di critiche certamente non senza merito in relazione alla campagna vaccinale contro il Covid-19 e al caso di Novak Djokovic. In molti paesi la gestione della pandemia e delle vaccinazioni anti-Covid è stata inficiata da errori e ha mostrato in modo plateale i limiti dell’approccio dominante alla sanità pubblica. Tuttavia, vi sono alcuni aspetti etico-giuridici di cui bisogna tenere conto e che possono contribuire ad ampliare ulteriormente il dibattito.

Il problema, nel caso Djokovic, è che di mezzo c’era la violazione di norme di legge. Il diritto è un’espressione dell’autorità e della sovranità dello stato e opera in base al principio di eguaglianza. Per questo, tollera malvolentieri le eccezioni ad personam. Ora, io stesso sono profondamente in disaccordo con molte delle norme e delle prassi applicate in quella vicenda, per esempio dal governo australiano. Tuttavia, è il trattamento riservato a qualsiasi straniero che cerchi di entrare in Australia e la cui validità giuridica e costituzionale è stata, alla fine, confermata da giudici indipendenti di quell’ordinamento. Spesso, nella vita, ci troviamo davanti a leggi che non ci piacciono, ma ci tocca comunque obbedire ad esse; dura lex sed lex. Per questo la posizione no-vax di Djokovic, pur comprensibile sul piano della moralità e delle convinzioni individuali, non può definirsi legittima sul piano etico-giuridico.

La libertà di cura e il diritto all’autodeterminazione del paziente sono principi fondamentali e sacrosanti del diritto della medicina e dell’etica medica, in cui il rapporto-medico paziente viene considerato nella sua dimensione individuale. Qui, però, siamo in un ambito diverso, quello del diritto e dell’etica della sanità pubblica, che disciplinano la salute come fatto collettivo. In questo ambito è del tutto giustificato limitare la libertà e l’autonomia del singolo se ciò è necessario per tutelare la salute della collettività. Sia la nostra Corte Costituzionale che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno confermato la legittimità di obblighi vaccinali anche in presenza di effetti collaterali (che comunque ci sono in ogni farmaco). Inoltre, nel nostro come in molti altri ordinamenti, obblighi vaccinali vengono regolarmente e legittimamente imposti anche al di fuori di situazioni di emergenza sanitaria. Peraltro, il fatto che non appena il rischio derivante dalla circolazione di SARS-CoV-2 ha cominciato a diminuire e le varie restrizioni sono state smantellate Djokovic sia potuto tornare a giocare e a vincere (meritatamente) sono un esempio dello sforzo di imporre tali misure solo quando necessario.

Naturalmente, tutto questo non vuol dire che l’imposizione per legge di un obbligo vaccinale, come di altre misure per il contenimento delle epidemie, non sia di per sé altamente problematica. L’approccio alla gestione della pandemia è stato sicuramente riduzionistico. Tuttavia, ciò è inevitabile quando si ha che fare con norme imperative. Quando il diritto interviene nel campo complesso e fluido della sanità pubblica porta sempre a rigidità e misure potenzialmente oppressive. Per questo bisognerebbe usarlo il meno possibile.

Tuttavia, durante la pandemia, l’intervento a gamba tesa della legge è stato spesso reso inevitabile dall’impreparazione dei nostri sistemi politici e sanitari. Come sottolineato da alcune organizzazioni nel campo della bioetica, nel gestire crisi sanitarie e promuovere l’accesso ai vaccini, è sempre preferibile usare mezzi non coercitivi basati sulla persuasione. Tuttavia, ciò presuppone un sistema ospedaliero e soprattutto di medicina del territorio molto meglio finanziato e organizzato di quanto accade oggi, un approccio olistico alla sanità pubblica che tenga conto di uno spettro ampio di conoscenze (incluse quelle prodotte nel campo delle scienze sociali). Servono anche esperti capaci di comunicare informazioni in maniera chiara ed una cultura scientifica diffusa. Sono tutte condizioni che finora non si sono materializzate.

Purtroppo, il diritto agisce sulla base della realtà così com’è e non come dovrebbe essere in un mondo ideale. Se vogliamo evitare le controverse misure che abbiamo visto durante la pandemia, dobbiamo lavorare per un cambiamento profondo sia a livello di organizzazione sanitaria che di società in generale. Visto quanto velocemente ci siamo dimenticati del Covid una volta passata la fase acuta dell’emergenza, non sono molto ottimista che questo accadrà.

*docente presso la Facoltà di Giurisprudenza della Keele University, Inghilterra
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