È finita con la denuncia da parte della Digos di tre giovani donne sorprese ad attaccare adesivi dai contenuti offensivi verso gli alpini e il generale Francesco Paolo Figliuolo la prima adunata degli alpini dopo quella di Rimini segnata dalle molestie ai danni di diverse partecipanti. Quella di Udine, finita domenica, è stata pensata come l’edizione del riscatto d’immagine. E a oggi in effetti non sono emersi casi del genere. Lo sforzo, prima e durante l’evento udinese, è stato grande. Essendo il sentire comune viziato dalle polemiche e dal clima che Rimini si è portata dietro, sia l’Associazione nazionale alpini che l’amministrazione comunale hanno cercato di prevenire. “Rimini è un ricordo lontanissimo. Come spesso succede, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”, commenta Dante Soravito De Franceschi, presidente dal 2008 della sezione udinese dell’Associazione nazionale alpini.

Nei giorni precedenti l’Adunata è stata sottoscritta una lettera di intenti “in tema di azioni per contrastare i fenomeni di violenza contro le donne e di promozione del rispetto delle persone”, dove si sottolineava come, nell’ambito del “coinvolgimento del mondo dell’associazionismo per diffondere i fondamenti sul rispetto delle persone ed inibire sul nascere ogni forma di violenza”, l’Ana sia “unanimemente riconosciuta oltre che per i valori fondamentali di coraggio, lealtà, senso del dovere e sacrificio, anche per i suoi grandi valori di solidarietà, fratellanza, solidarietà, generosità, amore e rispetto per l’altra, della famiglia e della natura”. L’amministrazione comunale ha deciso quindi di esporre uno striscione sulla facciata del Comune con la scritta “Zero Tolerance e gli Alpini contro la violenza di genere”. “Noi siamo con le donne e per le donne”, ha ribadito Soravito De Franceschi, “e credo di non aver voglia di dire altro”. Il presidente udinese conferma, comunque, che la sua sezione dell’Ana ha intenzione di continuare la collaborazione sia con le associazioni di donne che con il Comune di Udine.

“Noi non abbiamo nulla contro eventi di questo tipo, né contro gli alpini, anzi”, commenta Andreina Baruffini Gardini, presidente di Se non ora quando Udine, lasciando preludere una congiunzione avversativa che – puntualmente – arriva. “Ma siamo assolutamente contro le logiche di branco che giustificano le azioni dei singoli”. L’avvocata si era già espressa nei giorni scorsi, commentando una chat di partecipanti iscritti all’Ana di Treviso che era stata divulgata riaccendendo le polemiche. “Attenzione, mandano donne a provocare e farsi toccare per poi denunciare, non cedete alle provocazioni. Avranno complici che filmeranno per avere prove delle molestie”. Ovvia la reazione dei gruppi femministi. “È stato un pessimo esempio di victim blaming in via anticipata che dire ci abbia infastidito è dire poco”, conferma. Rispetto a quello che poteva succedere a Udine, SeNonOraQuando ha deciso di richiamare i responsabili della manifestazione. “Ci ha turbato sentire anche il presidente nazionale Ana Sebastiano Favero dichiarare che lui non può stare attendo ai singoli, quando per noi è evidente che si è tutti responsabili quando si agisce in branco, ma siamo state contente di sapere che la sezione udinese ha scritto un manifesto insieme al Comune: l’unico modo per risolvere il problema è capire da dove nasce il problema stesso: non si risolve con le ronde, né armando le donne, ma con la consapevolezza che la mascolinità è il problema in sè”, conclude Baruffini Gardini.

A Udine, a parte la contromanifestazione del collettivo di “donne, lesbiche, trans, non binary e persone queer” che ha creato uno spazio autogestito “che vuol essere più sicuro” con conversazioni tematiche, dj set, aperitivi musicali e pranzi sociale vegan, in occasione del quale è stato attivato un numero di telefono “per eventuali segnalazioni o bisogno di comunicare”, l’unico fatto di cronaca rilevante riguarda appunto la denuncia per deturpamento, imbrattamento e vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate a carico di tre giovani donne (classe 1999, 1988 e 1990) che stavano attaccare adesivi (ne avevano 186) con il volto, inquadrato in un mirino, del generale Figliuolo e con la scritta “caccia l’alpino”. Per l’assessora comunale all’Ambiente, Eleonora Meloni (Pd), un gesto “meschino”.

Oltre ai fatti di cronaca, molte donne girando per Udine nei giorni dell’Adunata (e non durante la sfilata, bensì durante i momenti di festa cittadina) hanno confermato l’impressione che chi fa parte del corpo degli alpini sia stato molto scosso dai fatti di Rimini. “In tantissimi si premuravano di chiedere scusa in anticipo, per paura che potessimo rimanere male anche solo se ci rivolgevano la parola”, ci ha raccontato una barista del centro città. Come spesso succede, a creare disagio è stato senza dubbio l’eccesso di alcol unito a una mala gestione del testosterone.

Articolo Precedente

Strade allagate e nubifragi: a Palermo al lavoro il soccorso idrogeologico per le forti piogge – Video

next
Articolo Successivo

Dall’Ecuador all’Armenia, ma il viaggio di quasi 3 tonnellate di cocaina purissima tra le banane si ferma a Gioia Tauro

next