Un italiano su cinque rischia la povertà, poco meno di 12 milioni di persone. Lo segnala l’Istat nel suo rapporto Condizione di vita e reddito delle famiglie 2021-2022. Il 20,1% dei cittadini dispone infatti di un reddito netto equivalente inferiore al 60% di quello mediano (ossia 11.155 euro). A livello nazionale la quota a rischio di povertà rimane uguale al 2021. Sale però al Sud (dal 33,1 al 33,7%) e, lievemente, al Centro (da 15,8 a 15,9%). Cala invece nel Nord Est, da 11,5 al 10,4%. Nell’intero paese il 4,5% della popolazione (circa 2 milioni e 613mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei tredici individuati dal nuovo indicatore (Europa 2030). Rispetto al 2021 (la quota era del 5,9%) vi è una decisa riduzione delle condizioni di grave disagio, grazie alla ripresa dell’economia dopo la crisi pandemica e l’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari. Nel 2021 si stima che le famiglie abbiano percepito un reddito netto pari in media a 33.798 euro, ossia 2.817 euro al mese. Nel secondo anno della pandemia da Covid-19, con la progressiva e graduale ripresa delle attività economiche e sociali, il reddito delle famiglie è tornato a crescere rispetto all’anno dell’iniziale shock pandemico sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%). Il reddito totale delle famiglie più abbienti è stato di 5,6 volte quello delle famiglie più povere (rapporto sostanzialmente stabile rispetto al 2020). Tale valore, sottolinea l’Istituto di statistica, sarebbe stato più alto (6,4 volte) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie.

Nel corso del 2021 il reddito di cittadinanza (RdC) ha consolidato il suo ruolo come misura strutturale di contrasto della povertà: se nel 2019 le famiglie beneficiarie del RdC erano state 970mila, pari al 3,8% del totale delle famiglie italiane, e nel 2020 tale quota era salita al 5,3%, nel 2021 si stima siano state circa 1,5 milioni le famiglie percettrici di RdC, il 5,9% del totale, con un beneficio annuo pari in media a 5.522 euro. Tale quota sale al 14,4% per le famiglie del quinto più povero e all’8,7% per quelle del secondo quinto. L’impatto del trasferimento è stato in media di circa il 30% del reddito familiare complessivo (e fino al 42,4% per il quinto delle famiglie più povere). L’11,2% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ha ricevuto almeno una mensilità del RdC, quota di gran lunga superiore a quella registrata nel Nord-est (1,5%), nel Nord-ovest (3,9%) e nel Centro (4,3%). Le famiglie con 5 o più componenti hanno usufruito del RdC in misura maggiore rispetto alle famiglie meno numerose: circa il 10% delle prime, rispetto a una quota compresa tra il 5% e il 7% per le famiglie di dimensione inferiore. Circa l’11% delle famiglie con almeno un componente straniero ha percepito il RdC, più del doppio della quota relativa alle famiglie formate da soli cittadini italiani.

“Nel suo report sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie, l’Istat conferma che in Italia più del 20% della popolazione è a rischio di povertà. Ci dice anche che nel 2021 il Reddito di cittadinanza ha evitato la caduta di ben 6 punti percentuali del reddito disponibile delle famiglie del primo quintile (il 20% delle famiglie più povere). Eppure il Rdc è stato abolito e l’Italia è ora l’unico paese europeo privo di uno strumento universale di contrasto alla povertà”, così, in una nota la deputata Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Partito Democratico.
“I dati diffusi oggi dall’Istat sono molto preoccupanti e mostrano quanto sia un grave errore perseverare nella cancellazione del reddito di cittadinanza che, nonostante le criticità, in questi anni ha contribuito a ridurre divari e disuguaglianze. Per questo chiediamo di modificare il decreto lavoro”. Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi commenta il report. I dati Istat sono “da terzo mondo! Anche se le misure emergenziali di sostegno al reddito introdotte durante il periodo di pandemia e il reddito di cittadinanza sono certo serviti a contrastare la povertà, ridurre le disuguaglianze e sostenere i redditi, la situazione resta comunque vergognosa, non degna di un Paese civile. Avere un quarto della popolazione a rischio povertà è inaccettabile”. Lo afferma in una nota Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.

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