C’eravamo appena ripresi dalla botta della campagna Enit per la promozione del turismo in Italia e già arriva un altro colpo basso. Questo governo vuole veramente farci morire. Dal ridere. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito improvvisamente cambia logo. Operazione epocale. Cose del genere vanno meditate a lungo, ben ponderate e infine affidate a seri professionisti, perché un logo è per sempre (o almeno fino al prossimo governo). Mica può essere una cosuccia provvisoria.

Invece no. Dopo le prime reazioni è stato il Ministero stesso a puntualizzare: “In risposta alle critiche pretestuose di alcuni esponenti dell’opposizione e alle erronee ricostruzioni di alcune testate giornalistiche, il Ministero dell’Istruzione e del Merito precisa che non è stato effettuato alcun cambio del logo ufficiale del Ministero, che rimane invariato. Quella pubblicata oggi è una grafica creata per i canali social, il cui utilizzo sarà temporaneo, fino al prossimo 22 maggio, e limitato a due soli eventi che vedono la partecipazione del MIM. Quanto alle fantasiose interpretazioni che rimanderebbero a iconografie di epoche passate, si tratta di insinuazioni ingiuriose, impossibili da commentare”. Colpo di scena.

Ha ragione il portavoce del Ministero. Lo dico senza esitazione. Perché bisogna veramente aver fumato qualcosa di pesante per vedere le due “M” dell’acronimo come una stilizzazione di due fasci littori. Ma come vi salta in mente? Questo è un governo moderno di centrodestra, senza nostalgie, un governo che guarda avanti. Talmente avanti che ha deciso di attuare il principio ispiratore del ‘68: “la fantasia al potere”, reinterpretandolo non già nel senso di dare più potere alla fantasia, ma più fantasia al potere. E quale miglior occasione per esercitare subito questo fantasioso potere dando un tocco giovanilistico a un logo istituzionale per meglio utilizzarlo sul social in occasione di due eventi cui il Ministero partecipa in questi giorni? Insomma, un “instant logo”!

Ma entriamo nel merito, pardon, nel logo. Vista l’urgenza, l’elaborazione dev’essere stata affidata a un grigio funzionario ministeriale, e qualcuno deve avergli detto: “Sbizzarrisciti! Fai qualcosa di giovane ma anche di italiano, qualcosa che rompa le regole come facevano i futuristi!”. Detto e fatto. L’oscuro Fantozzi si è messo lì a scarabocchiare loghi per come lui immagina che siano fatti i loghi: timbrando abitualmente documenti da mattina a sera, la prima cosa che gli è venuta in mente è stata appunto la sagoma di un timbro. Che cos’è in fondo un logo? È un sigillo, un simbolo che garantisce l’autorevolezza e la qualità dell’operato di un ente o di una marca. Quindi, un timbro! Allora, nel profilo circolare ha ficcato l’acronimo del Ministero disegnandolo a mano. Come dite? Ha usato un plug-in per deformare i caratteri? No, dai, non può essere un grafico. Insisto per un oscuro ministeriale ultrasessantenne sull’orlo della pensione.

Per non deludere il suo nuovo capufficio, ha inserito il tricolore nel puntino della “i” tanto per puntualizzare che si tratta di un ministero italiano, e infine ha completato l’opera con un fondo azzurro come la maglia della Nazionale. Se queste erano le intenzioni, il logo è un capolavoro. Altrimenti sarebbe adatto solo per il Ministero dell’Ignoranza (grafica) e del Demerito.

Quanto all’idea che un logo possa cambiare continuamente, questo sembra contravvenire a tutti i principi della grafica e perfino dell’araldica fin dai secoli bui. Ma, come dicevamo, è un’opera sessantottino-futurista. E dei principi della grafica se ne frega.

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