Attivista dell’associazione Luca Coscioni, giornalista di Vanity Fair, laureata in Comunicazione all’Università per Stranieri di Perugia, Laura Santi ha 48 anni e da 27 anni è malata di sclerosi multipla, negli ultimi tempi giunta a una forma molto brutale. La scorsa settimana, in una conferenza stampa, ha annunciato la sua denuncia per omissione di atti d’ufficio nei confronti dell’Ausl umbra a causa della mancata risposta alla richiesta avanzata dalla donna il 20 aprile 2022 per accedere al suicidio assistito, ai sensi della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato – Dj Fabo.
La stessa richiesta è stata effettuata lo scorso anno da Stefano Gheller, vicentino affetto da una rara forma di distrofia muscolare come sua sorella Cristina: l’uomo in pochi mesi ha ottenuto dall’Aussl 7 Pedemontana il sostegno delle istituzioni sanitarie al suicidio assistito, anche grazie alla sensibilità mostrata dal presidente veneto Luca Zaia.

La mia malattia è diventata davvero feroce da qualche anno – spiega Laura Santi – e soprattutto non si ferma. Ho 48 anni e chiaramente due conti me li faccio. Dopo la bocciatura per il referendum sull’eutanasia legale, e soprattutto dopo aver visto una politica inerte a destra e a sinistra, ho deciso con Filomena Gallo, mio avvocato e segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, di attivare le procedure per la 242, che è appunto la sentenza della Corte Costituzionale che assolse Marco Cappato dall’accusa di istigazione al suicidio nei confronti di Dj Fabo“.

E spiega: “In base a quella sentenza costituzionale, anche in Italia, senza ricorrere a viaggi in Svizzera e senza diventare, tra virgolette, criminali o disobbedienti civili, se si dispone di requisiti, che sono comunque tosti, si può accedere alla procedura di verifica e di completamento per il suicidio assistito. Ho fatto la richiesta all’Ausl umbra il 20 aprile 2022. Sono oltre 400 giorni che aspetto – continua – e tutto si è arenato per via di un fantomatico comitato etico regionale, nonostante le continue diffide del mio avvocato. All’ennesima diffida hanno risposto dall’Ausl che in Umbria in questo momento manca il comitato etico. È una situazione comune a molti regioni italiane”.

Santi sottolinea: “Io posso anche aspettare, perché ho ancora delle cartucce, me la cavo e non voglio morire domani. Ma chi non può aspettare come accidenti fa? Soffre in silenzio? Io faccio questa battaglia per me e per gli altri. Quello che fa rabbia è che in Italia dobbiamo muoverci a colpi di sentenze e di tribunali e non dovrebbe essere così. Dovremmo invece avere delle leggi che tutelano i malati gravi e gravissimi. Il fine vita – aggiunge – è una questione letteralmente evitata non solo dalla destra, che ha notoriamente un orientamento ‘pro life’, tranne casi virtuosi come il presidente Zaia, ma soprattutto dalla sinistra. Io non ho sentito levarsi una sola voce da sinistra, ci sono stati solo tentativi timidi e smozzicati di disegni di legge che poi si sono arenati. Di tutto si parla fuorché del fine vita. Ma i malati esistono”.

Santi conclude: “Noi non vogliamo letteralmente morire subito, ma va rispettata la nostra volontà di libertà. Pensate a come si vivrebbe meglio una malattia anche feroce sapendo che c’è un aiuto delle istituzioni. Io ci tengo molto alla mia vita, perché di vita ce n’è una e la mia vita è preziosa. Non è che domani faccio una follia perché ho un giorno down quanto a sintomi, perché i giorni sono durissimi. Però – chiosa – va data la libertà di scelta ai malati. Se ancora non abbiamo una legge o se il Parlamento, come i precedenti, non riesce proprio a partorirla, perlomeno rispettate la sentenza della Corte Costituzionale che ha già valore di legge”.

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