Italia sale al 41esimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa di Reporter sans frontières (Rsf). Secondo il rapporto annuale, il nostro Paese ha recuperato 17 posizioni e superato gli Stati Uniti che sono invece scesi di tre posizioni. Secondo l’ultima analisi del World Press Freedom Index, la libertà dei media è in pessime condizioni in un numero record di Paesi: la disinformazione, la propaganda e l’intelligenza artificiale rappresentano minacce crescenti per il giornalismo, come riporta il Guardian. In generale, viene evidenziato uno scioccante calo nella libertà dei media, con 31 paesi ritenuti in una “situazione molto grave”, il punteggio più basso del rapporto, senza precedenti, rispetto ai 21 di appena due anni fa. L’aumento dell’aggressività da parte dei governi autocratici – e di alcuni che sono considerati democratici – unita a “massicce campagne di disinformazione o propaganda” ha fatto peggiorare la situazione. L’indice con cui viene valutata la libertà di stampa si compone di cinque indicatori: politico, economico, legislativo, sociale e sicurezza dei giornalisti.

Per quanto riguarda l’Italia, il report della ong francese evidenzia i soliti problemi per la libertà di stampa che continua a essere minacciata dalla criminalità organizzata, specialmente nel Sud del Paese, e da gruppi estremisti violenti. “Per la maggior parte”, si legge nell’analisi degli esperti, “i giornalisti italiani godono di un clima di libertà. Tuttavia, a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, sia per conformarsi alla linea editoriale della propria organizzazione di notizie, sia per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale, o per timore di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata”. A proposito del sistema legislativo, il report di Rsf dice: “Un certo grado di paralisi legislativa sta ostacolando l’adozione di vari disegni di legge proposti per preservare e migliorare la libertà giornalistica. Questo spiega in parte le limitazioni che alcuni reporter incontrano nel loro lavoro. La diffamazione deve ancora essere depenalizzata e la pandemia ha reso più complesso e oneroso per i media nazionali ottenere l’accesso ai dati detenuti dallo stato”. Infine, Rsf mette in evidenza la precarietà del sistema: “A causa della crisi economica, i media nel loro complesso sono sempre più dipendenti dalle entrate pubblicitarie e dai sussidi statali, mentre la stampa sta anche affrontando un graduale declino delle vendite. Il risultato è una crescente precarietà che minaccia pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia”.

In Europa, il Paese peggiore è la Grecia che si trova al 107° posto su 180, preceduto da Malta (84° posto) e Ungheria (72° posto). “La libertà di stampa in Grecia ha subito gravi battute d’arresto tra il 2021 e il 2023” si legge nel documento pubblicato dall’organizzazione, in cui si cita “lo scandalo delle intercettazioni che ha rivelato come il Servizio nazionale di intelligence greco spiasse diversi giornalisti”. Nel rapporto si afferma inoltre che le querele a scopo intimidatorio (le cosiddette Slapp) “sono all’ordine del giorno e, cosa ancora più preoccupante, l’omicidio del veterano reporter di cronaca nera Giorgos Karaivaz nel 2021 non è mai stato risolto”, si legge. Venerdì scorso due uomini sospettati di avere partecipato all’organizzazione dell’omicidio del giornalista sono stati arrestati in Grecia: un evento “salutato con favore” nello stesso giorno da Rsf, come scritto sull’account Twitter dell’osservatorio, che ha ribadito: “Tutti i responsabili del crimine, compresa la mente, devono essere arrestati”. Ha recuperato posizioni anche l’Ucraina, passando dalla 106/a alla 79/a posizione. Kiev migliora la sua posizione nell’anno di guerra, nonostante diversi giornalisti siano stati uccisi mentre coprivano l’invasione russa dell’Ucraina. L’ultimo episodio riguarda il fixer ucraino Bogdan Bitik, ucciso probabilmente dai russi nella regione di Kherson mentre accompagnava il giornalista italiano di Repubblica Corrado Zunino, rimasto ferito. Le forze russe hanno ripetutamente preso di mira giornalisti ucraini e stranieri dall’inizio dell’invasione.

A livello mondiale, da segnalare l’India che mostra un inquietante arretramento: il paese è scivolato al 161mo posto su 180, mentre nel 2022 si trovava al 150esimo.
Nell’introduzione al capitolo sull’India Rsf afferma: “La violenza contro i giornalisti, l’evidente partigianeria politica dei media e la concentrazione della proprietà dei gruppi editoriali nelle mani di pochissimi indicano che la libertà di stampa è in crisi nella più grande democrazia del mondo governata dal 2014 dal premier Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party, Bjp, il partito che incarna la destra nazionalista Hindu”. La caduta più significativa per l’India è stata registrata nella categoria della sicurezza, che vede il paese al 172mo posto: questo significa che ci sono solo altri otto paesi al mondo in cui la sicurezza dei giornalisti è peggiore. Al contrario, sempre secondo il rapporto, tra i paesi confinanti il Pakistan è migliorato, passando dal 157mo al 150mo posto, mentre lo Sri Lanka è salito al 135mo gradino dal 146mo del 2022

Tra i Paesi che hanno perso più posizioni c’è anche la Tunisia che passa dal 94/o al 121/o posto su 180 Paesi, perdendo 27 posizioni. Rsf giudica la Tunisia presieduta da Kais Saied “sempre più autoritaria e intollerante alle critiche della stampa”. “Dalla rivoluzione del 2011 che ha cacciato il presidente Ben Ali fuori dal paese, la Tunisia ha vissuto una transizione democratica con molti colpi di scena. Il colpo di stato del presidente Kaïs Saïed nel luglio 2021 ha sollevato timori di un declino della libertà di stampa”, scrive Rsf, sottolineando come “la crisi economica ha indebolito l’indipendenza di molte redazioni, dominate da interessi politici o economici, e ha minato il nascente pluralismo mediatico”. I media locali dipendono da inserzionisti privati, alcuni dei quali detengono quote del loro capitale e possono essere vicini all’ambiente politico, un contesto che minaccia l’indipendenza editoriale della redazione. I loro introiti pubblicitari dipendono anche dal loro pubblico, e il calcolo è scarsamente regolamentato e molto contestato”, scrive ancora Rsf che denuncia infine come “l’intimidazione dei giornalisti sta diventando un luogo comune e i reporter devono spesso affrontare la violenza dei manifestanti tunisini. Un nuovo limite è stato raggiunto il 14 gennaio 2022, quando un corrispondente di diversi media internazionali è stato picchiato e una decina di altri giornalisti sono stati brutalizzati mentre seguivano una manifestazione, e nel febbraio 2023, con l’arresto del giornalista e direttore della radio Mosaïque, Noureddine Boutar“.

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