Le mascherine mutanda all’istituto professionale “Guglielmo Marconi” diventano tendaggi. Nella scuola di Prato, guidata da Paolo Cipriani, i ragazzi che frequentano corsi di elettronica, di termoidraulica, di “made in Italy”, abituati ad adoperare le mani, hanno pensato di riciclare centinaia di mascherine lasciate negli scatoloni perché mai usate, trasformandole in tende che sono state installate alle finestre di alcuni spazi dell’istituto.

Un’idea che non ha risolto totalmente la questione dello smaltimento che preoccupa tutti i presidi d’Italia in dubbio se buttarle, spendendo dai settecento ai duemila euro, per poi ritrovarsi – magari – in contrasto con la Corte dei Conti o tenerle in attesa di indicazioni del Governo ma con il fiato sul collo dei responsabili della sicurezza che temono incendi.

Al “Marconi” una via alternativa l’hanno trovata: “I ragazzi del biennio – raccontano i vertici della scuola, al fatto.it – da anni lavorano ad un progetto di recupero delle biciclette rubate che vengono ritrovate. Accanto a questa attività abbiamo pensato di costruire dei telai e delle strutture per fare in modo di realizzare dei tendaggi con le mascherine. Siamo soddisfatti del risultato. In questo modo abbiamo messo i nostri studenti nelle condizioni anche di capire che non tutto dev’essere buttato”.

Un’idea brillante scaturita dalla necessità di smaltire scatoloni e scatoloni di mascherine. Al “Marconi”, il dirigente Cipriani, all’epoca della pandemia, aveva chiesto alla struttura commissariale di non inviare più le mascherine perché nessuno dei ragazzi le indossava. Il consiglio d’istituto aveva persino scelto di acquistare autonomamente le Ffp2 ma da Roma hanno continuato a inviare corrieri con i dispositivi di protezione: materiale che è finito in vari spazi della scuola.

Solo al professionale di Prato, un’azienda specializzata ha fatto un preventivo di circa settecento euro per smaltirle. Un vero e proprio dilemma per i dirigenti: da una parte le aziende di raccolta dei rifiuti le considerano rifiuti speciali e come tali vanno trattate; dall’altra chi guida le scuole non vorrebbe buttare così tanti soldi quando potrebbero servire ad altro ma resta la questione che spesso, per i piani di sicurezza degli istituti, diventano un problema. Inutile attendere indicazioni dal ministero dell’Istruzione o da altri.

Chi ha provato ad alzare il telefono si è trovato senza risoluzione. Secondo quanto riportato da “La Nazione”, che ha sentito alcuni dirigenti della Regione Toscana, “trattandosi di rifiuti speciali è necessario avvalersi di ditte ad hoc che offrono servizi, ma a costi elevati. Le cifre oscillano da ottocento a oltre duemila euro a seconda del quantitativo”. Cifre che ci confermano altri dirigenti di altre regioni che da mesi stanno provando a trovare una soluzione per togliere gli scatoloni rimasti in giacenza.

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