Ha “sfrontatamente approfittato” della “totale sudditanza psicologica” del suo compagno e convivente, il filosofo Gianni Vattimo, per indurlo a compiere atti dispositivi del patrimonio che lo danneggiavano o danneggiavano gli eredi. Con queste motivazioni rese note ieri, la giudice Federica Gallone del Tribunale di Torino lo scorso 6 febbraio ha condannato il 38enne Simone Caminada a 2 anni di reclusione per circonvenzione d’incapace ai danni del filosofo padre del “pensiero debole” ed ex eurodeputato. Spese per 59mila euro “ingiustificate rispetto al tenore di vita” del professore, bonifici sul conto corrente della madre a titolo di retribuzione per la propria attività di collaboratore familiare, lo sblocco di 71mila euro da un conto deposito, una polizza sulla vita a proprio favore con quote via via più alte: sono solo alcune delle operazioni che figurano nell’elenco di quelle incriminate e attribuite alla “gestione interessata” dell’imputato. Grazie alle deleghe a operare su conti correnti, cassette di sicurezza e conti deposito, infatti, il compagno di Vattimo secondo la ricostruzione avallata dal Tribunale ha prima chiuso i rubinetti verso alcune persone care al filosofo, poi ha monopolizzato la gestione delle sue finanze a proprio vantaggio. Da ultimo, Caminada nel 2018 ha ottenuto di farsi nominare erede universale nel testamento, dopo che già Vattimo lo aveva inserito tra i legatari per beni di grande valore, tra cui orologi, opere d’arte e reperti storici come il taccuino di Fidel Castro.

Per l’imputato il giro di vite sui bonifici, così come sulle altre somme donate a vario titolo, rientravano nella “‘bonifica’ dei conti del professore” contro chi approfittava della sua generosità. Una tesi contraddetta dai dati contabili, secondo cui i risparmi del filosofo sono diventati via via più magri. Per la giudice, a supporto della condanna ci sono “emergenze processuali di innegabile spessore probatorio” risultanti dalla mole di documenti, intercettazioni e testimonianze raccolti sia in fase d’indagine che durante il dibattimento, che ha scandagliato la vita e le relazioni personali del professore. Una “figura intoccabile”, “il suo alter ego in tutto e per tutto”: questo era Caminada per lui. Prima assunto come tuttofare, poi è diventato una persona di fiducia e ha iniziato a gestire “ogni aspetto della vita” del professore, con tanto di pin e password per operare in autonomia sulla casella di posta elettronica e sui conti correnti.

Una persona descritta come capace di alternare un “atteggiamento sollecito e affettuoso” in pubblico con “crudeli momenti di freddezza, quando il professore si mostrava renitente a seguire i suoi desiderata”. Nelle motivazioni la giudice scrive che anche la separazione consensuale ottenuta dalla moglie è stata frutto “del ‘ricatto’ sentimentale del Caminada, che si è allontanato dall’abitazione del professore e rifiuta di accedervi a meno che lui non proceda – tra l’altro – alla separazione”. Gli aumenti delle quote di polizza a favore del compagno, poi, sarebbero stati dettati dall’esigenza di pagare i suoi avvocati difensori, un pretesto definito “illogico”. Il Tribunale ha ritenuto significativa anche la lettera che Caminada ha inviato a Repubblica nell’ottobre 2021, considerata “un’autentica confessione” dalla procura e che “certamente rivela in capo all’imputato tutta la consapevolezza circa la facile manipolabilità del compagno”. In quella missiva infatti l’imputato scriveva “Gianni ha bisogno di un tutore” e di lui diceva che era “facilmente manipolabile sul lato affettivo”.

L’inchiesta era nata da un esposto presentato in Procura da una geriatra amica del filosofo, preoccupata dell’influenza nefasta che il suo compagno Caminada esercitava su di lui. In particolare, a un certo punto Vattimo si sarebbe mostrato preoccupato di essere diventato povero e l’amica, insieme ad altri tra cui il consulente finanziario, gli aveva proposto di nominare un amministratore di sostegno. Una proposta accolta con sollievo e poi rifiutata dal professore, per la procura su pressione del compagno. L’amministrazione di sostegno è arrivata solo nel 2019 dopo la prima perizia psichiatrica e poi revocata a seguito di una seconda consulenza, che ha ritenuto il filosofo “non circonvenibile”. In particolare, la Corte d’Appello civile aveva motivato la revoca con la sua costante attività di ricerca e la partecipazione a convegni in giro per il mondo. D’altro canto durante tutto il processo il professore ha sempre categoricamente negato la soggezione nei confronti del compagno con interviste alla stampa e interventi pubblici. Una tesi non condivisa dalla giudice, secondo la quale la vittima ha mostrato “un’estrema fragilità e volubilità” sia nel corso del processo, sia nelle intercettazioni agli atti. Una condizione a cui avrebbe contribuito anche la condotta del compagno, che oltre a gestire pro domo sua i conti correnti e le finanze, lo ha progressivamente isolato dalla sua cerchia di amicizie, rendendo sempre più difficili i contatti e mostrando ostilità nei confronti delle persone che fino ad allora erano state sue ospiti abituali. Ciononostante, Vattimo non si è mai separato dal suo compagno e assistente e la loro relazione prosegue tuttora.

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