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Strage di Samarate, Alessandro Maja ai giudici: “Chiedo perdono per qualcosa di imperdonabile”

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Uccise a colpi di martello moglie e figlia e lasciò tramortito l’altro figlio Nicolò, Alessandro Maja a processo per avere quasi sterminato tutta la sua famiglia – ha chiesto “perdono per qualcosa di imperdonabile” davanti ai giudici della Corte d’assise. L’interior designer fra il 3 e 4 maggio del 2022 tolse la vita nella casa di Samarate (Varese) a Stefania Pivetta, a Giulia, 16 anni, ferì gravemente il primogenito Nicolò, 23 anni. Anche all’udienza di oggi Nicolò, in carrozzina dopo un lungo periodo in ospedale, era in aula con gli zii e il nonno.

Giudicato capace di intendere e di volere, Maja ha risposto alle domande della pm Susanna Molteni. Ha spiegato di aver ucciso la moglie, poi la figlia, infine di aver colpito Nicolò che pensava fosse morto. Ma non era così, tanto che Nicolò, a cui ha chiesto perdono, oggi in sedia a rotelle era con gli zii Ines e Mirko e il nonno Giulio Pivetta, che quando ha sentito Maja parlare della figlia è dovuto uscire.

“Non potevo ascoltare certe cose” ha poi spiegato. Maja ha pianto e ha detto che era preoccupato per un errore sul lavoro e per i soldi, per le spese della moglie con cui c’erano tensioni. Sui conti correnti della famiglia c’erano però circa 280mila euro. “Adesso è facile chiedere perdono – ha detto Mirko Pivetta, visibilmente scosso -. Non nascondo che fa effetto vedere un uomo ridotto così. Ma che perdono dopo che abbiamo letto le perizie e ascoltato le modalità?” con cui si è accanito contro la sua famiglia. Nicolò è stato a lungo ricoverato per le lesioni provocate dal padre ed è ancora in corso il percorso di recupero a un anno dalla brutale aggressione. Nicolò, 22 anni, è sopravvissuto e oggi sta lottando per tornare a una vita normale, dopo numerosi interventi e mesi in ospedale. A gennaio aveva espresso la volontà di rivedere il genitore.

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