Presto tra i banchi arriverà Chat Gpt. A dare il benestare all’intelligenza artificiale sono i dirigenti scolastici, a partire dal numero uno dell’Associazione italiana presidi, Antonello Giannelli. Pochi la sanno usare ad eccezione di qualche raro caso come Alfonso D’Ambrosio, a capo dell’istituto comprensivo Lozzo Atestino, che già usa Chat Gpt per scrivere le circolari. Molti dirigenti, però, sono pronti per cominciare a prepararsi per usare la nuova tecnologia: chi fa scuola si rende conto di essere già in ritardo e chiede formazione e regole per poter affrontare il futuro.

Tra i più preparati nell’uso dell’intelligenza artificiale c’è appunto D’Ambrosio, che ha alle spalle una laurea in fisica e un dottorato in ingegneria aerospaziale: “Uso Chat Gpt da mesi, ogni giorno anche per fare delle circolari. Ma non può essere considerata un oracolo, richiede una programmazione”. In aula, il preside alza l’asticella dell’attenzione: “In classe può sostituirsi al pensiero critico dei ragazzi. Un conto è che a 45 anni lo usi il dirigente, un altro che un ragazzo di 14 anni scriva un tema di fantasia con Chat Gpt. I docenti devono essere consapevoli e preparati a mettere tra le mani dei ragazzi questo strumento”. Per D’Ambrosio l’Italia arriva tardi: “Sinceramente non siamo in una situazione in cui abbiamo presidi preparati per affrontare questa questione. Con l’intelligenza artificiale puoi generare immagini, uno strumento molto delicato se messo in mano a un ragazzo. Dunque va regolamentato, serve fare formazione”.

Ad abbracciare il pensiero dell’ingegnere-preside è Giannelli, che a ilfattoquotidiano.it spiega: “E’ uno strumento che va usato per trarne un vantaggio. Bisogna capirne le potenzialità. Più si va avanti più diventa impraticabile la scuola vecchia maniera, va cambiata. Chat Gpt non fa altro che confermare che un certo tipo di attività didattica è vetusta. E’ difficile cambiare, dovrebbe essere il datore di lavoro ad organizzare una formazione. I medici oggi usano il laser oltre al bisturi. Bisogna evolversi. La nostra scuola è arretrata rispetto ad altre, ciò non significa che è la peggiore del mondo. Si tratta di fare tanta formazione: c’è un’emergenza educativa sugli apprendimenti”.

Si allinea a Giannelli anche la presidente dell’Anp Lazio e preside del liceo Newton di Roma,Cristina Costarelli: “Da sempre dico che l’intelligenza artificiale è una grande risorsa e ostacolare queste evoluzioni tecnologiche è anacronistico. Va conosciuto questo strumento per averne consapevolezza”. Più moderato il parere di Ludovico Arte, a capo del Marco Polo di Firenze: “Ancora non ho un’idea precisa rispetto al suo uso. Spesso ne parliamo senza sapere i pro e i contro. Una scuola moderna deve sperimentare e poi valutare se porre dei limiti e come gestirla. Non ho paura, la mia intenzione è di sperimentare in classe il prossimo anno e insieme ai ragazzi e ai docenti decidere se porre delle condizioni, dei limiti”.

Ad alzare le mani è Francesca Cellai, preside dell’alberghiero Buontalenti nel capoluogo toscano: “La scuola è molto tradizionale tant’è che gli istituti dove si applica la didattica innovativa sono definiti all’avanguardia. Introdurre Chat Gpt è affare delicato: un conto se lo usa il dirigente, un conto se a farlo sono milioni di docenti che dovrebbero formarsi per introdurre questo tipo di didattica. Abbiamo un sistema che non è ancora 4.0 e a grosse macchie di leopardo. Certo è che se gli alunni lo usano, bisogna pur aggiornarsi”.

Uno dei maggiori esperti in Italia è invece Mauro Bordignon, head of Academics and pedagogical innovations presso presso h – farm International Schools a Treviso. E’ lui ad occuparsi del 4.0 di due scuole a Venezia entrambe con ragazzi dai 3 ai 18 anni e di h-farm International School Rosà che è una paritaria con primaria e secondaria di primo grado. Lì già si lavora in aula con il metaverso. “A breve – spiega – faremo formazione su Chat Gpt e sul suo uso come assistente del docente e come possibile aiuto per i ragazzi. Gli studenti lo adoperano. Non vogliamo stare sull’ onda per forza ma non possiamo far finta che l’onda non ci sia. Non passa tra un mese. E’ come quando eravamo piccoli ed è arrivata la calcolatrice: ai tempi si diceva che chi la usava non imparava più a fare i conti. Stiamo cercando di capire come addomesticarla. Noi adulti dobbiamo considerare la tecnologia come uno strumento da controllare. Siamo convinti che bisogna insegnare a usarlo, inutile averne paura. Dobbiamo avere un atteggiamento da adulti”.

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