“L’abuso d’ufficio era ed è ancora un reato così evanescente che complica soltanto le cose senza aiutare minimamente, anzi ostruendo le indagini, perché intasa le Procure della Repubblica di fascicoli inutili“. Da Taormina, parlando a un evento organizzato nell’ambito della fiera del libro Taobuk, il ministro della Giustizia Carlo Nordio torna a difendere il suo ddl di riforma della giustizia, approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri, in cui si prevede – tra le altre cose – la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio, cioè della condotta del pubblico ufficiale che favorisce o danneggia intenzionalmente altri violando la legge. Una scelta criticata da quasi tutti gli addetti ai lavori e anche dall’Anm (Associazione nazionale magistrati), la sigla di rappresentanza di giudici e pm, tramite il suo presidente Giuseppe Santalucia. Per tutta risposta, Nordio aveva definito le osservazioni dei suoi ex colleghi “inammissibili”: “Il magistrato non può criticare le leggi, come il politico le sentenze. Il governo propone e il Parlamento dispone. Questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze“, diceva a Sky.

Ora, rispondendo a chi gli chiede conto di quelle parole, il ministro ritratta in parte, ma concentra gli attacchi sull’Anm e su Santalucia: “Se un magistrato singolarmente ritiene, dal suo punto di vista, che una legge sia sbagliata, nessuno ha il diritto di togliergli la parola o di dire che interferisce. Io stesso quando scrivevo sui giornali criticavo l’aspetto tecnico delle leggi”, ammette ora. Ma aggiunge: “In questo caso non era un magistrato qualunque. Era il rappresentante dei un sindacato di magistrati che aveva, prima ancora che fosse noto ufficialmente il testo del disegno di legge, pronunciato tutta una serie di critiche severissime. Tutte queste cose secondo me in corretto italiano significano interferenze“, dice. Poi nega all’Associazione persino il diritto di dialogare con l’esecutivo sulle riforme in cantiere: “Si pone come interlocutrice della politica del governo senza tener conto che l’interlocutore istituzionale del governo e della politica non è il sindacato ma il Consiglio superiore della magistratura“, afferma. “Nel mio mondo ideale, che è quello di Montesquieu, i rappresentanti dei giudici non possono e non devono criticare le leggi in formazione”. Dopo qualche ora di silenzio, Santalucia replica con una nota breve ma incisiva: “Alle parole del ministro non può che replicarsi ricordando che i magistrati, e l’Anm che ne ha da oltre un secolo la rappresentanza, hanno non solo il diritto ma anche il dovere di prendere parola, per arricchire il dibattito sui temi della giustizia. Perchè in tal modo ampliano il confronto e contribuiscono, con il loro punto di vista argomentato e ragionato, a migliorare ove possibile la qualità delle riforme. Questa è l’essenza della vita democratica“.

Il Guardasigilli replica a muso duro anche alle critiche arrivate da Franco Coppi, ex legale di Silvio Berlusconi, che ha bocciato l’abolizione dell’abuso d’ufficio sostenendo che in questo modo “i pm indagheranno per corruzione”, perché “si allargherà il concetto di utilità” prevista come prezzo dell’atto contrario ai doveri d’ufficio. “Mi rifiuto di pensare che un pm, se non riesce a contestare un reato, ne cerchi un altro. Il pm deve guardare i fatti. E se quel fatto si inserisce nella struttura tipicizzata del reato dell’abuso di ufficio, e oggi è abrogato, è inutile che lo inserisca nella struttura tipica del reato di corruzione, che è completamente diversa. Se così accadesse, significherebbe che quel pm non sta guardando al reato ma al reo, cioè alla persona che vuole colpire e che magari è un politico“, attacca Nordio. E poi ritira ciò che lui stesso aveva affermato due giorni fa: “Qualcuno ha detto che abbiamo approvato questa riforma della giustizia perché essendo morto Berlusconi volevamo tributargli un omaggio. Come se 24 pagine di articolati sui codici penali, di procedura penale, si potessero scrivere per celebrare la morte di un uomo. È chiaro che è un lavoro che è andato avanti da mesi”, dice. Ecco invece cosa diceva, sempre a Sky, due giorni fa: “È un tributo per la sua battaglia per una giustizia più giusta, c’è il rammarico di impedirgli di assistere al primo passo verso una riforma radicale in senso garantista che lui auspicava”.

Nel frattempo si schiera contro la riforma anche Area democratica per la giustizia, il maggiore gruppo progressista della magistratura. In un duro comunicato, il coordinamento sottolinea che il “modello che emerge con vivida chiarezza” dal ddl è quello di un “diritto diseguale“. L’abolizione dell’abuso d’ufficio, “in concomitanza con la riduzione dei controlli devoluti alla Corte dei conti, è destinata ad aprire una stagione nella quale la spesa dei fondi europei del Pnrr avverrà in modo magari più veloce ma sicuramente più esposto allo sperpero e all’approfittamento illecito da parte degli amministratori pubblici e degli imprenditori disonesti, oltre che condizionati da gruppi criminali”, si legge. Con l’interrogatorio di garanzia antecedente alla misura cautelare, gli indagati per reati “propri della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia godranno di maggiori cautele e potranno avere conoscenza anticipata delle indagini che li riguardano, con il rischio concreto che ne approfittino per sottrarsi all’azione giudiziaria ed inquinare le prove”. Anche la norma che limita il diritto di pubblicare le intercettazioni, attaccano le toghe progressiste, è “esplicitamente destinata a sottrarre alla responsabilità politica e al giudizio della collettività personaggi pubblici, depositari di responsabilità politiche e di consistente potere economico e relativa capacità di influenza: con queste norme, ad esempio, non avremmo mai saputo dell’esistenza dello scandalo Palamara e delle trame dell’hotel Champagne“.

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