Le politiche restrittive della Bce mettono a dura prova i bilanci delle famiglie che negli anni scorsi hanno acceso un mutuo a tasso variabile e non hanno colto l’attimo per surrogare (cioè trasferire il prestito a un’altra banca) e passare al fisso prima dell’esplosione dei tassi. Con il nuovo rialzo di giovedì, che ha portato il tasso di riferimento al 4% e quello sui depositi delle banche presso l’Eurotower al 3,5%, anche l’Euribor a cui sono indicizzati i mutui variabili è destinato a salire. Finora, secondo l’osservatorio di Mutuionline.it, chi a gennaio 2022 pagava una rata di 472 euro per mutuo trentennale da 160mila l’ha già vista salire del 66,8%, a 787 euro, e adesso la vedrà probabilmente lievitare a oltre 800 euro (+72%). Ilfattoquotidiano.it raccoglierà, all’indirizzo mail redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, le storie dei lettori che tra il caro prezzi e questi aumenti – che l’inflazione dovrebbero contrastarla – si trovano in difficoltà e hanno dovuto cambiare stile di vita: scriveteci indicando nell’oggetto la parola Mutui.

Tornando ai dati, rispetto a gennaio 2022 la rata di un mutuo variabile sempre da 160mila ma a 20 anni è già aumentata del 40,3%, da 694 a 974 euro, secondo Mutuionline, e con questa ultima stretta arriverà a 995: il 43% in più rispetto a un anno e mezzo fa. Chi aspira a comprare casa adesso, come emerge dall’Osservatorio MutuiSupermarket, si vede proporre un tasso variabile medio del 4,36%, mentre quello fisso è al 3,7%. Le richieste di mutui variabili, che nell’agosto 2022 erano ancora al 26%, sono di conseguenza crollate al 2%. Ed è per ovvi motivi in continuo aumento il reddito medio dei consumatori che richiedono un prestito: chi non ha un capitale di partenza di fronte a questi tassi tende ad aspettare tempi migliori.

Gli intestatari di mutui a tasso variabile in Italia sono una minoranza. Ma cosa avrebbero potuto fare quando l’Eurotower ha avviato la stretta monetaria? Da un lato, le liberalizzazioni di Bersani (2007) hanno consentito di trasferire a costo zero il proprio mutuo a un’altra banca che offra condizioni migliori, modificando anche la tipologia di indicizzazione (variabile o fisso) e la durata. Dall’altro la legge di Bilancio per il 2023, riesumando una norma del 2012, ha imposto agli istituti di credito di accettare la trasformazione da variabile a fisso proprio per andare incontro a chi era messo a dura prova dai continui ritocchi ai tassi. Ma per beneficiare di quella misura occorre rispettare diverse condizioni: Isee sotto i 35mila euro, un mutuo di non oltre 200mila stipulato fin dall’inizio a tasso variabile senza cap, zero ritardi nel pagamento delle rate. Paletti, soprattutto quello Isee, difficili da rispettare per una famiglia media con due redditi che sia stata in grado di accendere un prestito corposo e – al netto del mutuo – abbia casa di proprietà. Se avete tentato di rinegoziare scoprendo che non rientravate nella platea coperta dalla norma raccontateci le vostre esperienze anche su questo a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it.

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