Le problematiche neurodegenerative come la demenza o la malattia di Huntington sono caratterizzate da un accumulo di proteine tossiche nel cervello, per cui i trattamenti volti a contrastare i sintomi di queste condizioni dovrebbero promuovere o ripristinare la capacità naturale dell’organo cerebrale di eliminare tali sostanze. In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neuron, i ricercatori del Cambridge Institute for Medical Research e dell’UK Dementia Research Institute presso l’Università di Cambridge hanno dimostrato che un farmaco attualmente impiegato per contrastare il virus da immunodeficienza umana (HIV) potrebbe rispondere a questa esigenza. Il gruppo di ricerca, guidato da David Rubinsztein, ha somministrato il maraviroc a un modello murino per quattro settimane. Questo medicinale è stato approvato dagli organismi regolatori statunitense ed europeo nel 2007, come trattamento per i pazienti positivi all’HIV. Il maraviroc, spiegano gli esperti, inibisce l’azione della proteina CCR5, coinvolta nel sistema immunitario e nella capacità del cervello di eliminare sostanze associate alla demenza.

La malattia di Huntington, spiegano gli esperti, è una malattia genetica rara che colpisce principalmente il sistema nervoso centrale. Tale condizione, si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, è provocata da un gene difettoso ereditato da un genitore, ed è caratterizzata dalla degenerazione progressiva delle cellule nervose presenti in specifiche aree del cervello. Il danno cerebrale può peggiorare fino a compromettere movimento, capacità cognitive e comportamento. Con una frequenza simile tra uomini e donne, la malattia di Huntington si manifesta generalmente fra i 35 ed i 50 anni di età ed è associata a un tasso di prevalenza di circa 4-6 persone ogni 100mila individui. La demenza è invece il termine generico utilizzato per descrivere un declino delle facoltà mentali sufficientemente grave da interferire con la vita quotidiana. Questa ampia categoria di malattie colpisce circa il 30 per cento degli over85 e tra lo 0,1 e lo 0,5 per cento della popolazione generale. La condizione più comune di demenza è la malattia di Alzheimer, che rappresenta circa il 60-80 per cento delle casistiche generali di demenza.

Le malattie neurodegenerative, spiegano gli studiosi, sono associate all’accumulo di proteine mal ripiegate, come l’huntingtina e la tau. Questi agglomerati portano alla morte dei neuroni e, successivamente, all’insorgenza di sintomi correlati alla demenza. I ricercatori hanno esaminato modelli murini, scoprendo che gli esemplari affetti da malattia di Huntington mostravano una particolare attività di cellule immunitarie specializzate, chiamate microglia. Queste cellule, infatti, rilasciavano molecole in grado di attivare la proteina CCR5, che poteva inibire la funzione del cervello necessaria a eliminare le proteine associate alla demenza, come la tau. “La microglia – afferma Rubinsztein – inizia a rilasciare queste sostanze chimiche molto prima che si manifestino segni fisici della malattia. I trattamenti specifici contro le malattie neurodegenerative dovrebbero quindi essere avviati prima dell’inizio delle manifestazioni sintomatiche”. Stando a quanto emerge dall’indagine degli studiosi, i trattamenti che inibivano l’azione di CCR5 potevano rallentare la progressione della malattia di Huntington e della demenza.

Gli autori hanno quindi scoperto che i topolini che avevano ricevuto maraviroc erano associati a una notevole diminuzione negli aggregati di huntingtina rispetto agli esemplari non trattati. Allo stesso tempo, gli animali con demenza che avevano ricevuto il farmaco sembravano correlati a una significativa riduzione nella presenza di accumuli di proteina tau. “Siamo molto entusiasti di questi risultati – conclude Rubinsztein – perché abbiamo individuato un nuovo meccanismo legato alla neurodegenerazione e un metodo esistente e già convalidato che potrebbe rallentare la progressione della demenza. I nostri risultati potrebbero inoltre aprire la strada allo studio di altre formulazioni potenzialmente efficaci contro la malattia di Huntington. Durante lo sviluppo del farmaco, in effetti, altri candidati inibitori del CCR5 non sono stati considerati validi contro l’HIV, ma potrebbero comunque prevenire le malattie neurodegenerative”.

Lo studio

Valentina Di Paola