Affrontare, vincendo l’ipocrisia e l’indifferenza, la tragedia dei migranti morti nel Mediterraneo. È l’appello che Papa Francesco rivolge nel pomeriggio del 22 maggio alla Conferenza episcopale italiana. Bergoglio aprirà l’assemblea generale della Cei in Vaticano, nell’aula nuova del Sinodo, con l’ormai consueto dialogo a porte chiuse con i vescovi della Penisola. Il Pontefice, che eccezionalmente chiuderà anche l’assemblea il 25 maggio, regalerà a ciascun presule un libro molto significativo per spiegare il suo appello alla Chiesa italiana. Si tratta del volume Fratellino (Feltrinelli) scritto a voce da Ibrahima Balde, nato in un piccolo villaggio dell’interno della Guinea, che oggi vive in un albergo gestito dalla Croce Rossa a Madrid, dove lavora come meccanico, e a mano da Amets Arzallus Antia, giornalista e poeta basco, che collabora con un’associazione di assistenza ai migranti, dove ha incontrato Ibrahima, e dove è nata l’idea di scrivere insieme la storia di come sia arrivato fino a Irun, nei Paesi Baschi.

La sinossi del libro spiega in modo molto eloquente il motivo che ha spinto il Papa a regalarlo ai vescovi italiani: “È alla ricerca del fratello piccolo, partito con l’intenzione di raggiungere l’Europa e mai arrivato, che Ibrahima Balde lascia la Guinea e il lavoro di camionista, per intraprendere un viaggio che non voleva fare, ma che è comune a migliaia di africani. Questo romanzo è la cronaca, lucida ed essenziale, della vita di Ibrahima Balde, da lui stesso raccontata, e trascritta dal poeta Amets Arzallus Antia. Una voce che ci fa capire, senza vittimismo ma in tutta la sua drammaticità, cosa sono la traversata del deserto, il traffico dei migranti, la prigionia, le torture, la violenza della polizia, il viaggio in mare, la morte. Una voce ferma, così chiara e profonda da diventare a tratti poetica, che ci racconta cosa significa conoscere la sete, la fame, la sofferenza. Esistono mille motivi e storie che portano una persona ad attraversare il Mediterraneo per cercare di raggiungere l’Europa. La disumanizzazione delle loro morti, le espulsioni, le vite illegali sembrano necessarie per alimentare la nostra indifferenza. In realtà ognuna di queste vite è unica e universale e questo racconto ne è la drammatica testimonianza”.

Un libro che racchiude il messaggio che Bergoglio vuole consegnare alla Cei, soprattutto dopo la tragedia di Cutro. Come, infatti, ha ricordato recentemente il Papa: “I corridoi umanitari sono stati avviati nel 2016 come risposta alla situazione sempre più drammatica nella rotta mediterranea. Oggi dobbiamo dire che quell’iniziativa è tragicamente attuale, anzi, più che mai necessaria; lo attesta purtroppo anche il recente naufragio di Cutro. Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta. Una tema che è da sempre al centro del pontificato di Francesco, il cui primo viaggio, l’8 luglio 2013, fu proprio a Lampedusa per pregare per i migranti morti nel mare e condannare la “globalizzazione dell’indifferenza” davanti a queste tragedie. Il Papa lo ricordava nella catechesi dell’ultima udienza generale del mercoledì, il 17 maggio 2023, parlando di san Francesco Saverio: “I viaggi in nave a quel tempo erano durissimi, erano pericolosi. Molti morivano in viaggio per naufragi o malattie. Oggi purtroppo muoiono perché noi li lasciamo morire nel Mediterraneo…”.

Francesco, inoltre, ha più volte espresso la sua “vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo. Sentiamoci tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione”.

Il Papa lo ha ribadito anche nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2023 che sarà celebrata il prossimo 24 settembre e che ha come tema Liberi di scegliere se migrare o restare: “Mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera, siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; e ciò significa accompagnare e governare nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare”. Bergoglio, inoltre, ha sottolineato che “ovunque decidiamo di costruire il nostro futuro, nel Paese dove siamo nati o altrove, l’importante è che lì ci sia sempre una comunità pronta ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza distinzione e senza lasciare fuori nessuno. Il percorso sinodale che, come Chiesa, abbiamo intrapreso, ci porta a vedere nelle persone più vulnerabili – e tra questi molti migranti e rifugiati – dei compagni di viaggio speciali, da amare e curare come fratelli e sorelle. Solo camminando insieme – ha concluso Francesco – potremo andare lontano e raggiungere la meta comune del nostro viaggio”.

Twitter: @FrancescoGrana

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