Un libro per leggere l’oggi, per capire cosa vuol dire essere antifascisti al giorno d’oggi. A scriverlo è Gianfranco Pagliarulo, il presidente dell’Associazione nazionale partigiani. Il volume si intitola “Antifascismo adesso. Perché non è ancora finita” (edizioni Mimesis). Un libro che richiama ciascuno di noi a una riflessione su una nuova narrazione della Resistenza senza perdere la memoria del passato, i valori che hanno fondato la nostra Repubblica. Ilfattoquotidiano.it anticipa in esclusiva alcuni brani del capitolo “Appunti sul che fare”.

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Una riflessione all’altezza dei tempi sull’antifascismo e sul suo rilancio non può che collocarsi nella prospettiva della costruzione di una società migliore, a partire dal suo fondamento storico, la Resistenza, e giuridico-legislativo, la Costituzione. Ciò richiede uno sforzo teorico e pratico collettivo, che potrebbe – e forse dovrebbe – coinvolgere tutte le culture politiche che fanno riferimento alla centralità della persona, ai diritti sociali, ai diritti civili, ai diritti umani, a una prospettiva di pace non come utopia, ma come cassetta degli attrezzi per risolvere le controversie internazionali dando vita a un assetto del mondo finalmente multipolare. Uno sforzo che deve mettere capo a un grande campo di pensiero laico e religioso, in linea di principio inclusivo, che si riconosca in un orizzonte correttamente definibile come nuovo umanesimo. (…)

Essere coerentemente antifascisti oggi vuol dire, in conseguenza di tutto ciò che ho scritto nelle pagine precedenti, contrastare sia i fenomeni propriamente fascisti, sia i fenomeni più in generale autoritari, sia il declino della democrazia liberale, dotandosi però di uno sguardo lungo, capace cioè di immaginare le forme di una democrazia più avanzata, di combattere efficacemente e di rimuovere i fattori delle diseguaglianze sociali. Mi pare perciò che i tre punti fondamentali di una moderna visione antifascista siano i seguenti: antifascismo come contrasto al fascismo e al neofascismo, e al contempo come decostruzione della narrazione neofascista; antifascismo come difesa e attuazione della Costituzione, cioè come definizione di un orizzonte più avanzato di democrazia, la democrazia sociale; antifascismo come nuova narrazione della Resistenza. C’è infine da riflettere su quali siano o possano essere le forze motrici dell’antifascismo oggi. (…)

Aggiungo che, per la prima volta dal dopoguerra, ci sono le condizioni parlamentari per un cambiamento anche radicale della Costituzione da parte delle sole forze di destra a trazione postfascista. Allo stato delle cose, sono annunciati interventi sulla forma di governo, sul sistema delle autonomie, sulla giustizia, interventi che di per sé stravolgerebbero la Carta; ma non si possono escludere in futuro revisioni di altri punti chiave. È possibile in sostanza un attacco alla Costituzione di dimensioni inedite. Assieme, occorre contrastare la rilegittimazione strisciante del fascismo storico e la contestuale delegittimazione della Resistenza, assi portanti di una narrazione afascista. Basti pensare alla campagna su Norma Cossetto, che simboleggia il tentativo di capovolgere il paradigma vittimario, di accreditare una versione degli avvenimenti secondo cui le vittime della violenza non sono più i partigiani e i civili, ma i fascisti e “gli italiani”. Per non parlare delle foibe, che rimangono – sia chiaro – eventi da condannare senza esitazione, ma che sono spiegabili storicamente.

In alcuni Consigli regionali sono state approvate mozioni che sanzionano o limitano in qualche modo la libera ricerca storiografica in nome di una presunta verità di Stato. La Resistenza come lotta di liberazione dal nazismo e dal fascismo e come lotta di classe, già derubricata a “guerra civile” nel saggio di Pavone, rischia di diventare nella vulgata postfascista una guerra paradossalmente “antiitaliana”. Per esempio, l’invasione italiana della Jugoslavia può trasformarsi in liberazione delle terre irredente. Si percepisce già qualche inquietante nostalgia per l’italianità di Fiume e dell’Istria; a ciò si aggiunga, come segnala Federico Tenca Montini, «la dichiarazione di Viktor Orbán, che recentemente ha fatto scalpore, sull’ungaricità di Fiume (nell’economia dell’Impero austroungarico la Croazia era infatti sotto il controllo di Budapest, cui Fiume fungeva da porto)». È il cortocircuito dei neonazionalismi. La conclusione logica del percorso di riscrittura della storia che è in pieno svolgimento è molto semplice: se le vittime sono tutte uguali, anche i carnefici sono tutti uguali. Dunque fascisti e antifascisti, X MAS e partigiani vengono messi tutti nello stesso sacco, semmai con un trattamento di favore per i fascisti, che “difendevano l’italianità”. (…)

Va ribadito che la Costituzione è la forma legislativa e giuridica storicamente determinata dall’antifascismo e dalla Resistenza, e
dunque ha il valore – come ho in precedenza accennato – sia di una rivoluzione promessa, sia di una rivoluzione istituzionale. In ogni sua parte la Carta fondamentale contiene un’idea di Stato e di società specularmente inverse a quella fascista. (…) La Resistenza non è più soltanto l’ultima parte della storia, ma diviene anche la prima parte, cioè il presupposto, della convivenza civile. (…) Allo stato delle cose rimane una vocazione antifascista nel centro-sinistra, in alcuni casi però intermittente e in altri offuscata da tensioni e lacerazioni sia fra i soggetti politici che compongono quello schieramento sia, qualche volta, all’interno di essi, e condizionata da linee politiche profondamente diverse, in alcuni casi opposte. La questione non si risolverà fino a quando non ci sarà una definita e credibile rappresentanza politica del mondo del lavoro e una definita e credibile unità delle forze politiche che definiamo democratiche per far rinascere il Paese, dopo tutte le tragedie che stiamo vivendo, sulla base di una svolta profonda nelle politiche economiche e sociali, in quelle relative alla pace e alla guerra, al welfare, all’accoglienza, alla tutela dell’ambiente, al rilancio della Repubblica parlamentare e della partecipazione popolare.

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