No a “processi sommari” fino all’indagine o a un possibile rinvio a giudizio. Poi si vedrà: la questione delle dimissioni si aprirà solo nel caso in cui emergessero nuovi sviluppi giudiziari. È questa la linea di Fratelli d’Italia sul caso della ministra del Turismo, Daniela Santanché, che sta imbarazzando il governo: dopo le inchieste del Fatto Quotidiano e di Report sulle sue società Ki Group e Visibilia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è preoccupata dagli sviluppi della vicenda e Lega e Forza Italia chiedono che Santanché vada a spiegare in aula. Questa mattina però “Ore Otto” – il mattinale curato dall’ufficio stampa di Fratelli d’Italia – ha dato la linea ai parlamentari meloniani sull’affaire Santanché: niente “processi sommari” perché al momento si tratta solo di “un’inchiesta giornalistica”.

Una difesa d’ufficio dietro cui si cela un non detto: fino alla chiusura indagini e senza una chiara notizia che veda la ministra indagata, Santanchè resta al suo posto. Ma nel caso in cui si dovessero concretizzare sviluppi giudiziari negativi, si aprirebbe tutto un altro scenario: a quel punto la ministra del Turismo sarebbe sempre più in bilico. Quella di Fratelli d’Italia è anche una risposta al veleno nei confronti di Lega e Forza Italia che ieri hanno chiesto a Santanché di venire in Parlamento a spiegare.

Nella rassegna stampa con gli “spunti” per dare la linea a deputati e senatori di Fratelli d’Italia viene dedicato un ampio paragrafo al caso Santanché. Dopo aver riferito che la ministra sporgerà querela nei confronti di Report, si accusa la sinistra di “cercare il processo mediatico” invocando “la libertà di stampa e l’importanza del giornalismo di inchiesta (attribuendo a questa importante forma di informazione, anche, la valenza di giudice e giuria)” ma anche “il tribunale del popolo come la petizione online lanciata per chiederne le dimissioni”.

Poi però si entra nel merito della questione indicando la linea ai parlamentari. “Non fa bene all’Italia trasformare ogni questione in una battaglia tra il bianco e nero, tra Guelfi e Ghibellini – è l’incipit –. Ci sono le leggi che parlano chiaro, a partire dalla Costituzione dove, all’articolo 27, è ben esplicito il principio di non colpevolezza”. Quindi “se i giornalisti svolgono il loro lavoro e i magistrati fanno altrettanto, non possiamo accettare un ritorno ai medievali processi sommari di piazza”. Frecciata rivolta anche agli alleati di maggioranza.

E ancora: “Per quanto concerne il caso legato a una presunta indagine che coinvolgerebbe le società gestite dal ministro Santanché siamo per ora di fronte a un’inchiesta giornalistica. Lo stesso ministro ha dichiarato di non aver ricevuto nessun avviso di garanzia da parte della magistratura, tantomeno un avviso di conclusione indagini a suo carico con conseguente rinvio a giudizio. Questi sono i fatti”. Il passaggio conclusivo delinea la strategia: “Chiedere ora dimissioni o considerare, anche nelle dichiarazioni, il ministro colpevole è non solo poco elegante ma rappresenta anche una violazione della normativa nazionale ed europea”. Come dire: se emergeranno altri sviluppi giudiziari, a quel punto si aprirà un altro scenario.

Insomma, il partito mette già le mani avanti su possibili sorprese dei prossimi giorni. Un timore che aleggia anche nelle stanze di Palazzo Chigi: nel governo c’è la paura di quel che potrebbe emergere da una possibile conclusione delle indagini su Visibilia che dovrebbe arrivare a stretto giro. Il rischio, a quel punto, è che la pressione mediatica si faccia troppo forte fino ad arrivare al passo indietro di Santanché. Meloni glielo ha già riferito in un colloquio avuto con la ministra giovedì. Anche Salvini, che si è accorto delle difficoltà della premier, ha mandato avanti il suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari per chiedere alla ministra di venire a spiegare in aula.

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