La figura più autorevole del pensiero liberale italiano, scuola politica a cui Silvio Berlusconi ha sempre affermato di ispirarsi, Luigi Einaudi era favorevole ad un prelievo molto alto sulle eredità. Al punto, quantomeno nella teoria, di non guardare con sfavore ad aliquote feroci, non distanti dal 100% del valore del lascito. Solo così, era il ragionamento di Einaudi, tutti sarebbero davvero partiti alla pari (presupposto imprescindibile per qualsiasi “meritocrazia” degna di una qualche cedibilità) e lo Stato avrebbe avuto a disposizione più risorse per livellare ulteriormente il campo di gara. La ricchezza sarebbe stata frutto di lavoro e impegno, non della fortuna di essere nati nella famiglia giusta. Al di là degli omaggi di rito, il pensiero di Einaudi in Italia non ha mai attecchito, tanto meno per quanto riguarda la (sacra) famiglia. La tassa di successione è oggi una delle più basse al mondo (fino a un milione di euro non si paga nulla) anche grazie alle riforme volute dallo stesso Berlusconi. Non che prima i miliardari fossero vessati. Come ebbe modo di ricordare l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco a Ilfattoquotidiano.it, l’aliquota sulle eredità è stata fissata al 5% per la semplice ragione che questo prelievo rendeva poco conveniente spostare i soldi all’estero per far si che che sfuggissero a qualsiasi prelievo. Il governo Berlusconi la tolse del tutto nel 2001, il governo Prodi la reintrodusse nel 2006 ma con un’aliquota di solo il 4% (nel caso di passaggi a figli, coniuge, genitori) e un’esenzione totale per il primo milione.

Naturalmente questo stato di cose va a vantaggio soprattutto di chi dispone di grandi patrimoni. Da decenni tra gli uomini più ricchi del paese, se Silvio Berlusconi fosse nato in Francia, Germania o negli Stati Uniti avrebbe dovuto restituire alla collettività una quota ben più significativa del suo patrimonio. In Germania il prelievo arriva al 30%, in Francia e negli Stati Uniti al 45%. In Italia è particolarmente alta anche la soglia di completa esenzione (1 milioni di euro). In Germania ci si ferma a 400mila euro, in Gran Bretagna a circa 600mila, Francia 100mila. Solo gli USA hanno un’asticella più alta (11 milioni di euro) dopo di che interviene però un’aliquota che è 11 volte più alta di quella italiana. Certo, al di là delle aliquote i miliardari hanno molti modi per mettere i loro patrimoni al riparo da qualsiasi pretesa fiscale. Esiste una gigantesca industria fatta di banche, consulenti, studi legali che si occupa solo di questo. Tuttavia, salvare almeno la forma…. Facciamo qualche esempio di scuola. Un figlio che eredità dai genitori 10 milioni di euro in Italia paga allo Stato una tassa di successione di 360mila euro. In Francia pagherebbe quasi 4 milioni di euro (l’aliquota del 45% si applica sopra gli 1,8 milioni, prima ci sono altri 4 scaglioni), in Germania poco meno di 2 milioni di euro. Veniamo al caso Berlusconi che potrebbe lasciare ai figli oltre 6 miliardi di euro. Ipotizzando, in via del tutto teorica, che questo avvenisse con un semplice lascito testamentario, al fisco andrebbero 240milioni di euro. In Francia pagherebbe invece allo Stato 2,7 miliardi, in Germania 1 miliardo e 800 milioni.

A complicare il calcolo, nella realtà, ci sono anche le base imponibili (ossia i beni che vengono inclusi nella somma su cui applicare il prelievo). Tuttavia nella sostanza non sembrano esserci stravolgimenti tra un paese e l’altro. Non è un caso d’altrnde che in Italia quello che lo Stato incassa dalle eredità sia appena lo 0,1% del gettito complessivo. In Francia è più di 10 volte tanto (1,39%), in Germania il quintuplo (0,5%). Né a senso parlare di cittadini italiani particolarmente tartassati in vita e lasciati in pace almeno da morti. La tassazione sui redditi non è diversa da quella di altri paesi europei, tra cui appunto Francia e Germania. L’aliquota più alta, ossia che riguarda solo chi guadagna molto, in Italia è al 43%. In Francia al 49%, in Germania al 47%.

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