Per gli studenti in cerca di una casa, la prima difficoltà è quella di trovare un annuncio di affitto che sia economicamente sostenibile per le loro possibilità. La seconda è quella di rispondere tempestivamente al proprietario, prima che qualcun altro si fiondi su una delle rare offerte accettabili che il mercato libero propone. Ed è a questo punto che arriva la terza sfida: ottenere un contratto regolare. Sono molti gli universitari, infatti, che denunciano di essere costretti ad accettare affitti in nero, pur di trovare un posto dove vivere. Alla domanda “che tipo di contratto offre?”, i proprietari rispondono con le più disparate soluzioni. C’è chi di contratto non vuole proprio sentir parlare. Altri propongono il nero parziale, aggiungendo una quota extra alla cifra ufficiale registrata nel contratto d’affitto. Qualcuno addirittura propone l’aggiunta di una scrittura privata, per ritoccare il canone verso l’alto e sentirsi garantito nei confronti dell’inquilino. Altri ancora trovano il modo di racimolare qualche euro in più inserendo nel contratto una spesa condominiale forfetaria un po’ gonfiata. Fatto sta che i giovani e gli studenti, come gli altri soggetti più deboli della società, pur di trovare un tetto, sono spesso costretti ad accettare formule di questo tipo.

L’evasione fiscale nella locazione è ancora alta. Lo dimostrano gli ultimi accertamenti svolti a Roma dalla guardia di finanza: il 13 maggio scorso sono stati individuati 13 proprietari che affittavano appartamenti in nero agli studenti universitari. Le stanze singole venivano piazzate tra i 500 e i 700 euro. Mentre il singolo posto letto in una doppia arrivava a costare tra i 250 e i 400. E non si tratta di un caso isolato, come confermato a ilfattoquotidiano.it dall’ufficio legislativo del Sunia, il Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari, che tramite avvocati convenzionati offre consulenza e tutela ai cittadini. Nel caso in cui i proprietari decidano di non registrare il contratto d’affitto, o di registrarne uno che nella sostanza non è rispettato, l’inquilino può decidere di intraprendere un’azione legale. Una volta dimostrata la validità della sua posizione – operazione non facile vista la non tracciabilità delle transazioni in nero -, l’affittuario potrà riavere le somme pagate in eccedenza o ottenere la trasformazione del suo contratto in un accordo più vantaggioso. La norma mira a tutelare il conduttore, spiegano dal Sunia, ma ogni singolo caso ha le sue peculiarità. È sempre bene che lo studente si rivolga a un legale per far esaminare il contratto o per esporre la sua situazione specifica, in modo da ottenere la migliore copertura possibile.

Non sono molti, però, ad avviare un’azione civile di questo tipo. I tempi delle procedure spesso sono lunghi. Questo scoraggia gli studenti che, nel mentre, rischiano di rimanere senza una situazione abitativa stabile. Una condizione che non facilita il conseguimento del percorso universitario: senza un posto dove dormire, il diritto allo studio non può essere garantito. “I giovani che protestano hanno ragione. Questa giusta battaglia può portare a un cambio di rotta strutturale sulle politiche abitative, li sosteniamo”, afferma il segretario generale del Sunia, Stefano Chiappelli. Gli universitari hanno il merito di aver portato l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema: “Migliaia di persone non sono in grado di pagare l’affitto in questo mercato libero, è insostenibile – continua Chiappelli -. È un problema degli studenti ma anche di tante famiglie, lavoratori dipendenti e pensionati che da vent’anni hanno perso potere d’acquisto”. Il caro affitti colpisce soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione. Secondo l’Istat, 889mila famiglie povere vivono in affitto, pari al 45,3% di tutte le famiglie povere del Paese. “È necessario limitare il mercato libero degli affitti – è la tesi del segretario – e lo si può fare aumentando gli alloggi di edilizia pubblica e sociale. Non attraverso nuove costruzioni, ma grazie al recupero di circa 600mila alloggi del patrimonio nazionale che hanno bisogno di riqualificazione. Grazie al Pnrr i fondi ci sarebbero”.

Per il sindacato, così come per le associazioni di studenti accampate nelle diverse città, è fondamentale incentivare l’utilizzo degli affitti concordati: la legge stabilisce che, nei comuni ad alta densità abitativa, possano essere stipulati contratti con un canone convenzionato più basso, frutto della contrattazione sindacale tra le associazioni dei proprietari e quelle degli inquilini. Seppur garantiscano il vantaggio fiscale dell’applicazione della cedolare secca al 10%, gli accordi concordati vengono proposti raramente, perché comportano un guadagno minore per chi affitta. “Vanno ridotti gli incentivi per chi offre canoni non convenzionati – dichiara Chiappelli -. E lo si può fare abolendo la cedolare secca al 21% per i contratti del mercato libero. Questo renderebbe più competitivo il canale concordato, che in ogni caso va esteso a tutto il territorio nazionale”.

Tra le altre proposte del Sunia ci sono anche l’introduzione di norme fiscali che riducano la possibilità di tenere alloggi sfitti e l’emanazione di leggi per regolare gli affitti turistici. “È necessario bloccare le speculazioni e tornare a investire davvero sulla casa, come fanno gli altri paesi europei”, spiega il segretario. E conclude: “Ci sentiamo ripetere spesso che la coperta è corta. Sarebbe il caso che adesso questa coperta si inizi a tirarla anche in altre direzioni però, per provare a coprire anche il disagio abitativo del Paese”.

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