In queste ore in molti hanno parlato di Barbiana come se la realtà dove stava don Lorenzo Milani fosse solo un ricordo: io vivo ogni giorno a Barbiana. La mia Barbiana è in Lombardia, nei più piccoli paesi di una terra ricca. La mia Barbiana è in provincia di Cremona, territorio dove si vive ancora grazie alle vacche e a maiali (a Offanengo, dove sono nato, su 6 mila abitanti ci sono 12 mila suini) oltre alle industrie dove sono impiegati tanti papà dei miei alunni.

Nelle mie “Barbiana” spesso non c’è una libreria, a volte nemmeno un’edicola e quando c’è non trovi “Il Fatto Quotidiano”; “La Stampa”; “Il Sole24Ore”; “Il Manifesto” ma solo il quotidiano locale, “Corriere”; “Repubblica”; “Libero” e “l’Avvenire”. D’altro canto qui nessuno lo legge, il giornale: non lo prendono in mano i genitori ma nemmeno le maestre a scuola. Proprio come diceva allora don Lorenzo in “Lettera a una professoressa”.

Il priore in “Esperienze pastorali” scrive che “tra le cause dell’insuccesso dei figli dei poveri nella scuola” c’è “la mancanza di qualche libro in più in casa”. Nelle abitazioni delle mie “Barbiana” ci son solo i libri di scuola. Quando i miei alunni mi invitano a cena o a pranzo, vado volentieri dai più “poveri” (che oggi son quelli con il solo papà che lavora e la mamma casalinga) così come dai più ricchi (l’agricoltore padano con 600 vacche in cascina): non vedo librerie nelle loro case ma solo televisioni, play station. Conosco madri che girano con il “Porsche” ma non hanno mai letto nemmeno “Il piccolo principe”. Non è nemmeno una questione di età: che tu ne abbia trenta o cinquanta non c’è interesse per la cultura. Non parliamo dei padri; quando ne incontri uno ai colloqui con i figli ti stupisci.

Nelle mie “Barbiana” (mentre scrivo questo post lo vedo dalla finestra) la domenica la si passa in piscina appena arriva la bella stagione e l’inverno nelle gallerie dei super iper mercati che qui (non a caso) sono nati come funghi. Tra i miei bambini pochi sono stati anche solo a vedere “L’ultima cena” al Cenacolo Vinciano a Milano: trenta minuti, quaranta chilometri dalla mia Barbiana. Pochi sono stati a visitare il museo del violino a Cremona, la città capoluogo.

Nelle mie Barbiana c’è chi non vuole che tu faccia vedere il film “I cento passi a scuola” e il 25 aprile è una roba per “reduci e combattenti”. Se il maestro ha come suoneria del cellulare “Bella ciao” e mette al balcone di casa sua la bandiera della pace è comunista e pure un po’ strano. Se spiega cos’è accaduto il 23 maggio 1992, il 9 maggio 1978 a Cinisi e a Roma, la diga del Vajont e la festa dell’Europa gli si chiede perché ha fatto più educazione civica che scienze.

Nelle mie Barbiana, la Costituzione, proprio come sul Mugello, non c’è nel comodino delle famiglie dei miei alunni che non mancano, però, alla riunione del prete per la Cresima: perché qui al catechismo si va ancora fino alla Santa Cresima. Barbiana, purtroppo, in Italia non è un ricordo. C’è. E io la vivo ogni giorno.

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