La fuga dall’Italia di Artem Uss spingerà Giorgia Meloni a chiedere informazioni a Carlo Nordio. “Sicuramente il fatto è abbastanza grave, mi riservo quanto torno di parlarne col ministro Nordio per capire bene come sono andate le cose, sicuramente ci sono anomalie“, ha sostenuto la capa del governo da Addis Abeba. Ma a che tipo di anomalie si riferisce Meloni? “La principale anomalia credo sia la decisione della Corte di appello di tenerlo ai domiciliari con motivazioni discutibili e di mantenere la decisione anche quando c’era una decisione sull’estradizione: quindi credo che il ministro abbia fatto bene ad avviare un’azione disciplinare e quindi bisogna fare chiarezza”. Secondo la premier il guardasigilli “ha fatto bene ad avviare un’azione disciplinare. Segnalo che non eravamo stati informati a livello di intelligence dalle altre intelligence sulla natura della figura di Uss. Sapevamo che c’era una richiesta del Dipartimento di Stato americano per questioni di frode fiscale”.

Per la verità, però, a smentire questa ricostruzioni dei fatti è la relazione della Corte d’Appello di Milano, inviata martedì scorso al ministro della Giustizia, che aveva ordinato l’ispezione sulla concessione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico a Uss. Non sarà però solo Meloni a chiedere informazioni a Nordio. Una risposta viene chiesta anche dal Pd ed è di tutt’altro segno rispetto al ragionamento della presidente del Consiglio. Per i capogruppo Francesco Boccia e Chiara Braga è “urgente fare chiarezza, in Parlamento, su quanto è avvenuto”. Secondo i due esponenti dem “emergono le evidenti responsabilità di un ministro che aveva il dovere di dare indicazioni chiare che invece non sono state date”. Le mosse del governo vengono definite uno “scaricabarile inaccettabile” e il Pd chiede che l’esecutivo “venga a riferire al più presto su questa oscura vicenda: alla prossima conferenza dei capigruppo chiederemo che Nordio riferisca urgentemente nelle aule di Camera e Senato assumendosi le proprie responsabilità”.

Uomo d’affari e presunto trafficante d’armi russo, figlio di Alexander Uss, potente governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk e amico personale di Vladimir Putin, Artem era stato arrestato il 17 ottobre all’aeroporto di Malpensa, su mandato degli Usa per associazione a delinquere, truffa e riciclaggio: sospettato di spionaggio, su di lui pende una richiesta di estradizione da Washington. In un primo momento, nei suoi confronti è stata disposta la custodia cautelare nel carcere di Busto Arsizio, motivata con il pericolo di fuga. Il 25 novembre, però, la Quinta sezione penale della Corte milanese gli aveva concesso i domiciliari in una sua abitazione a Basiglio (alle porte del capoluogo lombardo), sostenendo che la misura fosse “idonea a garantire l’eventuale consegna all’autorità estera procedente”. Invece da lì Uss è fuggito il 22 marzo, rompendo il braccialetto di sorveglianza.

Dalla relazione, firmata dal presidente della Corte Giuseppe Ondei, emerge che il 29 novembre il Dipartimento di Giustizia Usa chiese chiarimenti a Roma sul perché attenuazione della misura cautelare. E il 6 dicembre il dicastero guidato da Nordio rispose rassicurando sulla sicurezza della detenzione disciplinare col braccialetto elettronico, che in Italia è equiparata al carcere preventivo, precisando in ogni caso che è di esclusiva competenza della magistratura stabilire quale sia la misura più idonea. Il ministero di via Arenula, però – ricorda ancora la relazione – avrebbe potuto chiedere in qualsiasi momento l’aggravamento della misura, cioè il ritono alla carcerazione. Invece né Nordio, né la Procura generale hanno presentato appello al tribunale del Riesame. Pertanto, non essendo stata avanzata nessuna richiesta di aggravamento da chi era titolato a farlo (cioè, appunto, ministero e pg), la Corte d’Appello mai avrebbe potuto sostituire la misura in atto in assenza di violazione delle prescrizioni, chiarisce il presidente.

In più il ministro non inviò alla Corte d’appello di Milano la nota del Dipartimento Usa della Giustizia che chiedeva di far tornare in carcere Uss. Ai giudici il Guardasigilli si limitò a girare il 9 dicembre la risposta che lui stesso aveva dato a quella nota 3 giorni prima con con cui spiegava che la competenza a decidere sul carcere è dell’autorità giudiziaria e che la misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, è equiparabile alla custodia in carcere.

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