Il giudice Filippo Aragona non ha dubbi: “Dopo il 2017 il clan degli zingari ha assunto una sua autonomia strutturale operativa rispetto alle altre cosche di ‘ndrangheta grazie al fatto che le cosche mafiose storiche operanti a Catanzaro, Cutro e Isola Capo Rizzuto hanno conferito ai capi del clan degli zingari doti di ‘ndrangheta per consentire loro di interagire all’interno delle dinamiche mafiose. Tale apertura ha determinato le condizioni perché gli zingari progressivamente acquisissero l’expertise necessaria per costituire un gruppo indipendente operante nei settori degli stupefacenti, armi, estorsioni e reati contro il patrimonio, avvalendosi della forza di intimidazione mafiosa”.

È quanto c’è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta della Dda di Catanzaro ed eseguita dalla polizia che, martedì all’alba, ha arrestato 62 persone. Coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dagli aggiunti Giancarlo Novelli e Vincenzo Capomolla e dai pm Paolo Sirleo e Debora Rizzo, la squadra mobile guidata da Fabio Catalano è riuscita a dimostrare come “alcuni capi degli zingari avevano acquisito il potere di ‘battezzare’ gli affiliati grazie alle elevate doti di ‘ndrangheta che avevano ricevuto”.

“Perno fondamentale del gruppo mafioso” era Massimo Bevilacqua detto u malloscio. Quest’ultimo, assieme, a suo fratello Luciano Bevilacqua, a Luigi Vecceloque Pereloque detto u marocchino, Vincenzo Berlingeri e Domenico Passalacqua sono le figure apicali della cosca degli zingari che era riuscita in quella che i magistrati definiscono “la transizione verso una collocazione autonoma del clan rispetto ad altri gruppi mafiosi con conseguente conquista di una fetta del mercato delle estorsioni”. Le attività finalizzate a riscuotere i crediti derivanti dalle estorsioni erano gestite da Ernesto Bevacqua “anche grazie alla collaborazione stretta di Massimo Berlingeri”. Vincenzo Berlingeri, invece, era “la figura più anziana del gruppo che assicurava il rispetto e la dovuta considerazione da parte di altri gruppi criminali”.

L’operazione ha stroncato, in sostanza, il gruppo Bevilacqua-Passalacqua che teneva sotto scacco i quartieri Pistoia, Corvo, Aranceto, Germaneto e Catanzaro Lido dove gestiva non solo le estorsioni ai danni degli imprenditori ma anche un importante traffico di droga. Dalle intercettazioni, infatti, è emerso che Domenico Passalacqua detto u Bifaru sarebbe stato in grado di trattare “forniture di cocaina ed eroina da narcotrafficanti internazionali i quali acquistavano droga falla Spagna e dall’Olanda”.

Gli inquirenti sono riusciti a delineare la struttura e il modus operandi di due associazioni a delinquere finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti. La prima nella città di Catanzaro dove la piazza di spaccio ruotava attorno all’area di viale Isonzo e via Alto Adige nelle abitazioni Domenico Passalacqua e Stefania Bevilacqua e in quella di Giosuele Passalacqua. Dotate di videosorveglianza, si trattava di case dove, oltre a preparare e confezionare la droga che poi veniva smerciata, gli zingari incontravano i loro fornitori come i Pelle di San Luca, gli Scordo di Africo e i Vonella e Mazza di Girifalco. La seconda associazione, caratterizzata da una struttura a base familiare, sarebbe stata operante tra le province di Catanzaro e Crotone. A Steccato di Cutro, infatti, la squadra mobile ha individuato il negozio Agriverde, un esercizio commerciale dedito alla vendita di materiali edili ma utilizzato dagli “zingari” come base operativa per il traffico di stupefacenti.

Complessivamente su 62 indagati, 38 sono finiti in carcere e 24 ai domiciliari. Tra questi anche un agente della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Siano, a Catanzaro. Si tratta di Domenico Sacco accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Per i pm, Sacco “era a disposizione del gruppo criminale. In particolare egli riceveva sistematicamente somme di denaro dai Passalacqua sia per consentire l’ingresso di oggetti per Giovanni Passalacqua detenuto a Siano sia per consentire le comunicazioni concernenti il traffico di stupefacenti tra Giovanni Passalacqua e i sodali liberi e per tranquillizzare Ivan Rossello dopo il suo arresto affinché questi non collaborasse con la giustizia”.

“Dante gli ha comprato il divano alla guardia… – si sente in un’intercettazione – vuole comprata una macchina”. E ancora: “Adesso sono andato dalla guardia. Gli ho portato le carte, che un mazzo di carte me l’ha regalato prima ‘Fiù Fiù’, poi uno sono andato e gliel’ho comprato, gli ho preso il profumo, gliel’ho messo nelle bottigliette quelle a spruzzo… la guardia gli ha comprato la grappa… gli ho lasciato 100 euro alla guardia”. Proprio in relazione a Giovanni Passalacqua e alla sua “versatilità criminale”, nelle carte dell’operazione trova spazio anche la politica. Agli atti dell’inchiesta, infatti, ci sono i verbali di alcuni collaboratori di giustizia tra cui Annamaria Cerminara, l’ex convivente di Passalacqua, che oltre a parlare di Domenico Sacco in un verbale ha fatto i nomi di diversi politici catanzaresi come l’ex presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini e l’ex sindaco Sergio Abramo.

Entrambi di centrodestra, Tallini e Abramo non risultano indagati ma vengono citati più volte nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Aragona. Nel verbale del 13 settembre 2018, infatti, la collaboratrice di giustizia Cerminara – si legge – “ha rappresentato che la comunità nomade di Catanzaro rappresenta un bacino elettorale per i candidati alle consultazioni amministrative e politiche”. A gestire tutti i gruppi nomadi di Catanzaro Sala, Lido e Germaneto era proprio Giovanni Passalacqua che, stando alla pentita, “riceveva – scrive il gip – ingenti somme di denaro da soggetti che gli chiedevano i voti e si accordava con i capi nomadi che avevano il controllo delle zone. In relazione al voto di scambio, Cerminara ha ricordato che una persona si era rivolto al suo ex convivente Giovanni Passalacqua per chiedere i voti in favore di Domenico Tallini, quando quest’ultimo era candidato in una consultazione elettorale della quale non ha fatto preciso riferimento. Inoltre Cerminara Annamaria non ha ricordato se in quell’occasione era stato offerto del denaro in cambio dei voti”.

Nello stesso verbale, la collaboratrice di giustizia ha riferito ai pm di quando il suo ex “si prodigò, dietro pagamento, per far votare una persona” alle stesse elezioni in cui si candidò anche il nipote di Passalacqua, Antonio Masciari (non indagato, ndr)”. “Quando doveva cedere 100 euro ad uno zingaro – sono le parole della Cerminara – per fargli esprimere la preferenza sul voto gli indicava di votare sia colui che glielo aveva richiesto dietro pagamento sia a suo nipote. Quindi riusciva con i soldi di una persona a farne salire un’altra che in questo caso era il nipote. Giovanni Passalacqua ha fatto così anche con Giovanni Merante”.

Pure quest’ultimo, ex assessore di Catanzaro, non risulta iscritto nel registro degli indagati, ma riassumendo le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia, il gip scrive che Passalacqua “ricevette del denaro ammontante a circa 40 o 50mila euro da Giovanni Ferraiuolo che glielo portò in uno zainetto”. Per quanto riguarda, invece, l’ex sindaco Sergio Abramo, la pentita parla di “richiesta di voti in cambio di favori”, ma non è al corrente se l’ex candidato poi eletto “avesse mai corrisposto dazioni di denaro”.

“Abramo – fa mettere a verbale Cerminara – era a disposizione per lavori a noi. Infatti ricordo che dopo che divenne sindaco, andammo da lui in comune, io, Giovanni, Nico Maida e parlammo con lui direttamente per consentire a mio figlio, che per l’esattezza è disabile, di avere una sedia particolare a scuola del valore di circa 2000 euro. Il favore fu dato. Con Giovanni Passalacqua, Abramo si dava del tu”.

I dettagli del blitz sono stati illustrati nel corso della conferenza stampa dal procuratore di Catanzaro Gratteri che ha ricordato i fatti gravi e violenti consumati negli ultimi mesi nell’area a sud di Catanzaro centro. “Quando si sono verificati – ha affermato il capo della Dda – tutti gridavano ‘dov’è lo Stato? Dove sono le forze dell’ordine? Catanzaro non è controllata, Catanzaro è abbandonata’. Noi non potevamo rispondere a queste esternazioni dette non solo da cittadini comuni ma anche da uomini dello Stato, da amministratori pubblici. Non potevamo rispondere perché avevamo da un anno un’ordinanza di custodia cautelare ferma, perché c’è carenza di organico ed attendevamo questa ordinanza di mese in mese. Questo è un lavoro egregio fatto dalla squadra mobile di Catanzaro, un lavoro fatto di intercettazioni telefoniche, ambientali. È un’indagine di qualità, piena di riscontri, quindi noi siamo molto tranquilli sulla bontà delle imputazioni”.

Un plauso agli uomini di Fabio Catalano lo ha rivolto anche il direttore centrale anticrimine della polizia di Stato Francesco Messina secondo cui “abbiamo raccolto dell’interessantissime intercettazioni ambientali, nelle quali abbiamo verificato l’offensività di questo gruppo di soggetti che sono di origine nomade però hanno manifestato una capacità militare, un’offensività tale da riuscire ad affrancarsi da una gestione mafiosa che li utilizzava come manodopera per un certo periodo e che invece adesso li vede in una posizione paritaria”. “Per la prima volta, – ha aggiunto Messina – questo significa che il lavoro che è stato fatto in questi anni sta dando dei grandi risultati, in una terra come questa a una massiva attività estorsiva non è corrisposto il totale assoggettamento degli imprenditori e delle persone sottoposte ad estorsione, ma c’è stata una parte che ha denunciato, che si è affrancata da questa condizione di condizionamento mafioso e che ha creduto nello Stato dandoci la possibilità di continuare a svolgere le nostre attività”.

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