“Ogni volta che c’è un’emergenza di sicurezza, la prima risposta è sempre quella di aumentare i presidi delle forze dell’ordine. Usando una metafora efficace del questore di Milano (Giuseppe Petronzi, ndr), noi dobbiamo pensare che abbiamo sconfitto il covid non attraverso le terapie intensive, che sono servite nella fase di emergenza, ma perché ma perché abbiamo trovato una cura. Qui si vuole fronteggiare l’emergenza coi presidi sfuggendo dal fatto che così non troveremo mai la soluzione. “. Così, ai microfoni di 24 Mattino, su Radio24, Girolamo Lacquaniti, portavoce dell’Associazione Nazionale Funzionari Polizia, si discosta dalla posizionhttps://www.admin.ilfattoquotidiano.it/wp-admin/edit.php?post_format=videoe del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che, a seguito della recrudescenza di stupri e di rapine nelle stazioni delle grandi città, in una intervista al Resto del Carlino ha annunciato più insediamenti delle forze dell’ordine negli scali ferroviari.

Lacquaniti spiega: “A Milano si arrestano ogni anno circa 15 persone al giorno, cioè più di 5mila all’anno. Il problema è che queste persone troppo spesso sono sempre le stesse. C’è un problema di mancato investimento nelle strutture penitenziarie. Noi abbiamo un enorme problema rappresentato da quei soggetti che commettono violenze a causa dei loro disturbi di natura psichica e oggi non abbiamo un sistema efficace che ci difenda da questi soggetti violenti e pericolosi – continua – non perché vogliono commettere questi reati ma perché hanno una patologia. Aumentare le forze dell’ordine nelle stazioni sono un investimento sbagliato perché ha dei costi alti. Forse va fatta una riflessione seria su come uscire da uno stato emergenziale per cui qualsiasi problema in questo paese si risponde dicendo: ‘Presidiamo di più, mettiamo più forze dell’ordine’. Non è questa la soluzione”.

Poi esprime perplessità sulla riforma Cartabia: “Ieri a Verona i ragazzi della Volante sono dovuti intervenire due volte su un soggetto che commetteva danneggiamenti e violenze. Alla fine, è stato denunciato a piede libero, cioè dopo la denuncia è comunque tornato a circolare. La riforma Cartabia non ci aiuta nella semplicità delle procedure, nella facilità di acquisire le denunce di reato, perché molti sono diventati procedibili a querela e quindi solo il soggetto che ha subito il danno può denunciare quel tipo di reato”.

E conclude: “I giudici ovviamente applicano la legge perché, come noi, sono obbligati ad applicare le norme. Ma se le norme poi diventano incapaci di soddisfare le esigenze di sicurezza delle persone, bisogna andare a curare il difetto del sistema. E il difetto del sistema lo denunciamo da anni: se non si investe non solo nelle forze dell’ordine, ma anche nelle strutture penitenziarie, cioè in sistemi che consentano di rendere effettiva la pena – chiosa – In questo paese c’è un senso di impunità dilagante. Ma lo vediamo in tantissimi esempi. Stiamo rivedendo il ritorno delle violenze negli stadi , abbiamo avuto soggetti trovati a piedi in autostrada con bastoni e volto travisato, ma le prove non erano evidentemente sufficienti per una misura restrittiva. E allora è lo Stato che deve decidere: come voglio tutelare la mia comunità?“.

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